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LE MILLE LUCI DELLA BEAT GENERATION SONO ANCORA ACCESE - JAY McINERNEY: "L’INFLUENZA DEI BEAT NON SVANIRÀ MAI. KEROUAC, GINSBERG, BOWLES SONO STATI I PRIMI SCRITTORI COOL, SI RIBELLARONO ALL'AMERICA DEGLI ANNI ’50, LA STESSA CHE OGGI SUSCITA IN MOLTI AMERICANI UNA TALE NOSTALGIA DA AVERE SPINTO DONALD TRUMP ALLA CASA BIANCA"

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Matteo Persivale per La Lettura - Corriere della Sera

 

JAY McINERNEYJAY McINERNEY

Lo scrittore delle mille luci di New York, delle discoteche di Manhattan, delle malefatte degli squali di Wall Street e delle conversazioni scintillanti ai party letterari dell' Upper West Side, tiene nel suo studio, dietro la scrivania, appesa sul suo «wall of fame», il «muro della fama», una foto di Jack Kerouac.

 

Scattata - e firmata - da Allen Ginsberg. L' autore di Sulla strada fuma una sigaretta, su un balcone dell' East Village nel 1953, bello come un attore di Hollywood. Il giubbino chiaro sulla camicia aperta e i pantalonacci da lavoro, un libro che spunta dalla tasca - icona letteraria e hipster allo stesso tempo.

 

La Beat Generation ispirazione di Jay McInerney? «È chiaro!». Jay sorride: verrebbe da pensare che il suo santo protettore, in letteratura, sia Fitzgerald - che gli ha tramandato il dono intuitivo, Nanda Pivano dixit, della frase felicemente illuminante che ci fa capire tutto d' un personaggio o di una situazione - ma in realtà è altrettanto forte, per lui, l' influenza dei Beat. «Ero letteralmente in fasce quando Ginsberg ha scritto Urlo, ma quella dei Beat è una generazione di scrittori la cui influenza non svanisce mai, e mai svanirà.

 

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Né mai svanirà il fatto altrettanto evidente che sono stati loro i primi romanzieri e poeti a essere cool , belli e con le idee "avanti" e con uno stile di vita interessante. Mi spiego: al liceo sognavo di diventare un poeta (un dato biografico che ha prestato al Russell Calloway della sua trilogia, Si spengono le luci e Good Life e La luce dei giorni , tutti editi da Bompiani, ndr) e la voce di Ginsberg, il suo Urlo , fu una rivelazione e un' ispirazione assoluta. Una voce così intensa e totalmente americana di cui soltanto Whitman poteva dirsi predecessore a pieno titolo».

 

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Secondo McInerney nonostante il tema del viaggio, nonostante il loro pellegrinaggio per il mondo, dal Messico al Marocco, i Beat restano profondamente, assolutamente, al cento per cento americani.

 

«La loro è la reazione all' America degli anni 50, quella di Eisenhower, conservatrice e dominata dai bianchi suburbani: quell'America, non è una coincidenza, che suscita una tale nostalgia in molti americani da avere spinto Donald Trump alla Casa Bianca sulla semplice promessa di "rendere di nuovo grande l' America", cioè di farla tornare a quei tempi. Non a caso prima degli anni 60, e della loro grande democratizzazione di tutto.

 

Quella era l' America del maccartismo, e i Beat dicevano: fermi tutti, c' è un altro modello, un mondo nuovo da esplorare. Allora ecco che loro scrivevano di sesso, di misticismo orientale, di droga. Di viaggi. Raccontavano una frontiera prima che gli anni 60 la facessero esplorare. Hanno annunciato il cambiamento. E, forse più importante di tutto, scrivevano di cultura pop».

 

KEROUAC SULLA STRADA DATTILOSCRITTO ORIGINALEKEROUAC SULLA STRADA DATTILOSCRITTO ORIGINALE

McInerney, insieme con altri romanzieri americani della sua generazione - Bret Easton Ellis prima di tutti - venne attaccato da tanti critici, negli anni 80, perché c' era tanta cultura pop tra le pagine dei suoi libri, tanta musica.

 

«Sono stati i Beat a scoprire che la cultura pop poteva coesistere tranquillamente con la cultura letteraria, con i libri, con quella che sbrigativamente e non troppo correttamente potremmo definire "cultura alta". Hanno scoperto la continuità del discorso culturale che ora diamo per scontata ma negli anni 50 doveva essere sembrata pura follia».

 

E la cosa più interessante, secondo McInerney, è «che i Beat erano una squadra, con tutte le loro differenze, e incredibilmente per un certo periodo sembrava che quella squadra stesse vincendo. Da autori marginali - o messi senza complimenti sotto processo come capitò a Ginsberg - diventarono un punto di riferimento».

Carl Solomon Patti Smith Allen Ginsberg and William S Burroughs Carl Solomon Patti Smith Allen Ginsberg and William S Burroughs

 

Jay McInerney ha conosciuto Allen Ginsberg, William Burroughs, Paul Bowles.

Che cosa avrebbero pensato della loro popolarità ancora così grande in questo 2017? E delle nostalgie per gli anni 50 trasformate in movimento politico? «Sapevano di aver cambiato le cose, per i lettori ma anche per gli scrittori che sarebbero venuti dopo. Sapevano anche, per dolorosa esperienza personale, che il cambiamento è complicato da far accettare a tutti, che ci sono resistenze ogni volta che qualcuno cambia le cose. Loro non sarebbero stupiti, no, non mi pare».

 

È inevitabile chiedere un ricordo personale. Jay sorride: «Sa chi mi presentò a Allen Ginsberg, che viveva non lontano da casa mia a New York? Nanda Pivano, una volta che mi chiamò per sapere se avevo tempo di andare a cena con lei e Allen!

 

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Nanda era fatta così. Mi portò a un festival letterario a Conegliano (Treviso) con Ginsberg e Lou Reed. Fu abbastanza bizzarro.

 

Intimidito? Inevitabile. Ginsberg era un uomo pieno di interessi, molto molto brillante: quando lo conobbi era già sulla sessantina e in non perfette condizioni di salute ma mi dimostrò grande attenzione, grande curiosità. Uno dei più grandi poeti americani di sempre, un' icona, che si prendeva la briga di chiedere a un giovane scrittore a cosa stava lavorando, sinceramente curioso... Burroughs non poteva non intimidire: grandissimo carisma.

 

Bowles? Andai a trovarlo a casa sua, a Tangeri. Avevo appena pubblicato il primo romanzo. Rimasi lì una settimana...».

 

KEROUAC SULLA STRADAKEROUAC SULLA STRADA

McInerney, fin qui molto loquace, si ferma. Poi riprende: «Come è stato, da ragazzo, essere a casa dell' uomo che ha scritto Il tè nel deserto ? E quei racconti magnifici? Vederlo in quella casa modesta tenere banco, elegantissimo, bere tè alla menta con lui? Come si faceva a non essere ispirati semplicemente dalla sua compagnia? Ci siamo scritti molte lettere, al mio ritorno a New York».

 

Se c' è una cosa che gli scrittori della generazione di McInerney hanno imparato è che le mode letterarie sono crudeli: Jay, 33 anni dopo il debutto resta uno scrittore importante. Bret Easton Ellis anche - se e quando deciderà di tornare a scrivere, perché dopo Imperial Bedrooms si divide tra Twitter, gli spot delle case di moda come modello e i serial tv come regista - però impressiona che uno scrittore che pareva straordinariamente bravo, David Leavitt, autore di quella raccolta di racconti Ballo di famiglia che l' aveva fatto paragonare a J. D. Salinger, ora sia decisamente un autore di secondo piano.

 

FERLINGHETTI GINSBERG BOB DYLAN JULIUS E PETER ORLOVSKY FERLINGHETTI GINSBERG BOB DYLAN JULIUS E PETER ORLOVSKY

Tama Janowitz, che con Schiavi di New York aveva fatto applaudire tutti i critici, ora è - almeno per quanto riguarda la fiction - una ex scrittrice. Mark Leyner, uno che aveva fatto venire complessi di inferiorità al giovane David Foster Wallace? Difficile che oggi susciti complessi a chicchessia, esclusi forse quelli di superiorità. Susan Minot continua a scrivere bei libri ma quando da ragazza pubblicò Scimmie pareva avviata a una carriera diversa.

 

La vita difficile dei ragazzi e delle ragazze degli anni 80 non è paragonabile a quella dei Beat: a parte Bowles - che comunque fu un Beat atipico per temperamento, stile, estrazione sociale, temi e preoccupazioni - riscoperto negli anni 80 grazie alla generosità di Gore Vidal e al film, qualche anno dopo, di Bertolucci - la Beat Generation è stata fonte costante di ispirazione.

KEROUAC BEAT GENERATIONKEROUAC BEAT GENERATION

 

«Anche al di fuori dei libri - dice McInerney - hanno creato il modello di quel che è cool , il modo giusto di comportarsi, vedere il mondo, vestirsi. Gli hipster che sono usciti da New York una quindicina di anni fa e si sono diffusi nel mondo si vestono come Kerouac, le camicie a quadri, i jeans, gli stivali da lavoro e le giacche da pescatore. E gli occhiali da vista con la montatura pesante nera alla Ginsberg?

 

Certo non bisogna romanticizzare troppo le cose, quei viaggi in Marocco e il trasloco di Bowles furono ispirati dalla voglia di trovare droga e sesso con facilità. Però è un fatto che i Beat erano cool ai loro tempi, lo sono oggi e lo resteranno in futuro. Erano giusti anche nel modo di vestire».

 

La Beat Generation affascina gli scrittori di tutte le età, anche quelli che per motivi anagrafici non hanno conosciuto di persona nessuno di quei grandi autori.

neal cassady jack kerouacneal cassady jack kerouac

 

«C' è uno scrittore esordiente che si chiama Nathan Hill e che nel suo romanzo The Nix a un certo punto fa comparire Allen Ginsberg. È un bel libro e quando sono arrivato a quel punto ho sorriso e ho pensato che davvero non ci sono limiti di età, i Beat parlano a tutti. È il bello dell' anticonformismo. Se vuoi fare lo scrittore è generalmente perché le regole - sociali o magari stilistiche - ti stanno strette e loro hanno fatto esattamente quello, ci hanno dato via libera. In quel senso, tutti quelli che hanno scritto un libro dopo di loro sono un po' Beat».

GIANNI AGNELLI CON LA MOGLIE A NEW YORK AL BLACK AND WHITE BALL ORGANIZZATO DA TRUMAN CAPOTE AL PLAZA GIANNI AGNELLI CON LA MOGLIE A NEW YORK AL BLACK AND WHITE BALL ORGANIZZATO DA TRUMAN CAPOTE AL PLAZA

 

Nello studio di McInerney c' è la foto di Kerouac ma non è il suo unico santo protettore. C' è James Joyce: «Il ritratto che gli fece Berenice Abbott. Una bellissima foto, Joyce nel 1926 mentre sta lavorando a Finnegans Wake , un libro impossibile».

 

Poi c' è il modello, Francis Scott Fitzgerald, che raccontò i belli e dannati degli anni 20 come sessant' anni dopo McInerney ha cercato di fare con i ragazzi delle feste di New York. Poi il maestro, Raymond Carver, l' amico e fratello maggiore scomparso quasi trent' anni fa e che a Jay manca ogni giorno. Poi c' è una strada di New York, di notte: «È una foto a cui sono affezionato, scattata da uno che quelle strade le conosceva bene, un altro amico che non c' è più: Lou Reed». L' unica foto nello studio di McInerney che non ritrae uno scrittore o una vista della sua città è in bianco e nero, famosissima, scattata da Elliott Erwitt.

Kerouac Carr GinsbergKerouac Carr Ginsberg

 

«È il Black and White Ball del 1966 al Plaza, la festa che Truman Capote fece per celebrare l' uscita di A sangue freddo . C' è un gruppo di invitati che stanno ballando e sono tutti di spalle, l' unico volto che vediamo è quello di Candice Bergen. Guarda qualcosa o qualcuno fuori dall' inquadratura, da qualche parte nella sala da ballo, o forse non sta guardando niente, è annoiata o sta inseguendo i suoi pensieri. Bionda. Bellissima. C' è anche lei qui con me quando mi siedo alla scrivania e comincio a scrivere».

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