
CRONACHE DI CASA MARCHI – QUANDO WANNA DICEVA AL “GENERO” LACERENZA: “PORCO, TI DOVRESTI…
DAGOREPORT
"Taglia, ma che fai? Ti stiamo parlando con educazione. Oh, ti stiamo chiedendo spiegazioni e tu fai il fenomeno". Taglia è il signor Tagliavento, quello che non vide il gol di Muntari decisivo per lo scudetto milanista, l'arbitro di Juventus-Inter. Un'Opa sullo scudetto in palio. A decine di milioni davanti ai televisori, in tutto il mondo. Cammina veloce, si gira per un istante, nega il dialogo, se ne va. Il ragazzo che urla e lo insegue si chiama Antonio Cassano, viene da dove Bari diventa Oriente, dai vicoli della città vecchia e sulla squadra ospitante: "Per giocarci devi essere un soldatino" si è già espresso a tempo debito.
Di solito a chi decide gol, rigori ed espulsioni, il reietto di casa Prandelli si rivolge in modo meno urbano. Ma sotto l'occhio delle telecamere di Sky, nel tunnel dello Juventus Stadium, con la squadra già sotto per uno a zero e staccata di 5 punti all'intervallo, Cassano e i suoi ribaltano la prospettiva. Mantengono la lucidità . Trasformano il lamento in rabbia e l'indignazione per gol subito in fuorigioco e mancata espulsione di Lichsteiner da parte di una terna inadeguata in un secondo tempo padronale.
Milito pareggia il gol irregolare di Vidal (a sette giorni e diciotto secondi da Catania) dopo un giusto rigore, poi raddoppia sfruttando il fattore Guarin, infine si gode in tribuna il sipario tirato da Palacio per il 3-1. La Juve crolla, sbaglia il cambio dopo l'infortunio di Vucinic (perché l'inutile Bendtner invece di Quagliarella?), soffre la pressione degli attaccanti interisti su Pirlo e infine, perde meritatamente.
Accade dopo quasi 50 partite, al termine di una parabola dominante che ieri, nelle folate degli ultimi giapponesi (Nagatomo) e nelle chiusure degli imperatori senza età (Zanetti) sembrava al tramonto. L'illusione ottica di una sera (in termine di valori netti la Juve è ancora la più forte) certifica però la paura di un duello che fino all'altro ieri suonava impossibile.
L'Inter c'è, è andata con tre punte a Torino, ha avuto coraggio e per conquistare il titolo (la novità è tutta qui) la Juventus dovrà correre di più e guardarsi alle spalle. Con mezza Italia juventina depressa e spaventata (incombe la Champions e lì la classifica piange) e l'altra mezza a vestirsi di nero e azzurro, nella serata televisiva di ieri si è mostrato al pubblico pagante anche il dottor Andrea Stramaccioni, eccellente nel preparare la partita (magari, per parlare di Mourinho-bis, aspettiamo maggio) rivedibile nella mancanza di humor.
Lo inquadrano e si capisce che c'è qualcosa che non va. Dovrebbe essere il 36enne più felice del circondario torinese, ma è incazzato nero. Lamenta che il direttore generale della Juventus, Marotta (un simpaticone, anche lui, del tutto omissivo sui favori ricevuti da Tagliavento), nel pre-gara abbia osato definire l'Inter "spensierata" e con faccia dura, avverte, così non si fa. "Non abbiamo lavorato per una settimana, lavorato seriamente".
Poi Stramaccioni esagera, sostiene come "nel vocabolario, spensieratezza abbia un preciso significato" (ce l'ha ed è quello a cui ognuno dovrebbe più o meno disperatamente ambire), tratta l'ironia come una nemica e, pedante, in piena sindrome Al Pacino, rende maledetta anche una domenica straordinaria: "Abbiamo preparato la partita su ogni singolo centimetro".
A questo punto, persino Boban (non male il fuori onda con imbarazzo di Ilariona d'Amico) sbotta: "Basta co âsti centimetri", ma non tanto da far indietreggiare Stramaccioni. I suoi cantano negli spogliatoi: "Chi non salta/bianconero è". I tifosi increduli si stropicciano gli occhi e lui rimane fuori dalla festa. A pungere sugli arbitri: "Che lo diciamo a âffà ?". A ribadire: "ci vuole rispetto, magari adesso Marotta ha cambiato idea". Mentre Juve e Inter sono separate da un solo punto e il campionato ha ritrovato interesse, sull'intensità del reciproco odio si attendono aggiornamenti.
NAPOLI FLOP.
Nella domenica più favorevole all'Inter e alla propria corsa, il Napoli avrebbe in teoria l'impegno più semplice. Il Torino intuisce il clima prenatalizio e dopo sei minuti, interpretando a dovere il ruolo della vittima sacrificale, lascia libero Hamsik in piena area su rimessa laterale. Cavani approfitta della grazia, ma poi, insieme a suoi, sparisce dal campo. Per i restanti 84 minuti, gioca soprattutto il Torino. Un paio di occasioni prima che Hamsik getti via il 2-0 e il difensore Aronica, pupillo di Mazzarri, decida di riequilibrare i doni lanciando a rete l'ex del Sassuolo Sansone. De Sanctis scartato, 1-1 definitivo al minuto novantuno e Napoli che rimane a 5 punti dal primo posto.
BAGNO FUORI STAGIONE.
Va peggio alla Lazio, travolta a Catania per 4-0. Il primo gol di Gomez è un regalo del portiere Bizzarri, il resto un film horror che rincuora i romanisti in vista del derby e mette in mostra le assortite nefandezze di una Lazio sazia. Il Catania di Maran gioca benissimo, ha due o tre giocatori che potrebbero abitare senza vertigini in club da vetta della classifica, ottiene un rigore solare dopo le due ingiustizie della passata settimana (Juve e Udinese) costate almeno tre punti, ma al Massimino, da parte dei Pekto-boys, non trova alcuna opposizione. Il primo tempo finisce 3 a 0, nella ripresa, Barrientos arrotonda per il quarto gol. La Lazio attesa dall'Europa League è ferma a 19 e in fase di ridimensionamento dopo l'ottimo avvio. Il Catania, accolto da una inedita panuelada di protesta verso gli arbitri in stile spagnolo, a 15. Potevano essere di più.
VIOLA DI SERA.
Sono tanti invece, ben 21, quelli della squadra allenata dal tecnico che proprio in Sicilia si era fatto conoscere. Il promesso sposo della Roma poi approdato a Firenze, quello che quando segnava imitava l'aeroplano, Vincenzo Montella. La sua Viola vola, ricama seta, mette in mostra Jovetic e Toni, regola il Cagliari reduce da 4 vittorie per 4-1 con distacco superiore ai meriti e si porta al quarto posto. A soli 7 punti dalla Juve.
IL DERBY.
La settimana prossima, alle tre di domenica pomeriggio, a Roma è in programma il derby. Delle condizioni in cui arriva la Lazio reduce da Catania, abbiamo detto. Staccata di soli due punti, a 17, a sei dalla Champions, l'attende la Roma. Che dopo lo psicodramma in piscina di Parma, lascia a guardare De Rossi e Pjanìc, rilancia Burdisso e manda chiari segnali di risveglio con contorno di goleada al campionato.
La vittima di giornata è il Palermo, uscita con 4 gol sulla groppa e la netta sensazione che salvarsi sarà durissima. Troppa distanza tecnica tra i vecchi amici Gasperini e Zeman. Il primo lascia in panchina Ilicic, sceglie di coprirsi, schiera una sola punta e si sdraia sul sentiero preferito da Zeman. L'atro monetizza. Prima con Totti (osannato dalla curva dopo le dure parole di mercoledì: "seguiamo Zeman, è colpa nostra"), poi Osvaldo. La partita, sul 2-0 finisce dopo venticinque minuti e diventa un allenamento.
Lo spettro della rimonta rimane lontano per manifesta incapacità di offendere e non solo di Miccoli&C.. Dall'altra parte è una festa. Si gioca lieti, senza incubi nella testa. Ci provano l'ottimo Lamela, poi in gol per il 3-0, Bradley, il miglior Tachsidis dell'anno. Segna anche Destro, la rete del 4-0, prima di essere ammonito per la seconda volta e quindi espulso per aver provato a togliersi la maglia, dal fiscalissimo arbitro De Marco.
L'ascensore zemaniano questa volta, nonostante i tanti musi lunghi in panchina e l'inoffensivo graffio di Ilicic per l'1-4, va verso l'alto. Per vedere se sarà davvero un'altra stagione sarà meglio aspettare domenica. A Roma, il derby, vale un'immunità diplomatica. Chi lo conquista, è a metà dell'opera. Chi lo perde, a una quindicina di punti dalla vetta, va direttamente a giudizio.
INFERNI.
Giudizio che per ora Pescara sospende su Stroppa. L'allenatore, brutalmente delegittimato dalla proprietà in settimana, stravolge il copione pirandelliano e vince quando era già pronto il licenziamento. Gli abruzzesi battono il Parma per 2-0 (Abbruscato e Weiss), raggiungono quota undici (strasalvi al momento), ma Sebastiani, il patron, ha ormai deciso di consegnarsi a una piazza che abituata a Galeone e a Zeman, non tollera lo spettacolo offerto.
Però i punti ci sono, il lancio di tanti giovanissimi alla prima esperienza è anche merito di Stroppa e i malumori del suo presidente (già pronto il contratto biennale per il successore Pasquale Marino), contrastano con la realtà di una rosa costruita per salvarsi all'ultimo secondo dell'ultima giornata. Per ora Giovannino è confermato senza entusiasmo. Lo aspetta la Juventus. Auguri.
GENOVA PER LORO.
Ferrara e Delneri sono nei guai. Il primo, tecnico della Samp, dopo il buon inizio di stagione incorre nella sesta sconfitta consecutiva. Questa volta al Ferraris festeggia l'Atalanta di Colantuono, 2-1 finale. Denis e De Luca e in mezzo, un capolavoro di Enzo Maresca in rovesciata. La crisi Samp, dieci punti, la B a un passo, è speculare a quella del Genoa di Gigi Delneri, alla terza sconfitta su tre partite. L'ultimo sprofondo si chiama Siena, dove orfani di Borriello, i rossoblù sbracano opposti a una squadra gravata di sei punti di penalizzazione e ultima, solissima, sul fondo della classifica.
Decide Paci di testa, il Genoa non reagisce e Serse Cosmi festeggia. L'annoiata padrona del Siena, la tatuatissima e molto bionda, Mezzaroma, applaude poco convinta in tribuna l'1-0 dei suoi che ora rivedono Palermo e Bologna (1-1 inutile al Dall'Ara con l'Udinese dell'eterno Di Natale) a soli due punti.
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