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"DELFIN” CURIOSO – DA DOVE ARRIVA LA NOTIZIA CHE LA HOLDING DEI DEL VECCHIO POTREBBERO LIQUIDARE IL…
Carlotta Scozzari per Dagospia
Tanti libri e film lo hanno raccontato e non è difficile da credere: c'è chi venderebbe l'anima al diavolo pur di portare a casa qualche soldo. E poi, con tutte le differenze del caso naturalmente, c'è anche chi, in tempi di crisi e di magra come quelli attuali, ha deciso di spingere Anima Holding, società attiva nel settore del risparmio gestito, nella "diabolica" Borsa per tirare su qualche centinaia di milioni di euro.
In questi giorni si fa un gran parlare della quotazione a Piazza Affari, in gergo tecnico Ipo, di Anima, ma non sempre si sottolinea come l'operazione sia totalmente in vendita e per nemmeno un centesimo di euro in aumento di capitale. In altri termini, le azioni della società che saranno negoziate a Piazza Affari saranno esclusivamente quelle ora in mano ai soci venditori.
Nelle tasche dei quali, perciò, finirà l'intero ricavato dell'Ipo. Che, in base al prezzo definitivo di quotazione comunicato proprio oggi e pari a 4,2 euro, sarà pari a 672 milioni (al netto delle commissioni da riconoscere alle banche che gestiranno l'operazione). Nemmeno una minima parte di questa cifra sarà reinvestita nella società che già mercoledì 16 aprile sbarcherà in Borsa.
Ma chi è che approfitta dell'Ipo per fare cassa e vendere azioni? Gran parte di questi 672 milioni, vale a dire quasi 350, finirà nelle casse del fondo di private equity Clessidra capitanato da Claudio Sposito, che attraverso il veicolo Lauro 42 passerà dall'attuale 34,7% di Anima al 10,4% dopo l'offerta globale di vendita e potrebbe scendere all'8% al termine dell'intero processo di quotazione (compresa l'opzione cosiddetta greenshoe).
Gli altri due soci venditori sono Mps e Bpm, guarda caso due delle banche italiane alle prese con due aumenti di capitale rispettivamente da 3 miliardi di euro e da 500 milioni. Due gruppi per i quali qualche milione di euro in arrivo grazie ad Anima non potrà che fare comodo.
La banca senese guidata da Fabrizio Viola scenderà dall'attuale 21,6% all'11,6% dopo l'offerta di vendita e potrebbe ridurre la propria posizione fino al 9,9 per cento. Mentre l'istituto milanese capitanato da Giuseppe Castagna, ora al 35,3%, passerà al 18,9% dopo l'Ipo e potrebbe diluirsi fino al 14,7% nell'azionariato. Mps con la quotazione di Anima incasserà circa 120 milioni, mentre a Bpm ne andranno quasi 200.
Tra l'altro, sia l'istituto senese presieduto da Alessandro Profumo sia quello milanese presieduto da Piero Giarda hanno preso parte al finanziamento fino a 175 milioni accordato da alcuni istituti di credito (tra cui Banca Imi e Unicredit, che hanno pure organizzato l'Ipo) ad Anima all'inizio dello scorso marzo e necessario per rifinanziare l'indebitamento bancario. In altri termini, in uno schema certamente non nuovo alla finanza italiana, le banche creditrici sono anche azioniste. E stanno per vendere buona parte dei loro titoli.
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