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DAGOREPORT – SE C’È UNO SPIATO, C’È ANCHE UNO SPIONE: IL GOVERNO MELONI SMENTISCE DI AVER MESSO…
Marco Giusti per Dagospia
Un disastro totale. Sarà impossibile salvare dall'insuccesso di critica e di botteghino il nuovo film di Gabriele Muccino "Quello che so sull'amore" ("Playing for Keeps"), il suo terzo film americano, uscito venerdì scorso in America con un modesto incasso di 6 milioni di dollari, ma con un budget di 35. Solo per farci un'idea i suoi due precedenti film americani con Will Smith protagonista, avevano incassato rispettivamente "La ricerca della felicità ", con un budget da 55 milioni solo nella prima settimana la bellezza di 26 milioni e "Sette anime", con un budget di 55 milioni, un più contenuto, ma sempre ottimo 14 milioni.
Dei successi, insomma. Mentre questo, che da noi uscirà solo il 20 gennaio, nel pieno della djangomania tarantiniana, si delinea come un flop, malgrado il cast di serie A che unisce Gerard Butler, Jessica Biel, Uma Thurman e Dennis Quaid. La critica lo ha massacrato, e infatti ha ottenuto sul sito Rotten Tomatoes il punteggio incredibile di 0 punti su 100, cioè nessun critico positivo, poi arrivato a 2 grazie al ripensamento di Leonard Maltin.
Bollato categoricamente come "Il peggior film di Gerard Butler" ("Cinemathic Method"), "Commedia romantica dolciastra con un tocco di misoginia", "Pigro, stonato, noioso, prevedibile, imbarazzante..." (James Berardinelli), "Il primo film concepito per un pubblico di cani" (Richard Lawson), "L'equivalente cinematografico del cibo sofisticato" (Sarah Sluis, "Film Journal International").
Non ce n'è per nessuno, ma i più si scatenano sul duo maschile Gerard Butler-Dennis Quaid, che da anni non indovinano un film e sono ormai ridicolizzati ovunque. "Un altro turkey con Gerard Butler", "A questo punto è chiaro che Gerard Butler sceglie i suoi copioni tirando le freccette con gli occhi bendati" (Brian Orndorf), "Sarò a lungo perseguitata dalla performance maniacale di Dennis Quaid come un padre unto di brillantina che sembra sotto l'influenza dei sali da bagno" (Melissa Anderson del "Village Voice").
Le sole cose che risultano positive nelle critiche sono in realtà battute. "Alla fine se questo film sarà un flop, gli studios capiranno che meritiamo di meglio" (Elizabeth Weizman, "New York Daily News"). "Però fa un buon servizio al povero Rodney Dangerfield. Il suo Ladybug non sarà più il peggior film americano su un giovane allenatore di rugby" (Jeffret Westhoff, "Northwest Herald").
C'è chi ci va ancora più pesante: "Come il vecchio che dice: Beh, sono due ore della mia vita che non torneranno più, diciamo che il tuo tempo è prezioso. Non lo buttare via con un film come questo" (Jim Judy, "Screen It"). O "Non solo non è divertente e neanche particolarmente romantico, tratta pure le donne come degli idioti" (Bill Goodykoontz, "Arizona Republic").
Lo stroncano tutti, insomma, da Justin Chang su "Variety" a Kyle Smith sul "New York Post", Manhola Dargis sul "New York Times" ("niente di questo film è credibile o interessante"). Solo Leonard Maltin, pur ammettendo che non punterà agli Oscar o a brillare per originalità , gli concede di essere il prodotto giusto per il suo pubblico. Per questo da 0 punti siamo arrivati a 2.
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