C’ERA UNA VOLTA LEONE (SERGIO) – IL FILM PRIMA DI TUTTO: COSÌ DOPO IL SUICIDIO DI AL MULOCK IL REGISTA DISSE A UN SUO COLLABORATORE: ‘ER COSTUME! RECUPERA ER COSTUME!...MA ’STO STRONZO, NON SE POTEVA AMMAZZA’ 24 ORE DOPO?’

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Sergio Donati per "Il Fatto Quotidiano"

Il 30 aprile 1989, a 60 anni, moriva Sergio Leone, il regista che inventò gli "spaghetti western", un nuovo modo di raccontare - fuori dagli schemi americani - l'epopea di pistoleros, assassini, e vendicatori. Venticinque anni sono trascorsi dalla sua morte, e i film di Leone sono punto di riferimento per autori di culto, come Quentin Tarantino.

Personaggio affascinante quanto i "brutti ceffi" che raccontava sul grande schermo, su Leone si è detto molto. Un racconto originale e verace lo ha fatto Sergio Donati, uno degli sceneggiatori che lavorò gomito a gomito con Leone in capolavori come "C'era una volta il west" e "Giù la testa", in un libretto dal titolo: "C'era una volta il West (Ma c'e ro anch'i o) ". Ecco alcuni estratti.

Un giorno dell'inverno 1963 squillò il telefono nella mia casa di Milano. "È un tale che chiama da Roma - disse mia moglie - un certo Sergio Leone". Oh bella. Saranno stati tre anni che non lo sentivo. Presi il ricevitore e mi esplose nell'orecchio il suo romanesco vocione baritonale: "A Se', ma che cazzo stai a fa' lassù tra le nebbie?".

Gli spiegai che lavoravo in pubblicità, che ero diventato copychief nella seconda più grande agenzia italiana, che mi ero appena sposato. "Ma al cinema non ce pensi più?" chiese lui. "Bè, scrivo caroselli...". "Tsé! Sta a sentire - disse lui con tono misterioso - vatti a vedere un film de Kurosawa, se chiama Yojimbo, la sfida del samurai" . "E perché?". "Perché se ne po' fa' un western".

"Un western? - trasecolai - un western italiano?". "Che ti credi? Già se ne fanno. Certo, si truccano da stranieri, regista e attori tutti con dei nomi americani. Che te frega? L'importante è che 'sta storia giapponese è la fine del mondo". "Ma Kurosawa che dice? - mi preoccupai - è disposto a cedere i diritti per un remake in chiave western?".
All'altro capo del filo sentii che Leone sbuffava per tanta ingenuità. "Ma quando mai Kurosawa lo vedrà... Mica è un film de John Ford. Lo devo fa' co' du' lire, altro che in Giappone, se arriva a Caltanissetta è già un miracolo".

I "rumoretti" di Morricone
Fui testimone del contributo di Sergio alla nascita di uno dei più grandi musicisti del cinema di tutti i tempi. Ennio sedeva accanto a Leone che ripassava con lui tutto il montato, fotogramma per fotogramma, e prendeva minuziose note in un suo quadernetto da scuola, di quelli con la copertina nera e i fogli bordati di rosso.

Una sequenza mostrava una lenta panoramica su una strada deserta, ed Ennio, che manovrava il maniglione della vecchia moviola Catozzo, fece per andare avanti. Ma Sergio gli bloccò la mano: "Ennio, e qua non me ce metti niente?".

"Ma scusa, si vede solo una strada vuota...". "Embè? Forse da un momento all'altro sta per partire una sparatoria. E allora io voglio sentire un suono, un rumoretto, una nota di tensione...". Morricone annuì e annotò diligente. Mi rendo conto oggi che lì e allora ebbi l'onore di veder nascere quei "rumoretti" inventati con gli strumenti più strani.

"Questo è Henry Fonda? Ma io ne pijo 'n'antro..."
Ero a Cinecittà assieme a Leone quando Henry Fonda, Hank per gli amici, arrivò da Hollywood. Dall'auto della produzione scese un signore poco oltre i sessanta, grigio, rugoso, un po' curvo, con uno sguardo miope e distratto nei celebri occhi azzurri ora diventati leggermente acquosi. Gesù, era questo Henry Fonda?!? Sergio Leone fu preso subito da uno dei suoi tipici panici frenetici.

"Azz... Ma questo è un vecchio rincojonito - mi sussurrò - ma io lo protesto... Ma io ne pijo 'n'antro... ". Claudio Mancini, grande direttore di produzione che sempre seguiva Sergio come un'ombra, decise, per prendere tempo, di mandare Fonda a provare i costumi. Neanche dieci minuti dopo, mentre Leone cercava di mettersi in contatto con l'agente e piantare un casino, la porta della sartoria si aprì e, in luogo del vecchietto che l'aveva varcata, magicamente uscì fuori l'Henry Fonda di sempre.

S'era calcato in testa lo Stetson e aveva indossato quel costume nero aderente che poi avrete visto nel film. Ma quello che era quasi incredibile era che s'era raddrizzato e senza un'ombra di trucco di scena s'era tolto vent'anni di dosso.

A Cla', er costume! Recupera er costume"
Alla fine di uno dei primissimi giorni di riprese di C'era una volta il West, Al Mulock si suicidò, gettandosi dalla finestra della sua stanza nel residence spagnolo, ancora con addosso il costume di scena.

Claudio Mancini, che fu tra i primi ad accorrere in soccorso dello sventurato, mi raccontò che, mentre era chino sull'attore ormai esanime, si sentì nell'orecchio un imperioso sussurro: "'A Cla', er costume! Recupera er costume...". Era Leone, che si preoccupava anzitutto di riprendersi il celebre spolverino dell'attore. Il giorno dopo infatti fu utilizzata una controfigura, ovviamente di spalle o nei campi lunghi.

In moviola, quando Sergio cercava di montare la sequenza gli mancava sempre un'inquadratura con un primo piano del suicida. "'Sto stronzo... - ringhiava Leone - non se poteva ammazza' ventiquattr'ore dopo?". Non è che fosse particolarmente arido o spietato. Era semplicemente un regista. Quelli bravi che conosco sono tutti così: il film prima di tutto.

 

sergio leone 1 sergio leoneIL LIBRO DI SERGIO DONATI - C'ERA UNA VOLTA IL WESTEnnio MorriconeCarlo Verdone