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Luigi Offeddu per il "Corriere della Sera"
Era una giornata di caldo tropicale, lo scorso 21 luglio. Si incoronava il nuovo re Filippo. Ma lontano dalle sale cerimoniali, mezzo Belgio era in canotta, o a petto all'aria. Anche il primo ministro Elio Di Rupo, però solo per il mezzo minuto necessario a cambiarsi una camicia bianca di gala, a casa sua. La telecamera di una Tv fiamminga, che da mesi - con l'accordo del premier - cuciva un documentario sulla sua vita, lo riprese di spalle, in pantaloni, la schiena nuda. Trenta secondi in tutto, forse.
Ed ora, diffuso finalmente il documentario su tutti gli schermi, la prima pagina del giornale fiammingo Ultime notizie grida: «Affare di Stato!». Mentre i talk show televisivi si interrogano angosciati: «Qual era il messaggio politico del premier? Che cosa voleva dire con quel gesto?». E lo Standaard , altro giornale fiammingo, si dichiara sommessamente «scioccato».
Con Di Rupo, è quasi sempre così. I media sono calamitati dalla sua figura, anche se chi lo conosce bene sa che è un uomo tutto sommato semplice, per quanto può esserlo un primo ministro. In due anni ha tirato fuori il Belgio dalla recessione, Angela Merkel lo cerca regolarmente come mediatore nelle baruffe dei vertici Ue. Eppure sono gli aspetti privati di Di Rupo,quelli che smuovono di più i media: le origini italiane, di famiglia povera, l'infanzia non facile da orfano, e poi l'omosessualità dichiarata, sempre. La domanda rintocca come un mantra dai microfoni dei giornalisti stranieri: «Lei è gay?».
E lui. «Sì certo». Ma anche, qualche volta, con un sorriso: «Ho sempre mantenuto la sincerità nei miei amori. E certo l'ho fatto con la donna che ha convissuto con me per lungo tempo. Io e lei siamo stati insieme in un modo più che soddisfacente, felice. Una donna davvero ammirevole».
Ogni televisione, ogni giornale, cerca di ricreare il proprio Di Rupo da raccontare ai lettori: l'eterno cravattino rosso a farfalla, l'eleganza sempre curata, i capelli così neri, i 62 anni tenuti a bada dagli esercizi in palestra. Negli ultimi tempi poi, il desiderio di plasmare il personaggio è salito alle stelle: perché Di Rupo si è trovato ad essere, in contrapposizione con l'arcivescovo di Bruxelles André-Joseph Leonard, l'altro polo di una coppia intorno alla quale si polarizzano molte coscienze di questo Paese. Succede, naturalmente, per la legge appena approvata dal Parlamento, che concede l'eutanasia anche ai bambini senza limiti d'età , e che ha finito per dividere anche la coalizione di governo messa insieme da Di Rupo,
Sull'eutanasia estesa anche a bambini e neonati, lui ha motivato apertamente la sua opinione: «Questo è un nuovo spazio di libertà addizionale che si apre, per tutti. Ma certamente nessuno sarà obbligato ad applicarlo. Capisco molto bene la delicatezza del tema, l'esitazione, la questione di coscienza che si spalanca su temi così delicati, che riguardano dei bambini malati.
Ma ripeto: è uno spazio in più di libertà ». Obbligata la risposta degli avversari: e la libertà dei bambini malati, allora? Niente implicazioni religiose, però, nella discussione con il primo ministro: da bambino, Di Rupo era cattolico come la sua famiglia, ma da adulto si dice «ateo, razionalista, e massone».
Tutto spiegato, dunque? Probabilmente no, perché il personaggio è più profondo e complesso di quanto vogliano dipingerlo le Tv o i blog. Non è, come qualcuno cerca di mostrarlo (leggi: i media fiamminghi) un elfo con il papillon: ma ha dentro molte memorie, cultura, consapevolezza dei mondi in cui gli è toccato vivere.
Intanto, per le radici culturali affondate fra gli immigrati italiani degli anni Quaranta-Cinquanta, i minatori che -pur ben integrati- pagarono sulla pelle una loro «diversità » ormai dimenticata: una diversità che magari non stava negli stili di vita sessuali, ma nell'attaccamento alle proprie tradizioni, nella religiosità popolare fatta di poche ma salde certezze, nel rispetto degli anziani che morivano tutti in casa, nei propri letti (la parola «eutanasia» era probabilmente ignota) e dei bambini che erano la garanzia di un futuro meno faticoso.
Poi il ricordo della madre, naturalmente: vedova con 7 figli, «con niente, ci dava felicità . Nei giorni di festa comprava panini che tagliava in due. Quando morì, sentii un'infinita, indescrivibile tristezza».. Oggi lui fa il politico, ha le sue idee e le difende. Ma chissà se, ogni tanto e su certi temi, sente qualcosa che lo pizzica lieve, sotto il cravattino rosso.
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