jerry cala

“SONO STATO UNO STRONZO, NONOSTANTE BERLUSCONI MI CORTEGGIASSE TANTISSIMO PER UNO SHOW, GLI DISSI DI NO” – VITA, BATTUTE E RIMPIANTI DI JERRY CALA’: “DICEVANO CHE FACEVO BATTUTACCE, CHE NON ERO MATURO. MA PIÙ CHE CRITICARE ME COME ATTORE, CRITICAVANO QUEI FILM CHE OGGI, INVECE, SONO STATI RIVALUTATI E CELEBRATI, DA ‘VACANZE DI NATALE’ A ‘SAPORE DI MARE’. ALL’EPOCA C’ERA IL PREGIUDIZIO CHE I COMICI FOSSERO ATTORI DI SERIE B” – L'ERRORE CHE FECE NELLO SCENDERE DAL CARRO DEI CINEPANETTONI E L’INCIDENTE CHE LO COSTRINSE A LUNGO SU UNA SEDIA A ROTELLE: “SONO SPARITI TUTTI, NESSUNO MI CHIAMAVA PIÙ” – VIDEO

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Arianna Finos per repubblica.it - Estratti

 

jerry calà sapore di mare

Parafrasando il suo tormentone più famoso, a 73 anni («74 tra un mese») Jerry Calà ha “capito”.

 

«Sono in un momento bello – ci racconta - dopo anni in cui ho avuto problemi fisici mi sono ripreso bene, dovrebbe bastare per essere felici: la salute, svegliarsi ogni giorno accanto ai propri cari. Dall’altra parte c’è l’età che avanza, inizi a farti qualche domanda sulla vita, sul dopo…

 

Ogni tanto arrivano pensieri strani a rovinare i momenti di gioia. Ma cerco di farmeli venire il meno possibile. Per il resto, mi sento in forma e sto cominciando una tournée estiva del mio spettacolo, piazze d’Italia e club importanti, tipo la Capannina di Forte dei Marmi. Quindi sono abbastanza gasato».

 

Cosa c’è nel suo orizzonte?

«Spero di lavorare il più a lungo possibile. E ho un desiderio: essere diretto in un film da mio figlio Johnny, che quest’anno si laurea alla scuola di cinema. Sarebbe un sogno. Poi ho un progetto di un altro film con i produttori di Chi ha rapito Jerry Calà. Una commedia in cui mi confronterò con la generazione più giovane. Sarà un road movie attraverso l’Italia, un Sorpasso 2.0».

 

umberto smaila jerry cala

 

Quali sono i comici della nuova generazione che le piacciono?

«Non proprio giovanissimi, ma di una generazione diversa: sicuramente Ficarra e Picone. Mi fanno molto ridere. E ho scoperto che anche loro amano me, perché mi hanno chiesto di fare un’amichevole partecipazione nella loro nuova serie per Netflix, dove interpreterò uno strano ministro dell’Interno. Non posso dire di più».

 

Riavvolgiamo il nastro. La sua comicità leggera è figlia di un’infanzia complicata: tanti trasferimenti, un padre severo…

jerry calà vacanze in america

«Papà faceva l’interprete per le linee aeree e poi per le Ferrovie dello Stato. Eravamo sempre con gli scatoloni in casa, pronti a cambiare città. Questa cosa però mi ha arricchito, a parte i traumi del distacco quando hai appena messo radici in un posto. Ho conosciuto tanta gente, culture diverse. Ad esempio, mi ha salvato il trasferimento a Verona da Milano, dove stavo prendendo una brutta piega perché vivevo in un quartiere difficile; mi sono trovato come nella Milwaukee di Happy days, tutto bello, ragazze pulite, ragazzi allegri, un liceo con un teatro. E lì ho conosciuto i miei amici con cui abbiamo poi formato I gatti di vicolo Miracoli».

 

 

Lei ha conosciuto anche i cartelli “non si affitta ai meridionali”.

jerry calà marina suma sapore di mare

«Con la famiglia arrivammo a Milano che avrò avuto 5 o 6 anni, quindi nel ‘55, ‘56. Sì, ho fatto in tempo a vedere pensioni con i cartelli “non si affitta ai terroni”. E poi certo, un po’ di sfottò c’era, e il mio vero nome mi regionalizzava subito: quando facevano l’appello e dicevano “Calogero”, tutti ridevano. Io non avevo il coraggio di alzare la mano. Era così, per chi veniva dal Sud. Ma poi Milano è diventata una città accoglientissima».

 

(…)

 

Nel suo libro “Una vita da libidine”, uscito un po’ di anni fa, lei parla anche del suo mito Adriano Celentano, che non è mai riuscito a incontrare.

«Esatto, non sono mai riuscito davvero a conoscerlo. Ho un vago ricordo: una sera, erano i primi anni in cui frequentavo il Derby, mi portarono in una sala biliardo dove c’era anche lui. Me lo presentarono, ma proprio per un attimo. Però era il mio mito. Io stavo in viale Monza, lui a Greco, in via Gluck, ci avventuravamo per cercarlo, ma niente. Le sue camicie, i pantaloni bicolore... era il nostro modello. E poi, quando cantava 24.000 baci».

 

 

mara venier jerry cala

(…)

 

Lei ha sempre avuto una comicità morbida, mai aggressiva. Però ha avuto il carattere di scegliere, rischiare, sperimentare.

«Nel bene e nel male ho sempre avuto coraggio. Ero uscito dai Gatti ed entrato nel comodo carro dei cinepanettoni di De Laurentiis, tra i Novanta e il Duemila. Ma volevo esprimermi singolarmente e ho fatto un errore economico. Per cercare nuove strade, ho fatto un film in Norvegia, Sottozero, scritto da Rodolfo Sonego, e poi Diario di un vizio con Marco Ferreri».

 

 

 

 

Il rapporto con i critici è stato difficile.

“Mi hanno sempre massacrato. Tanto che a Berlino, quando abbiamo presentato Diario di un vizio, a sorpresa sono stato invitato in un ristorante, si chiamava l’Orso, dove ho trovato tutto il gotha della critica italiana in piedi ad applaudirmi, mi hanno consegnato il premio della critica italiana. Dopodiché, quando ho ripreso a far le commedie, hanno continuato a massacrare».

umberto smaila, nini salerno, jerry cala?? e franco oppini i gatti di vicolo miracoli

 

 

 

I suoi maestri?

«Ero attratto dalla comicità di Renato Pozzetto e ho dovuto lottare con me stesso. Una sera lui stesso mi disse “stai attento, sembra che mi imiti”. Allora ho trovato la mia strada. Con Renato e Cochi Ponzoni abbiamo fatto una tournée con i Gatti, e una volta mi hanno chiesto di accompagnarli a fare una serata a Riccione, erano goderecci, mi hanno portato in un ristorante e in un hotel che altrimenti non mi sarei potuto permettere. Fu un weekend meraviglioso».

 

 

umberto smaila, nini salerno, jerry cala?? e franco oppini i gatti di vicolo miracoli

 

Tra i suoi ricordi c’è un’occasione mancata con Woody Allen.

«Una cosa bellissima rovinata dai burocrati. Era il 1980, con i Gatti andammo a New York, Allen ci disse che ci avrebbe dato la sua commedia, God, che stava scrivendo per noi il terzo atto, che ci voleva accompagnare sul palco del Festival di Spoleto. E invece i manager scrissero che a Spoleto sarebbe dovuto venire per contratto, e lui si offese: “Shakespeare non è che è andato a Verona alla prima di Giulietta e Romeo”».

 

Quello era un momento in cui circolava una grande energia, il primo Verdone, La smorfia, i Giancattivi…

«Erano gli anni Ottanta. E ho detto tutto. Quell’entusiasmo, quella voglia di fare, di buttarsi, quella leggerezza che adesso un po’ manca. Era quello, l’ingrediente segreto».

 

 

 

umberto smaila silvio berlusconi jerry cala

E invece il momento più difficile della sua carriera?

“Nel 1995, quando ho avuto un grave incidente d’auto che mi ha costretto sulla sedia a rotelle, a lungo. Nel nostro ambiente non sono buoni, ha iniziato subito a girare la voce che sarei rimasto in carrozzina, non mi chiamava più nessuno. Ho avuto entrambi i femori rotti, un dolore insostenibile, poi ho dovuto imparare di nuovo a camminare, come un bambino. E’ stata dura, quelli del mio ambiente erano spariti tutti. Ma si sono fatti riconoscere gli amici veri, quelli di Verona, del Lago di Garda, che frequentavo prima di diventare Gerry Calà».

 

 

 

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umberto smaila, nini salerno, jerry cala?? e franco oppini i gatti di vicolo miracoli

E poi c’è Mara Venier.

«Il grande amore, prima di mia moglie con la quale ho avuto Johnny. Una donna importantissima, mi ha accompagnato nel momento di massimo successo e mi ha impedito di perdere la testa. E avevamo un giro di amicizie diverse, uscivamo col panettiere, col salumiere di Campo de’ Fiori».

 

 

 

Lei ha resistito alla chiamata di Silvio Berlusconi che l’avrebbe voluto per condurre grandiosi show televisivi.

«Sì, e anche lì, col senno di poi, sul piano economico… Non mi lamento, però ti mettevano in testa delle cazzate tipo “se fai cinema non puoi fare televisione, perché ti abbassi” e io, come uno stronzo, nonostante Silvio mi corteggiasse tantissimo, gli dissi di no. Vabbè, è andata così».

 

umberto smaila, nini salerno, jerry cala?? e franco oppini i gatti di vicolo miracoli

Il momento economicamente più difficile?

«Alla fine dell’avventura coi Gatti. Non solo per colpa nostra, ma anche a causa di certa gente che avevamo intorno, alla fine abbiamo sperperato tantissimi soldi. E a un certo punto mi resi conto di avere pochissimo in banca. Dissi: “Ma cavolo, son già dieci anni che lavoro e non ho niente”. Anche per quello presi la mia strada “solista”».

 

 

 

 

Il film di cui è più orgoglioso?

«Colpo di fulmine di Marco Risi, con Marina Suma, 1985. Il primo bel film che ho fatto».

 

E il più brutto?

«Operazione vacanze, 2012, regia di Claudio Fragasso. Da non confondersi con la meravigliosa serie Professione vacanze, il primo serial comico di Mediaset. Dopo tanti anni, facemmo il film ricordando un po’ la serie. Era partito bene, me l’hanno tolto di mano ed è diventato l’unico di cui mi vergogno».

jerry calà mara venier

 

Che dire di “Chicken park”, 1994, che ha diretto e interpretato, commedia horror ispirata a Jurassic park”?

«Vabbè, mi dicono che è trash, ma alla grande. Divertente, girato in inglese, la mia prima regia. Mi sono fatto un mazzo... Pochi sanno che è stato venduto in tutto il mondo, lo davano anche sulle linee aeree filippine, thailandesi, con titoli diversi. In Spagna si chiamava Pollo jurásico, in Ungheria ha incassato 3 miliardi… Mi fermavano ovunque, persino a Cuba».

 

La disavventura?

«Sul set di Sottozero, su una piattaforma petrolifera, nel mare artico. Il gelo, la nebbia, piangevo tutto il giorno. Mi ha salvato il mio amico Angelo Infanti, che aveva portato il pecorino da Zagarolo. Quando la sera avevo le crisi di pianto, ci facevamo dare un po’ di riso in bianco dalla cucina, poi lo riempivamo di pecorino. E lui mi faceva ridere. E mi faceva vedere i fagioli di Raffaella Carrà, mi hanno salvato la vita».

 

Le cose che scrivevano di lei la facevano arrabbiare?

«Dicevano che facevo battutacce, che facevo le faccette, che non ero maturo. Ma più che criticare me come attore, criticavano quei film che oggi, invece, sono stati rivalutati e celebrati, da Vacanze di Natale a Sapore di mare, da quest’ultimo ci hanno tratto pure un musical.

jerry calà

 

All’epoca c’era il pregiudizio che i comici fossero attori di serie B, che bisognava un po’ bistrattarli. Quando, nell’83, uscì Al bar dello sport, con Lino Banfi, in cui facevo il muto, inaspettatamente ebbi delle critiche meravigliose, mi accostavano ad Harpo Marx.

 

 

 

Ma restava il preconcetto, qualcuno mi diceva che i critici nemmeno li guardavano i film: una volta lessi un articolo che denigrava un film che non era ancora uscito, ero ancora al montaggio, e lui già ne sparlava. Oggi, come sosteneva Ferreri, si è capito che il comico è uno che, quando si mette alla prova in un film drammatico, è sempre bravo».

 

mara venier jerry cala

A proposito di battute: quali sono le sue battute-tormentone che hanno superato meglio il tempo, che ancora oggi i fan citano?

«“Libidine doppia”: mi chiedono ancora di farla, così spesso, che non ne posso più. Persino quando sono stato ricoverato per l’infarto, mentre mi mettevano lo stent. E siccome mi avevano fatto un anestetico euforizzante, ho tirato fuori tutto il repertorio. E poi c’è “non sono bello, piaccio” e, come dicevo nel film di Corbucci, Rimini Rimini, “è tanto che aspettavo un’occasione così”».

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