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DAGOREPORT – SE C’È UNO SPIATO, C’È ANCHE UNO SPIONE: IL GOVERNO MELONI SMENTISCE DI AVER MESSO…
Enrico Franceschini per "la Repubblica"
Wayne Rooney lo fa, Kim Kardashian lo fa, Lindsay Lohan pure, Snoop Dog anche. Cos'hanno in comune un calciatore, la regina dei reality show americani, l'attrice scandalosa e il rapper irriverente? Cinguettano. Ovvero mandano messaggi attraverso Twitter, il social network della sinteticità assoluta, 140 caratteri a comunicazione. Ma le quattro succitate star, in quella raffica di parole, riescono a fare anche qualcos'altro: pubblicità occulta.
Reclamizzano una marca di abbigliamento sportivo, un gelato, un'automobile, una tavoletta di cioccolato. à lo spot più ristretto di tutti i tempi e anche il più subliminale: perché non viene dichiarato come tale. E proprio qui sta il problema che ha fatto scattare accuse e polemiche. Wayne, Kim, Lindsay e tante altre stelle dello sport o dello show-business si limitano ad annunciare la loro preferenza per questo o quel prodotto, cosa che in effetti possono fare tutti coloro che usano Twitter o qualunque altro social network. Ma se si scopre che quella preferenza è finta, recitata, insomma pagata con un compenso dal prodotto pubblicizzato, allora scatta l'inganno e le autorità devono intervenire.
à quanto stanno facendo l'Ufficio per l'Equo Commercio nel Regno Unito e la Fair Trade Commission negli Stati Uniti, appioppando multe e minacciando conseguenze legali per i Vip che fanno pubblicità nascoste a colpi di tweet. Ci sono vari modi di celare una reclame. Rooney non ha dovuto nemmeno pronunciare il nome della ditta che lo sponsorizza, la Nike: gli è bastato ripeterne lo slogan.
«Il mio proposito è cominciare e finire l'anno da campione», ha cinguettato il centravanti del Manchester United e della nazionale inglese, aggiungendo poi, «make it count», fai la differenza, frase simbolo del suo sponsor. Kim Kardashian, modella da reality, supermaggiorata da tivù e calendari, è stata più esplicita, twittando: «I gelati alla crema della Snickers sono la mia debolezza».
Tom Daley, giovane campione di tuffi britannico e speranza per una medaglia d'oro alle imminenti Olimpiadi di Londra, ha preferito le immagini alle parole, pubblicando in un
Post una foto della sua nuova Mini, con il commento, «guardate che incredibile parcheggio ho fatto». Tonia Couch, campionessa inglese di salto in alto, è andata ancor meno per il sottile, dicendo chiaro e tondo: «Oh dio mio, com'è bella la Bmw che ho ricevuto dal mio sponsor».
Il punto è che tutti costoro vengono pagati dagli inserzionisti per simili cinguettii. E questo rappresenta una violazione delle leggi, che stabiliscono che i consumatori sappiano, quando leggono un giornale, ascoltano la tivù o si collegano al web, se le informazioni che ricevono sono un'opinione o uno spot pubblicitario.
Uno spot tra l'altro ben pagato: per ogni tweet di una persona famosa, si dice che l'inserzionista paghi intorno alle 7 mila sterline (circa 8 mila euro). La fatica è minima, basta digitare 140 caratteri, e i guadagni possono essere altissimi. Ecco perché da un po' di tempo lo fanno tutti, tra i Vip, specie in America e nel Regno Unito, dove
Internet e i social network sono più avanti che nel resto del mondo come uso e diffusione. Da Rio Ferdinand, compagno di squadra di Rooney nello United, all'attrice Elzabeth Hurley, excompagna di Hugh Grant, è un cinguettio generale all'insegna della persuasione occulta. Carosello in una frase, spacciato per il consiglio o la confidenza di una star.
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