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1 - E ANCHE I SEX PISTOLS OGGI SI INCHINANO
Franco Giubilei per “La Stampa”
IL TWEET DI JOHN LYDON (JOHNNY ROTTEN) SULL MORTE DELLA REGINA
A vent' anni Johnny Rotten dava alla Regina Elisabetta II dell'idiota asservita a un regime fascista, traduzione da God Save The Queen. A sessantasei compie un epico testacoda e pubblica un'immagine della defunta sovrana su Twitter che pare uscita da una celebrazione ufficiale, accompagnata da una strofa dell'inno britannico, Send her victorious.
Un punk redento? Un incendiario divenuto pompiere? Molto più coerente si rivela il cofondatore dei Pistols ed ex amico Steve Jones, che sullo stesso social trafigge la bocca della monarca con lo spillone dei punk, la incorona con la scritta God Save The Queen ma soprattutto rivendica lo spirito di quel pezzo esplosivo riportandone un brandello, She ain't no human being, - non è un essere umano.
La morte di Elisabetta fa uscire allo scoperto anche l'unica pistola del sesso che sapesse suonare, il bassista Glen Matlock poi rimpiazzato da Sid Vicious, teppista per vocazione i cui veri pregi erano animare i concerti scatenando risse ed essere il primo fan della band, oltre che amico stretto di John Lydon, con un commento rivolto al nuovo sovrano: «God save the king - hope he' s not a silly old thing».
Traduzione: «Dio salvi il re - spero non sia la stupida vecchia cosa». Anche qui, come con Jones, confidenza col sistema pochina e rivendicazione dello spirito punk di un tempo. Un pensiero a parte andrebbe fatto su quanto ha reso in soldi (e a chi) la monarca selvaggiamente oltraggiata nel 1977.
Oltre alle copie del 45 giri decorate con le labbra della Regina perforate dallo spillone c'era il merchandising dei Pistols, per tacere delle fortune da stilista di Vivienne Westwood costruite nel negozio di vestiti fetish del suo compagno nonché manager della band, a King' s Road a Londra. Il gruppo nacque proprio lì, con la Westwood lestissima a imparare la lezione e a fondare sul punk-rock una moda come un'altra, spesso con l'immagine della sovrana sulle t-shirt. La trasformazione di Elisabetta in marchio punk da rivendere nelle boutique era cosa fatta
GOD SAVE THE QUEEN SEX PISTOLS
2 - LA REGINA A TUTTO ROCK ICONA PUNK COI SEX PISTOLS E IL DEBOLE PER I BEATLES
Alessandro Gnocchi per “il Giornale”
Quando i Sex Pistols, il gruppo punk per eccellenza, decisero di scandalizzare l'opinione pubblica, puntarono dritto al simbolo più significativo della cultura inglese di massa: la regina Elisabetta. Presero l'inno nazionale e lo ricoprirono di sarcasmo. Nacque così un altro inno, quello della generazione no future, senza futuro: God Save the Queen.
Il brano uscì come singolo. In copertina c'era sempre lei, la regina Elisabetta, con la bocca e gli occhi coperti dal nome della band e dal titolo della canzone. L'immagine fu creata dal geniale grafico Jamie Reid. All'epoca, era il 1977, fece arrabbiare i conservatori.
Oggi è esposta al Moma di New York. «Dio salvi la regina / Lei non è un essere umano / Non c'è futuro / Nel sogno dell'Inghilterra». John Lydon, all'epoca noto come Johnny Rotten, era l'autore del testo.
Senza alcuna programmazione radiofonica, perché il tema era tabù, God Save the Queen arrivò in vetta alle classifiche britanniche. Anni dopo, proprio Lydon, in vena di ripensamenti, dirà di essere fiero suddito della regina Elisabetta.
A Zocca, provincia di Modena, un fan dei Sex Pistols, tale Vasco Rossi, non ancora noto ma lanciato verso la popolarità, scrisse la canzone Ambarabaciccicoccò (1978). Inizia così: «E mentre tu continui ad invecchiare / Con i giovani di oggi che non riesci più a capire / Che se ne fregano perfino del tuo impegno sindacale / E cantano dio salvi la regina, fascista e borghese...».
La regina Elisabetta ha incrociato la strada di quasi tutte le rockstar inglesi. C'è un motivo.
La musica è tuttora una voce economica importante nelle esportazioni del Regno Unito.
Fino agli anni Novanta era addirittura un settore cruciale.
la regina elisabetta con elton john
Nel 1965, fece baronetti i Beatles, che la citarono in numerose canzoni, ad esempio Penny Lane e soprattutto Her Majesty (traccia fantasma di Abbey Road) che dice: «Sua Maestà è una ragazza parecchio carina/ ma non ha molto da dire».
Leggenda vuole che poco prima di ricevere il riconoscimento, i Beatles si fossero fumati uno spinello al gabinetto (sir Lennon confermò, gli altri smentirono). Elisabetta II ha premiato, per fare qualche nome, anche Robert Plant, Sting, Rod Stewart, Roger Daltrey, i Bee Gees, George Martin, Elton John. Mick Jagger aspirava a diventare nobile o quasi: c'è riuscito nel 2003, quando gli è stato assegnato il titolo di Cavaliere.
PAUL MCCARTNEY CON LA REGINA ELISABETTA
In precedenza, la Regina si era messa di traverso, perché sospettava che Jagger non fosse estraneo a qualche vecchio scandalo di corte, dovuto all'amicizia tra il cantante degli Stones e la principessa Margaret. Anche Ringo Starr ha fatto carriera come aristocratico.
L'ex batterista dei Beatles è diventato Cavaliere nel 2018.
MICK JAGGER CON LA PRINCIPESSA MARGARET
Niente da fare per i Black Sabbath di Ozzy Osbourne: erano stati presi in esame per la prima volta in agosto. Ozzy e la regina. Che coppia sarebbe stata. Il rapporto con i Beatles risaliva al 1963. La band fu invitata a suonare alla Royal Command Performance, show benefico organizzato ogni anno da Buckingham Palace. John Lennon introdusse Twist and Shout con questa battuta: «Per l'ultimo pezzo dovete aiutarmi. Chi sta nei posti più economici può battere le mani. Gli altri basta che facciano tintinnare i gioielli».
I Queen di Freddie Mercury giocavano sul doppio senso: queen, nello slang omosessuale e trans, era anche il «titolo» delle travestite drag queen. Nelle prime campagne stampa, accanto al gruppo, c'era l'attrice Jeannette Charles, praticamente una sosia di Elisabetta II.
È stato spesso notato (da Eric Clapton, tra gli altri) che la regina non aveva la minima idea di chi fossero le rockstar in trasferta a Buckhingam Palace. Però Chris Evans, dj della Bbc, ha raccontato un aneddoto mai smentito, anche se pare troppo bello per essere vero. Evans fu chiamato a mettere dischi durante una festa esclusiva al castello di Windsor nel 2008. La regina in persona, avrebbe chiesto di suonare Dancing Queen, il brano degli Abba.
Contrari alla monarchia e alla regina furono gli Smiths. Nel 1986 fece furore l'album intitolato The Queen is Dead. La canzone omonima faceva sarcasmo su Elisabetta e il principe Carlo: Dice: «Carlo, non provi mai desiderio di comparire sulla copertina del Daily Mail vestito con il velo da sposa di tua madre?». E Carlo, nel brano, risponde di vergognarsi di essere il discendente di una dinastia ormai esangue.
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