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OGNI MALEDETTO NATALE DI MATTIA TORRE, LUCA VENDRUSCOLO, GIACOMO CIARRAPICO.
Marco Giusti per Dagospia
“Mondo cazzo!” No, non è un film di Natale come gli altri. Anche perché solo qui si gioca a “Sporchiafiletto”, simpatico e violentissimo gioco di carte a coppie della Tuscia con regole complicatissime. Si spara a un povero cinghiale per fare festa. Si assiste quasi impassibili al suicidio di un cameriere filippino vestito da Babbo Natale che si è lanciato dalla finestra, ma si chiamava Jimmi o Johnny?, e ci si domanda ovviamente se si può procedere o no al pranzo di Natale (“ho speso 1.800 euro di pesce”), se il super Rolex incartato come regalo di Natale può finire al polso di un prete per le sue attività benefiche.
E solo qui Valerio Aprea trasformato in cavernicolo che si inventa suo malgrado il Natale muore prima dei titoli di testa. Del resto dal gruppo di “Boris”, cioè i registi e sceneggiatori Mattia Torre, Luca Vendruscolo e Giacomo Ciarrapico, con un cast di attori che spazia da Corrado e Caterina Guzzanti a Valerio Mastandrea, da Marco Giallini e Francesco Pannofino a Laura Morante, da Andrea Sartoretti a Stefano Fresi, al duo di fidanzatini Alessandra Mastronardi e Alessandro Cattelan, che sono gli unici che non interpretino due ruoli, non ci si poteva aspettare qualcosa di tradizionale.
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Questo “Ogni maledetto Natale”, insomma, sorta di meta-cinepanettone, una fissa del trio di registi anche in “Boris-il film”, ma anche una sorta di rivisitazione in chiave Sam Raimi-Alex De La Iglesia delle commedie natalizie internazionali, non è per nulla un film perfetto e con una costruzione totalmente funzionante (troppe teste, magari), ma è sicuramente il più intelligente e divertente dei possibili meta/anti/trans/cinepanettoni possibili nell’anno di grazia 2014.
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Una bomba per la nostra commedia ancora divisa se ripetere all’infinito remake e sequel di commedie francesi o spagnole o rifugiarsi nel commedia meridionalista più classica o tentare la carte della comicità demenziale del web. La differenza la fanno ovviamente i grandi nomi delle star presenti.
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Da anni non vedevamo Corrado Guzzanti in un film, diciamo da “La passione” di Carlo Mazzacurati e questo ritorno è un regalo per tutti. Giallini e Mastandrea sono come sempre favolosi. Alessandro Cattelan, uomo di X-Factor, è un’assoluta sorpresa, una sorta di Claudio Bisio-Fabio De Luigi più giovane e più fresco. Alessandra Mastronardi, eroina delle fiction e di Woody Allen, è perfetta per il ruolo della rampolla della famiglia burina della Tuscia.
Laura Morante si porta dietro Carmelo Bene, Bernardo Bertolucci e un po’ di Carlo Verdone. Fresi e Sartoretti ci portano direttamente sullo schermo il mondo dei pochi prodotti di culto giovanili degli ultimi anni, leggi “Smetto quando voglio” e “Romanzo criminale”.
Ma la differenza la fa anche un corpo a corpo che sembrerebbe continuo su ogni battuta e su ogni situazione che ci scorre davanti. Qualcosa che ci fa capire, anche al di là della riuscita finale, il lavoro reale di un gruppo creativo di bravi ragazzi colti e divertenti alle prese con la rivitalizzazione comica di una situazione da standard della commedia natalizia.
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Lui e lei, Massimo Marinelli Lops e Giulia Colardo, che dopo pochi giorni di fidanzamento si trovano alle prese con la domanda di rito: “Può l’amore resistere al Natale?”. Passeranno la sera del 24 dicembre a casa della famiglia di lei, nel cuore della Tuscia, nei boschi vicino alla ridente Cucucia, e la giornata del 25 a casa della famiglia di lui, ricchi fabbricanti di panettoni e proprietari di parecchie altre cosucce. Sarà un incubo.
Perché la famiglia di lei, dal padre agli zii ai fratelli, è la versione comica-burina di un horror americano alla “Non aprite quella porta”. E la famiglia di lui è la versione commedia all’italiana dei mostri ricchi di Dino Risi. I Colardo vogliono che la ragazza diventi sindaco di Cucuia (“cosa c’è di più importante?”) e i Marinelli vogliono che il ragazzo voli in Brasile a prendere il posto del fratello diventato mistico.
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Perfettamente diviso in due parti, il film rovescia il cast della prima famiglia nel cast della seconda però in ruoli completamente diversi. E’ la grande trovata del film. Così Corrado Guzzanti interpreta nella prima parte uno zio baffuto e terribile, armatissimo, e nella seconda il cameriere filippino Benji che parla un italiano dove le parole vanno un po’ dove vogliono, “Il cazzo è rotto!”.
Valeria Mastandrea passa da fratello bifolco campione di “sporchiafiletto” a fratello mistico che rappresenta la famiglia Marinelli in Brasile. E così tutti gli altri. Solo Cattelan e Mastronardi, perno della situazione, rimangono in un solo ruolo mettendo a repentaglio i loro sentimenti durante un terribile Natale. Magari funziona più la prima parte rispetto alla seconda, magari no, questione di gusti.
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Certo, qualcosa non funziona nell’equilibrio tra le due situazioni, forse perché la prima parte è più esplosiva e la seconda più difficile e sperimentale. Inoltre gioca non sul modello degli horror demenziali americani, ma sulla nostra commedia più o meno classica. E, in qualche modo, è come se fossimo sempre, come “Boris”, sul set di una fiction e non dentro la fiction.
Ma la passione, l’intelligenza e il divertimento, soprattutto rispetto al davvero meno riuscito “Boris il film”, non mancano. Guzzanti è una spasso soprattutto nella prima parte, con un viterbese totalmente inventato, ma è grande anche nella ricostruzione dell’italiano parlato dal filippino Benji, sorta di Babo melvilliano ambiguo e inaffidabile.
Mastandrea spicca di più come ricco ossessionato dall’idea della morte. Ma va detto che sono tutti bravissimi. Inoltre la disfunzionalità narrativa del film, i suoi problemi di equilibrio, sono da sempre uno dei maggiori problemi dei cinepanettoni classici di De Laurentiis, dal momento che i film funzionano con la divisione in episodi e non sempre riescono a saldarsi narrativamente.
Detto questo la scena della partita dello “sporchiafiletto” è da antologia. E il “Mondo cazzo” di Corrado rimarrà nella nostra commedia più bassa (o più alta, è lo stesso). In sala dal 27 novembre. In anteprima al Festival di Torino.
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