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“LAEFFE”, LA TV CON L’ERRORE MOSCIA VERSO LA CHIUSURA? LERNER NON LO GUARDA NESSUNO, DOCUMENTARI E FILM D'AUTORE NON BASTANO: PER LA RETE DEL GRUPPO FELTRINELLI PERDITE PER 6,5 MILIONI - A FORZA DI PARLARE DI ECOSOSTENIBILITÀ PUÒ SFUGGIRE LA SOSTENIBILITÀ DEI BILANCI...

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Francesco Specchia per “Libero Quotidiano”

 

LaEffe (o laffe, la grafia è vezzosa, come tutto il resto...), è la bella tivù di Feltrinelli, il melting pot culturale che si staglia, nella sua bellezza, sul canale 50 del digitale terrestre. Ma siccome come diceva Thomas Mann «la bellezza può trafiggere come un dolore», può anche accadere che oggi LaEffe chiuda.
 

Tanto per cadere nei tecnicismi, secondo il quotidiano Mf, il gruppo editoriale sta rincorrendo un ampio progetto di «riposizionamento e sta trattando con le banche il rifinanziamento del debito, 140 miloni a fine 2014. Una delle conseguenze potrebbe essere lo spegnimento della rete (visibile anche sul 139 di Sky), che non riesce a superare lo 0,25% di share giornaliero».

 

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Nel 2014 la tv ha registrato ricavi per 4 milioni di euro e una perdita di 6,5mln, «mentre il fatturato di quest' anno dovrebbe essere pari a 3milioni per un debito negativo di 3/4 milioni». Il management di Feltrinelli sta trattando con le sue parche, ossia le sue banche di riferimento (Unicredit, Intesa Sanpaolo, Bmp-Bnl, Creval e Bpm) per rifinanziare il debito. C' è di peggio in giro, intendiamoci.
 

E, nonostante le fosche previsioni, però, ci sarebbero anche altre due ipotesi per salvare la baracca: o la cessione della numerazione su Dtt - il tasto 50, che una volta ospitava Repubblica Tv- o l' ingresso di un socio che potrebbe essere l' americana Scripps, attualmente presente in Italia con Fine Living, un canale estremamente factual. Dal punto di vista finanziario la situazione è grave ma non è seria. È dal punto di vista editoriale che la situazione è confusa.
 

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LaEffe, l' ultimo rifugio del Gad Lerner giubilato dall' ex socio La7 (Gad, di LaEffe, è direttore editoriale) è davvero una bella tv, nata per esaltare l' immenso e storico patrimonio culturale della casa editrice; ottima grafica, regia ricercatissima, contenuti solidi mai trash.

 

Ben 60 film d' autore in tre mesi; i documenatri patinati dedicati a Chaplin, Picasso, Johnny Deep; telefilm classici tratti dai capolavori di Dickens o Lawrence; gli esclusivi viaggi nelle culture del mondo Red (Read, Eat, Dream, il motto delle librerie); giganti del palcoscenico come Marco Paolini che ha riproposto con efficacia i suoi classici da Il Sergente a Il milione che riempivano i teatri e facevano il pienone d' ascolti proprio a La7; le inchieste di Fischia il vento dello stesso Gad.

 

 

Il quale Gad -ad onor del vero- s' era rimesso a fare l' inviato nel ventre del mondo e a rimestare la cronaca nelle sue pieghe più profonde, utilizzando giovani filmaker, e passando dalle parti dei Film Dossier prodotti da Enzo Biagi per la Rai negli anni 80.

LA EFFELA EFFE

 

A LaEffe, per lo spettatore che vi ci inciampi, oggi appare tutto vellutato, garbato: un palinsesto con l' erre moscia, increspato di green, politically correct ed ecosostenibile. Perfino gli spot pubblicitari sono quelli dei panini vietnamiti con pollo e verdure, per dire.

 

Perfino i programmi d' infotainment in collaborazione con le aziende Unipol (viaggi), Eni (eccellenze italiane) o Ottica Salmoiraghi («guardare il mondo con occhi diversi», geniale...) che da qualsiasi altra parte del piccolo schermo potrebbero apparire markette, su LaEffe risultano ben strutturate opere di product placement e di branded content.

 

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LaEffe è chic. Forse troppo, alle volte. LaEffe riesce a piazzare un vaporoso discorso di Baricco o un viaggio nella New York del village e dello shopping alternativo in preserale, incurante delle tonnellate di tv pop che i concorrenti, alla stessa ora, scaricano sulle spalle di Bonolis, di Insinna o di Carlo Conti. Che però fanno un botto d' ascolti.
 

Davvero, alta qualità, LaEffe. Se David Frost alla Bbc diceva «la tv è coma la cacca, si fa ma non si guarda», a LaEffe è tutt' uno sguardo d' insieme delle proprie produzioni. Il problema è che tutta questa bellezza costa.

 

I picchi di share in day time - come le ricette di Jamie Oliver- allo 0,7% , o i grandi designers, o i geni del food che portano in dote «35mila followers su Twitter o 300mila fan su Facebook» non reggono però all' urto delle note spese. La share media, appunto, a 0,25%, poco più di metà delle attese della vigilia tra 0,4% e 0,45% disegna una tv sì elegantissima ma di ipernicchia, che ha puntato troppo su un pubblico colto, laureato, soprattutto progressista per non dire Dem. Un pubblico teoricamente big spender.
 

Che, però, in tempo di crisi, diversifica gli investimenti; e, se proprio deve aprire il portafoglio per una tv «alta», si butta su La7 di cui LaEffe è il fratellino minore. Ripeto: la tv di Feltrinelli è tecnicamente inappuntabile. I bei programmi che in molti vorrebbero avere.

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Ma, in un contesto d' Auditel in cui pubblicitariamente non si tiene ancora conto dei social e degli spettatori «liquidi» e non si ha la forza di Sky, a forza di parlare di ecosostenibilità può sfuggire la sostenibilità dei bilanci...

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