DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Aldo Cazzullo per il “Corriere della Sera”
J Ax, nella sua autobiografia lei scrive: «Mi ubriacavo per calmarmi dalla cocaina».
«Avevo avuto un successo incredibile con Così com'è . Un po' come adesso con Fedez. E nella fase dell' ascesa tutti ti amano, o ti sopportano. Poi comincia l' opposizione. Ora riesco a gestirla; allora non capivo le gelosie, le cattiverie. L'ex amico che si offende perché hai meno tempo e ti dà del venduto, il giornalista che ti critica, il collega che ti attacca. Quand' è iniziata la discesa, mi sono ritratto nell'alcol e nella cocaina. Sono diventato un drogato. E drogarsi è come chiedere un po' di pace alla morte».
Cosa le succedeva?
«A 29 anni mi sentivo vecchio. E mi devastavo. Un cocktail, una botta. Facevo cose folli».
Tipo?
«Stavo con un' ex Miss Italia. La accompagno a Salsomaggiore, dove lei è in giuria per eleggere la nuova Miss. Ma resto senza bamba. Così parto per Milano, guidando come un matto, con l' idea di fare scorta e rientrare subito, ma in autostrada trovo una macchina che mi rallenta. Faccio i fari, suono il clacson; niente. Erano poliziotti».
L'hanno arrestato?
«Mi hanno fatto cantare nella loro radio un pezzo rap, per tutta la stradale; e mi hanno lasciato andare. Ho capito che sui poliziotti aveva ragione Pasolini. Odiarli tutti è da fascisti».
Come ne è venuto fuori?
«Grazie all' incontro con la donna che ora è mia moglie. Lei è americana ma ci siamo conosciuti a Milano, a una cena. Ho cominciato a uscire solo per vederla. Abbiamo cercato emozioni lontano dalla droga».
Come?
«Con il bungee-jumping: mi sono buttato con una corda dalla cascata del Toce, il secondo salto più alto d' Europa. Io davanti, mia moglie dietro. Subito pensi che stai morendo, e ti dai del coglione. Poi devi tirarti su di peso: così mi sono stirato la schiena. L'anno dopo ho provato il lancio con il paracadute: molto meglio. E poi il tunnel del volo, con il ventilatore che ti dà la sensazione della caduta».
Con la droga ha smesso?
«Sì. Fumo un po' d'erba ogni tanto».
Sempre droga è.
«Ma no. Non è vero che si passa dalle canne agli stupefacenti. Alla cocaina e all' eroina si arriva attraverso l'alcol. Infatti non bevo più».
Lei in realtà si chiama Alessandro Aleotti. Nato a Milano il 5 agosto 1972. Cosa facevano i suoi genitori?
«Sono molto legato ai miei. Papà era tipografo in Rizzoli. Perse il posto e andò a fare il magazziniere nel supermercato dove mia madre stava alla cassa. Mamma aveva nove tra fratelli e sorelle».
Poi vi trasferiste in periferia.
«Papà veniva rapinato di continuo, gli puntarono la pistola alla testa tre volte. Traslocammo a Civesio, frazione di San Giuliano Milanese. Maestra severa e manesca: girava la leggenda che si fosse fatta il Duce; di sicuro, quando spiegava Mussolini, piangeva. A scuola non c'erano bambini, ma piccoli gangster. Lo sport più praticato era il bullismo. E l'allenamento preferito ero io. Mi picchiavano. Dicevano che portavo sfiga».
Perché?
«Perché ero un analfabeta sociale: cresciuto con i nonni, non sapevo stare con quelli della mia età. E poi mi vestivo da sfigato, con gli abiti smessi da mio cugino».
Era il tempo dei paninari.
«Fino a sedici anni ero convinto che i paninari avessero ragione. All'inizio erano loro i veri ribelli: figli dei sanbabilini, si imbucavano alle feste della Milano bene, devastavano le case della borghesia radical chic. Diventarono un mito. E io mettevo da parte i soldi per comprarmi le Timberland. Fanculo i poveri; a maggior ragione se il povero ero io».
Le comprò?
«Costavano 200 mila lire. Le presi da Trudy, in piazzale Loreto. Due numeri più grandi, pensando al futuro. Il piede però smise di crescere. Mi rovinai la postura, pur di non rinunciare a quelle scarpe. Camminavo zoppicando».
Chi erano i suoi compagni?
«Figli di contadini con cascina, e figli di borghesi con villetta. Noi invece eravamo classe operaia. In vacanza andavamo con una roulotte scassata sul lago di Pusiano: facemmo una gita su una barca identica a quella di Fantozzi e Filini».
Primo amore?
«Una compagna di scuola che mi disse di sì solo per far ingelosire un altro bambino. Divenni misogino. Persi la fiducia in me stesso. Ho dovuto vincere un disco di platino per ritrovarla».
Poi si è preso molte rivincite.
«Anni dopo, sì. Nelle discoteche di Milano andavano i freak. All'Hollywood le modelle americane ignoravano i lampadati, capelli lunghi da ricco spesso mechati, camicia bianca e jeans. E guardavano noi. Ci rimorchiavano».
Quale musica ascoltava?
«Detestavo i cantautori con barba, chitarra e storie d'amore finite male. Oggi ho grande rispetto per Cocciante, ma quando mia mamma ascoltava Margherita scappavo. Non ho nulla contro Dalla e De Gregori, ma preferivo Disco samba e Alberto Camerini, che non a caso oggi viene riscoperto: geniale. Ai cortei preferivo Top Gun».
Dei cantautori non le piace nessuno?
«Guccini, Rino Gaetano, Vasco e Renato Zero».
E Jovanotti?
«All' inizio mi piaceva tanto. Poi c' è stata la fase in cui lo pativo: per me Lorenzo era lo status quo, il sistema. Ora mi piace di nuovo».
Alle superiori cos'ha studiato?
«L' Omnicomprensivo di San Giuliano, un istituto sperimentale informatico. Il primo anno mi diedero tre materie, il secondo mi bocciarono: ero insufficiente pure in ginnastica. Così mi iscrissi al tecnico industriale, da cui uscii con poco più del minimo: 37. Ma già a quindici anni avevo cominciato a lavorare».
Che lavoro faceva?
«Scaffalista al supermercato della mamma; ma nei centri commerciali preferivo portarmi via un po' di roba, dopo aver tolto la banda magnetica per non farmi beccare».
E non l'hanno mai beccata?
«No. Purtroppo. Perché rubacchiare è una stupidaggine. Il lavoro più divertente è stato il pony-express, con il Ciao, anche quello smesso dal cugino. Un giorno, sotto il temporale, portai un sacco pieno di book fotografici all' agenzia Elite; arrivai fradicio, le modelle mi diedero un bacino di tenerezza. Ebbi tre incidenti: l'ultima volta feci un salto mortale e ricaddi in piedi. Il Ciao era distrutto».
È vero che ha lavorato anche per Mediolanum?
«Inserivo i codici fiscali nel computer, correggendo quelli sbagliati. A Milano 2. Ancora adesso so ricostruire i codici fiscali a mente. Per arrotondare piratavo videogames, ancora venduti su cassette o floppy disk. Negli intervalli componevo i primi pezzi musicali».
Esordio?
«Facevo il pr per l'Amnesy e rappavo in un inglese osceno. Dj era Wlady, il fratello di Jad, con cui poi abbiamo fondato gli Articolo 31. La prima volta mi esibii in dolcevita rosa. Volevo diventare biondo, ma avevo sbagliato la tinta: praticamente albino. La parrucchiera di mamma mi peggiorò ulteriormente, facendomi diventare giallo pannocchia, con il caschetto: sembravo la Carrà. Eppure ebbi successo. Ero un tamarro tra i tamarri, fiero di esserlo».
Vi lanciò Radio Dee-Jay.
«L' ordine di Cecchetto era non parlare di alcolici. Ovviamente appena mi diedero il microfono urlai: aaalcooolicooo! Mi cacciarono. Poi Albertino mi ripescò».
Al grande pubblico però lei è arrivato con la tv.
«E con suor Cristina di The Voice , grande personaggio. L' italiana più visualizzata al mondo».
Poi c' è stato il flop di Sorci verdi, la sua trasmissione.
«In Rai c' è gente in gamba che non viene messa in condizione di lavorare. Troppa burocrazia. E poi non c' è libertà di satira. Dicono che la satira debba essere di buon gusto; a me piace quella di cattivo gusto. Mi fa ridere Luttazzi».
Com' è il sodalizio con Fedez?
«Ci completiamo: io sono un hippy, col bazooka, ma un hippy; lui è un pazzo guerrafondaio. Io sono babbo, lui è sveglio. Io sono un generoso, lui mi avverte quando mi sto facendo fottere. Lui mi dice quando i giovani non mi sentono, io quando i vecchi non lo capiscono».
Renzi o Grillo?
«Renzi non mi è antipatico, ma dovrebbe fare qualcosa davvero di sinistra, tipo liberalizzare l' erba in Abruzzo e Molise: sarebbe un boom turistico, nessuno andrebbe più in Olanda. Oppure mettere i dazi sui prodotti delle aziende che delocalizzano, come fa Trump; roba che neanche Che Guevara. Grillo per i 5 Stelle è come Bill Gates per Microsoft: un testimonial più che un capo».
I 5 Stelle sono pronti a governare?
«Di sicuro non peggiorerebbero le cose».
Il suo libro finisce così: «Una volta ero convinto che prima o poi avrei spaccato il muro. Oggi, a 44 anni, sono contento di essere il muro». Anche lei ora fa parte del sistema?
«Ora io sono un libertario alla Ron Swanson, il personaggio della Nbc che scherza sulle coppie gay e definisce il capitalismo "il modo con cui la natura distingue tra intelligenti e idioti". Ho avuto una fortuna: diventare " de sinistra " senza passare dai centri sociali, semmai dall' America; senza rispettare dogmi e imposizioni, senza obbedire alle vecchie ideologie. Più hai successo, più ti odiano; ma adesso non mi fanno più paura».
In America ha vinto Trump.
«Trump è il bazooka in pugno all' ex classe media degradata. Gli americani sono più coraggiosi e meno reazionari di noi. Hanno tirato una bomba a mano nel sistema. Preferiscono distruggere tutto per poi ricostruire; del resto Trump viene dall' edilizia, no?».
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