MALACULTURA - MENTRE IL BANANA SI SENTE COME IL DUCE, IL SOVRINTENDENTE DELL’ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO ATTANASIO SCENDE IN CAMPO IN PRIMA PERSONA PER DIFENDERE LUISA MONTEVECCHI, LA CURATRICE DELLE LETTERE DI MUSSOLINI ALLA PETACCI ZEPPE DI ABBAGLI E GRANCHI - BARBARA RAGGI SCRIVE A DAGOSPIA: UN LIBRO SCIENTIFICO DIVENTA UN FESTIVAL DI APPROSSIMAZIONE - MA L’ARCHIVIO DI STATO NON DOVREBBE ESSERE SUPERPARTES RISPETTO AGLI STUDIOSI?...

1- LETTERA DI AGOSTINO ATTANASIO AL "CORRIERE DELLA SERA"

Egregio Direttore,
ho letto con il dovuto interesse l'articolo di Enrico Mannucci sul "Corriere della Sera" del 6 dicembre, soprattutto laddove Barbara Raggi, autrice con Pasquale Chessa de ‘'L'ultima lettera di Mussolini'', "fa le bucce" al volume, da pochi giorni in libreria, realizzato per iniziativa dell'Archivio Centrale dello Stato e curato da Luisa Montevecchi (BENITO MUSSOLINI, A Clara. Tutte le lettere a Clara Petacci, 1943-1945).

Come auspicava lo stesso Mannucci, le osservazioni della Raggi sono state chiarite all'Archivio Centrale già nel pomeriggio del 6: tra le riproduzioni proiettate durante la presentazione del volume sono state infatti inserite le lettere con i "refusi" indicati dalla Raggi e si è potuto così vedere, senza ombra di dubbio, che dalla penna di Mussolini è uscito "cassetto" e non "castello", "aviere" nella lettera del 10 ottobre 1943 e "alfiere" nella lettera del 9 aprile 1944, "tenebra" nella lettera del 10 ottobre 1943, "tenebre" in quelle del 27 gennaio, 8 aprile e 7 giugno 1944, "nebbia" nelle lettere del 3 e 10 marzo e 8 aprile 1944. Come nella trascrizione della Montevecchi che in questi, e in molti altri casi, non ripete errori altrui.

Con piacere allego, anche per Enrico Mannucci, la riproduzione della lettera in cui compare il "castello" della Raggi.
Distinti saluti
Agostino Attanasio sovrintendente Archivio Centrale dello Stato


2- LA RISPOSTA DI BARBARA RAGGI A DAGOSPIA

Profittando del rilievo benemerito dato alla polemica sugli errori storici e filologici nei libri scritti e curati da Mimmo Franzinelli, riscontrati con acribia da una serie di «letture» di Lauro Grassi, ripresi da un puntuale articolo di Enrico Mannucci sul Corsera dell'11 dicembre, chiedo a Dagospia di rispondere a caldo, in attesa di veder pubblicata la mia conseguente lettera alla direzione del Corriere, alla incauta lettera del sovrintendente dell'Archivio centrale dello Stato Agostino Attanasio al Corriere del 18 dicembre 2011.

Sostiene l'Attanasio di aver fugato ogni dubbio sull'edizione delle lettere di Benito Mussolini edite da Electa per i libri illustrati della Mondadori e curate da Luisa Montevecchi. E se la prende con la sottoscritta per essere intervenuta, in quanto autrice del saggio storico sulle lettere inedite fra Mussolini e la Petacci a Salò (pubblicato con Pasquale Chessa per la Mondadori col titolo L'ultima lettera di Benito), nel contesto dell'articolo di Enrico Mannucci.

Nell'occasione avevo spiegato a Mannucci la genesi dell'errore di trascrizione che legge «cassetto» laddove (nel senso di invece) Mussolini aveva scritto «castello». Opportunità di sintesi giornalistica, e anche il rispetto per la pazienza del lettore, hanno limitato il racconto di Mannucci e quindi impedito all'Attanasio di scoprire le ragioni scientifiche che mi hanno portato a indicare il grave abbaglio della sua curatrice.

A quanto pare durante la presentazione il sovrintendente ha mostrato le fotocopie per far vedere a tutti i presenti che Mussolini ha scritto proprio la parola "cassetto" e non "castello". È davvero uno strano modo di dirimere questioni storiografiche: la fotocopia sostituisce l'argomentazione. Se non ci fosse in ballo la serietà di una edizione critica sarebbe una barzelletta, come quella ascoltata tante volte nei corridoi dell'Archivio.

Si racconta infatti che un trascrittore delle lettere di Filippo Turati abbia, in tempi remoti, indicato un misteriosissimo signor «Ciau» come autore di un appunto a una delle missive del deputato socialista. Scovato da un altro archivista, più versato nell'interpretazione. Ciau infatti è il piemontese per ciao: non esisteva alcun corrispondente ma un saluto in dialetto. Quisquilie, come quel «laddove» usato per «là dove» scappato dalle dita... Errore veniale o licenza letteraria?

Così qui per stabilire se Mussolini abbia scritto «cassetto» o «castello» occorre interpretare il contesto in cui la lettera è stata scritta. Il Duce risponde a una lunga missiva di Clara (In Fondo Petacci, fascicolo21 foglio 09), sempre preoccupata degli affari di famiglia. Il marchese Armando Boggiano, allora sposato con Miriam Petacci, si era visto sequestrare dal governo Badoglio tutti i beni in quanto frutto di illeciti arricchimenti e ne reclamava - al regime di Salò - la restituzione.

Prima dell'intervento di Clara su Mussolini, Boggiano aveva avuto un inconcludente incontro con Buffarini Guidi, ministro degli interni della Repubblica. Di ciò Clara chiede conto, tracciando - per inciso - un ritratto al vetriolo del suo potente amico. Impossibilitato a rientrare nelle sue proprietà Boggiano si era rivolto alla moglie perché parlasse con la sorella che, a sua volta, doveva ricorrere ai buoni uffici del "Capo" in persona. Chiarito il contesto, non ha senso che Mussolini risponda, come pretende l'archivista di Attanasio: «Questo lo dimentica anche tua sorella, la quale crede che io possa aprire o far aprire un cassetto senza procedure di sorta. Tutto ciò non può che essere fatto che da un tedesco, al quale io non posso dare ordini, ma semplici raccomandazioni».

È arcinoto che Salò era un governo quasi fantoccio, dominato dai potentati nazisti ma non al punto tale da costringere il Duce a chiedere permessi per l'apertura dei cassetti. E soprattutto di quali scrivanie!

Ancora più dirimente è la questione sottesa al dibattito sollevato per primo da Lauro Grassi dell'Università di Milano sui numerosi errori che infestano le diverse edizioni dei diari falsi e delle lettere vere di Benito e Clara.

L'edizione sponsorizzata dall'Archivio centrale delle lettere di Mussolini ha i requisiti scientifici richiesti a un testo che dovrebbe essere definitivo? Si tratta, come scrive Attanasio nell'introduzione, di un'edizione scientifica? Le regole della comunità scientifica degli storici sono severe al riguardo.

Le edizioni critiche sono complete, eventuali parti omesse si segnalano in nota dove si devono spiegare i motivi dell'omissione. Le parole incomprensibili non si trascrivono ma una nota segnala quante sono. Se esistono dubbi su un'interpretazione - o per lettura della grafia o per contesto - se ne deve dare conto al lettore, sempre in una nota. Di regola si lasciano nomi e parole abbreviate così come nell'originale.

Solo in nota è permesso sciogliere le abbreviazione segnalando possibili diverse interpretazioni spiegando da quale fonte viene la lezione adottata. Se ci sono allegati alla corrispondenza si dice quali sono, se si tratta di lettere si trascrivono o si motiva il perché della cancellazione. Di norma le edizioni critiche sono utilizzate dagli studiosi in luogo degli originali, per questo sono tanto difficili da editare e da curare. In questo specifico caso ancora di più perché, fino alla scadenza dei 70 anni, le lettere di Mussolini non sono liberamente consultabili.

Quando si tratta di un epistolario, l'edizione critica prevede la stessa cura per le missive del corrispondente - se citate o trascritte è tassativo indicare il numero di parti omesse rispetto all'originale.

Una particolare severità e completezza è poi richiesta all'intero apparato critico delle edizioni scientifiche - dalla prefazione fino all'indice dei nomi. Invece l'edizione dell'Archivio centrale dello stato è un festival: non si sa come abbia saputo Attanasio del progetto per affidare a De Felice la cura delle lettere; la compagna mai sposata, sebbene madre dei suoi figli, di Marcello Petacci, Zita Ritossa, non solo diventa Rita Zitossa - e potrebbe trattarsi di un banale refuso, poi ripetuto nell'indice dei nomi - ma viene definita con la qualifica di moglie.

Lo status anagrafico non è una banale svista tipografica. Non si comprende perché non sia stata pubblicata la caricatura presente nel retro di una delle lettere del duce - in fondo questo è un volume illustrato. O perché si sia scelto di sciogliere nel testo le due lettere una "a forma di gomitolo" e una " a forma di quadrato". Il senso visibile di quelle lettere è non solo nella sequenza ma testimonia tutto il malessere psicologico di Mussolini, ben oltre lo scritto.

Da ultimo - in attesa di far rientrare la polemica in ambito scientifico con più ampia dimostrazione degli errori e delle omissioni - il ricercatore dell'Università di Genova e di Milano Lauro Grassi che ha scoperto gli innumerevoli abbagli, vere e proprie papere storiche di Mimmo Franzinelli, resta da capire a quale titolo abbia risposto Attanasio alle critiche rivolte alla curatrice del volume. Non ci sembra allora sbagliato e nemmeno così illogico preoccuparsi degli aspetti meno chiari di questa polemica. Come ha fatto «Dagospia» il 6 dicembre.

Non è forse giusto chiedersi, per avere una risposta, «se non ricada in pieno conflitto di interessi un libro le cui prefazione è del sovrintendente, la cura della funzionaria a cui sono affidati gli archivi privati, le introduzioni storiche dei due membri del comitato scientifico dello stesso Archivio»?

«À suivre» come si leggeva nei romanzi d'appendice!

Barbara Raggi

 

PASQUALE CHESSA - BARBARA RAGGI - L ULTIMA LETTERA DI BENITOLUISA MONTEVECCHI - A CLARA - TUTTE LE LETTERE DI MUSSOLINI A CLARA PETACCI PASQUALE CHESSAPASQUALE CHESSAClaretta Petacci, amante del Duce Mussolini - in costume al mareI CORPI DI BENITO MUSSOLINI E CLARETTA PETACCIPETACCI e MUSSOLINIPasquale Chessa - Copyright Pizzi