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Stefano Montefiori per il Corriere della Sera
Nel suo riuscito film Jim Jarmusch racconta una settimana nella vita di un autista che si chiama Paterson, vive a Paterson (New Jersey) e adora il poema Paterson di William Carlos Williams. Il film si chiama Paterson.
Una cosa scema, in effetti - dice Jarmusch di ottimo umore in un albergo del Marais -, e non è l' unica, il momento più drammatico del film è quando si guasta l' autobus, ti lascio dire... È una cosa ridicola, lo so.
Ma nessuno stava dicendo questo...
Lo dico io, ne sono consapevole. C' è questa abbondanza di Paterson perché ci sono andato per la prima volta vent' anni fa, un posto a due passi da New York di cui nessuno parla mai. Mi sono seduto davanti alle cascate nello stesso punto di Adam Driver (Paterson) nel film e sono andato in giro per le fabbriche. E ho letto l' inizio del grande poema Paterson , e mi è piaciuta la metafora della città come un uomo. Mi è rimasta piantata in testa e quando ho fatto il film l' ho usata chiamando il protagonista come la città.
Felicità nelle piccole cose?
Nel film ogni giorno è una piccola variazione del precedente. E la felicità per me è che la stagione delle ciliegie ritorna ogni anno. Ma Paterson non è un autoritratto, lo dicono di tutti i miei film ma non è mai così. I film sono come i figli, hanno il tuo Dna ma anche una vita autonoma. Per esempio, a me la routine non piace, a Paterson sì.
Paterson e Laura fanno una vita apparentemente banale, ma piena di eventi, per quanto piccoli.
In passato ho fatto alcuni film che parlavano di outsider contro il sistema ma Paterson e Laura no, loro vanno con la corrente, sono working class ma anche creativi e poeti. Ho studiato tai chi per qualche anno e il mio maestro mi diceva sempre: non giudicare mai dalle apparenze, puoi sembrarti una vecchietta e magari ti mette ko.
Perché l' autobus?
Perché attraversa la città dall' alto, mi piace molto scrivere negli autobus, il mondo all' esterno è come una scena teatrale che si muove, e dentro succedono cose, conversazioni, gente che parla, beve, legge, parla al telefono.
C' è un valore politico?
No, detesto Donald Trump e ho votato per Bernie Sanders ma questo non c' entra con la mia arte, non mi piace essere didattico, in quello che faccio metto i sentimenti più che le idee politiche. Paterson non è un film con un messaggio, non ho niente da insegnare a nessuno, sono solo un osservatore.
È un film senza cattivi.
Volevo andare oltre i cliché. Quando arriva l' auto con i ragazzi che sembrano far parte di una gang, e chiedono a Paterson informazioni sul suo cane, non volevo che la scena finisse con loro che gli rubano il cane.
Quando giravamo Ghost Dog a Jersey City eravamo nel territorio di una gang, così sono andato a parlare con loro, gli ho spiegato quel che volevamo fare, e loro mi hanno detto "tranquillo, ti proteggiamo noi". In quella scena c' è un po' di quello spirito. Paterson parla con tutti.
Adam Driver è diventato celebre con Guerre Stellari.
Che cos'è Guerre Stellari? Una serie forse? Va bene lo so, lui è l' attore che interpreta Kylo Ren ma io l' avevo scelto prima, mi era piaciuto in A proposito di Davis dei fratelli Cohen e in Frances-Ha di Noah Baumbach.
Paterson si chiama come la città. E la sua amata Laura (Golshifteh Farahani, ndr)?
Da dove viene il nome?
Ho pensato che Laura, il nome della musa del Petrarca, andasse bene per la moglie del mio poeta.
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