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Stefania Parmeggiani per “la Repubblica”
La voce di Bob Dylan ha spazzato via i protagonisti della letteratura mondiale: la sua poesia è il vero grande romanzo americano. Quei versi in musica che da sempre gli permettono di arrivare al cuore e alle menti di milioni di persone, hanno convinto l'Accademia di Svezia a riconoscergli il Nobel per la Letteratura.
E nello stesso giorno in cui un altro Nobel "fuori dall'ordinario", Dario Fo, usciva per sempre dalla scena. Il menestrello dopo il giullare, la musica dopo il teatro, comunque letteratura. Non tutti sono d'accordo: da Irvine Welsh ad Alessandro Baricco c'è chi si interroga sulla decisione di equiparare libri e canzoni.
"E' come se dessero un Grammy Awards a Javier Marias - sostiene lo scrittore italiano - perché c'è una bella musicalità nella sua narrativa". In molti poi sottolineano che Dylan, già Pulitzer alla carriera per l'impatto che la sua opera ha avuto sulla cultura americana, ha avuto la meglio su quegli scrittori americani che da decenni aspettano il riconoscimento e che in Svezia non sono mai stati molto amati. Nel 2008 Horace Engdahl, allora segretario permanente dell'Accademia, lo disse chiaramente: "Gli scrittori americani sono provinciali".
Accanto a Joyce Carol Oates, Richard Ford e Thomas Pynchon, in corsa c'era Philiph Roth, l'eterno candidato, venerato dalla critica e dai lettori, autore di quella Pastorale americana che a lungo è stata considerata il più importante romanzo americano. Roth aspetta da decenni e da decenni non viene scelto: alcune sue opere, come Lamento di Portnoy, hanno fatto discutere: sesso, psicanalisi, laicismo...
Dissacrante ritratto di una certa società ebraica americana. Ribelle e irriverente anche con se stesso, come testimonia il suo personaggio e alter ego più famoso, Nathan Zuckerman. Accanto a lui c'era Don DeLillo, newyorchese amato da David Foster Wallace che dagli anni Sessanta contribuisce a trasformare con il suo stile la narrativa americana e firma opere entrate di diritto nella storia della letteratura, come Underworld, il romanzo sulla Guerra Fredda raccontata attraverso una pallina da baseball. Il suo ultimo romanzo, Zero K, pone al centro di una nuova apocalittica storia gli esperimenti di criogenesi per congelare personale malate e spinge a riflettere sul ruolo che la scienza e la religione stanno assumendo nel mondo contemporaneo.
Sia DeLillo che Roth, dati per favoriti alla vigilia del Nobel e considerati tra i più grandi scrittori contemporanei, nulla hanno potuto contro la poesia di Dylan.
Puntando gli occhi fuori dall'America, erano in corsa il siriano Adonis, considerato il più importante poeta del mondo arabo del ventesimo secolo, il giapponese Murakami, autore cult fin dagli anni Settanta e infine, dato per vincente da molti siti di scommesse, il keniota Ngugi wa Thiong'. Censurato, rinchiuso in prigione, costretto all'esilio, fervido sostenitore della necessità di spostare il centro del mondo da anni scrive nella lingua del suo popolo, il gikuyu. Più forte del suo impegno politico, più del suo incessante sforzo per illuminare angoli di mondo (e di letteratura) spesso trascurati, si è levata la voce di Dylan.
Sui social si è acceso il dibattito: è giusto assegnare il Nobel per la Letteratura a un cantautore? De Gregori, Mogol, ma anche il linguista Tullio De Mauro e l'autore dei Versetti satanici Salman Rushdie sono convinti che la poesia si trovi a pieno titolo anche nelle canzoni. Anzi, ritengono che il Nobel sia in ritardo, aspettavano da anni l'assegnazione di questo riconoscimento, almeno da quando nel 2004 la giuria dei diciotto membri a vita dell'antica istituzione di Stoccolma si divise sul nome di Dylan.
Al contrario c'è chi pensa che musica e letteratura siano cose diverse. "Che un drammaturgo vinca un premio alla letteratura ci sta, anche se in modo un pò sghembo - dice Baricco - Ma premiare Bob Dylan con il Nobel per la Letteratura è come se dessero un Grammy Awards a Javier Marias perchè c'è una bella musicalità nella sua narrativa". Paradosso per paradosso, "allora anche gli architetti possono essere considerati poeti".
Sulla stessa lunghezza d'onda lo scrittore scozzese Irvine Welsh: "Sono un fan di Dylan, ma questo è un premio nostalgia mal concepito strappato dalla prostata rancida di vecchi hippies balbettanti". E in un altro tweet: "Se sei un appassionato di 'musica', cerca la parola nel dizionario. Poi cerca 'letteratura', quindi confronta le due cose".
Comunque
la si pensi il menestrello del rock da oggi è Nobel per la Letteratura come Steinbeck, Sartre, Neruda, Marquez, l'Aleksievic e i tanti che si sono succeduti dal 1901. Le sue parole ora "soffiano nel vento" e anche nella storia della letteratura.
2. NOBEL A DYLAN: DE GREGORI, NON È MAI TROPPO TARDI
(ANSA) - "E' una notizia che mi riempie di gioia, vorrei dire non è mai troppo tardi. Il Nobel assegnato a Dylan non è solo un premio al più grande scrittore di canzoni di tutti i tempi ma anche il riconoscimento definitivo che le canzoni fanno parte a pieno titolo della letteratura di oggi e possono raccontare, alla pari della scrittura, del cinema e del teatro, il mondo e le storie degli uomini", dice Francesco De Gregori che al suo artista di riferimento da sempre ha dedicato 'De Gregori canta Bob Dylan - Amore e furto'.
"Bob Dylan incarna l'essenza di tutto questo, nessuno come lui ha saputo mettere in musica e parole l'epica dell'esistenza, le sue contraddizioni, la sua bellezza", ha proseguito De Gregori. Nello "sguardo alto e puro di Dylan c'è la realtà" - ha detto nel marzo scorso nel backstage dell'Atlantico di Roma, alla fine della prima tappa del suo Amore e furto Tour 2016, in cui ha proposto tra l'altro 11 canzoni del menestrello americano tradotte e reinterpretate da lui.
3. ACCADEMIA SVEDESE, BOB DYLAN COME GRANDI POETI GRECI
(ANSA) "Spero non ci siano critiche per questo premio". L'auspicio è di Sara Danius, segretaria permanente dell'Accademia Svedese, che ogni anno assegna il Nobel. La scrittrice spiega perché assegnarlo a un cantautore come Bob Dylan non è un atto rivoluzionario.
"Può sembrarlo - sottolinea in un'intervista rilasciata subito dopo l'annuncio del vincitore del Nobel per la Letteratura -, ma se si guarda indietro a 2500 anni fa, si incontrano poeti come Omero o Saffo che scrissero testi che dovevano essere interpretati o ascoltati anche con l'accompagnamento di strumenti musicali.
Lo stesso accade con Bob Dylan. Noi leggiamo ancora Omero e Saffo e ci piacciono, anche Dylan può e dovrebbe essere letto oggi, perché è un grande poeta". La motivazione ufficiale è "per aver creato una nuova espressione poetica nell'ambito della tradizione della grande canzone americana". "Bob Dylan scrive poesia per le orecchie, ma è del tutto corretto leggere il suo lavoro come poesia - aggiunge Danius -.
E' un grande poeta della tradizione in lingua inglese, un esempio meraviglioso e molto originale di quella tradizione. Per 54 anni è stato attivo e ha reinventato se stesso costantemente, creando sempre nuove identità". Secondo la docente universitaria e saggista svedese, "se si vuole iniziare ad ascoltare o leggere la sua poetica si potrebbe partire da Blonde on Blonde, album del 1966 che contiene molti classici ed è uno straordinario esempio del suo brillante modo di mettere insieme i versi e della sua visione delle cose".
Quanto al suo personale rapporto con il cantante americano, Danius fa sapere di non essere stata una sua fan. "Non ho ascoltato molto le sue canzoni, ma erano sempre intorno - sottolinea -. Conosco la sua musica e ho cominciato a apprezzarlo molto più ora che in passato. Ero fan di David Bowie, forse è una questione generazionale".
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