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Pierluigi Battista per il “Corriere della Sera”
C'era una volta il mondo amato da Giampiero Mughini, quello in cui i libri stavano su un trono, venerati e idolatrati; quello in cui la carta stampata non aveva ancora «perso il suo status di regina della comunicazione di conoscenze e di emozioni». C'era il tempo che Giampiero Mughini rievoca e descrive nel suo nuovo La stanza dei libri pubblicato in questi giorni dall'editore Bompiani.
GIAMPIERO MUGHINI - LA STANZA DEI LIBRI
C'era un mondo tutto diverso da quello in cui ci è dato di vivere nel nuovo millennio. Un mondo di lettori accaniti, di bibliofili, di bibliomani. Di bibliomani come Giampiero Mughini, che tra i libri, nell' odore dell' inchiostro, tra scaffali, scatoloni pieni di volumi trasportati nei traslochi, stanze interamente ricolme di libri ha trascorso tutta una vita.
«Oggi che la bruciante e fulminea immaterialità della comunicazione digitale esercita il suo imperio illimitato», come scrive l'autore, quel mondo è consegnato ai ricordi e alla narrazione, appunto il cuore emotivo e intellettuale di un libro che reca come sottotitolo qualcosa che assomiglia a un'imprecazione, a un'invettiva contro i nostri tempi: Come vivere felici senza Facebook, Instagram e followers. Scrive Mughini: «Lo so di essere fuori del tempo. Ne sono felice». Imprecare contro i social è fuori del tempo, sicuro. Sicuri però di doverne essere così felici?
In questo suo libro c'è tanto dolore, piuttosto. Chi conosce Mughini sa con quanta acribia, con quanta passione, con quanta maniacale ostinazione, con quanta ossessiva perseveranza il bibliomane, il bibliofilo, l'amante dei libri che ne ha coltivato e continua a coltivare una devozione assoluta, come nemmeno i personaggi di Elias Canetti, abbia accumulato nel tempo la sua preziosa collezione di volumi pregiati, di prime edizioni, di esemplari introvabili.
«Avrete già sentito parlare di persone che si sono ammalate per la perdita dei propri libri», ha scritto Walter Benjamin in uno strepitoso, minuscolo saggio intitolato Disfo la mia biblioteca, ripubblicato di recente dalla casa editrice Elliot in una collana curata da Antonio Debenedetti. Ecco, il collezionista Mughini si è davvero ammalato per i suoi libri perduti.
Anzi, ammalandosi decise di perdere i suoi libri, la sua formidabile collezione di testi del Futurismo accumulati in anni e anni di inseguimenti, di ricerche, di appostamenti, conservati come icone sacre. Ma è difficile per chi non ha vissuto nel tempo del libro «regina» immaginare come sia stato intenso e patologico l'attaccamento per i libri consumato quando Internet non era stato ancora inventato. Nel 2013, racconta Mughini, «le cose della mia vita mi apparivano talmente del colore dell' inchiostro che decisi di vendere una collezione di libri che avevo accanitamente costruito in oltre trent' anni di ricerche spasmodiche».
Una perdita atroce, uno staccarsi violento da una parte fondamentale di te. Testi tastati, annusati, in un rapporto quasi fisico di compenetrazione e di simbiosi. Poi custoditi nei cassetti, «appollaiati» sugli scaffali di una biblioteca nata quando Mughini, ancora ragazzo a Catania, riempiva le stanze di casa con una quantità indescrivibile di libri. Non libri pregiati, perché a quell' eta non si ha un soldo per inseguire esemplari rari e costosi. Ma palestre di lettura e di possesso, luoghi dello spirito dove si contrae un morbo da cui non si guarirà mai più.
Ci sono molti modi di coltivare una passione smodata per i libri. E Mughini, nelle sue interviste private agli amici e ad altri sodali del ristretto circolo dei lettori compulsivi, letteralmente non si capacita come mai la sua passione collezionistica non sia materia da condividere con tanti di noi.
Ma la malattia dei libri può presentare altri quadri sintomatici. C' è chi ama i libri al punto di volerli massacrare, spiegazzandone le pagine, infestandole di glosse e sottolineature, facendo le «orecchie» dove si vuole tornare per gustare passaggi particolarmente suggestivi e ammirevoli. C'è chi ama i libri acquistandone quantità smisurate, per poi tenere intatti i volumi, perennemente imprigionati nel cellophane.
Il collezionismo è una di queste forme, forse la più onerosa. Forse la più malata, se la sofferenza di Mughini che si strappa di dosso l'amore dei testi futuristi ha un qualche senso, e se il masochismo autolesionistico ha pure un qualche misterioso e morboso rapporto con la storia patologica di cui si sta parlando. Ma insomma, la storia della passione dei libri, così incredibile nei tempi che inaugurano il nuovo millennio, è degna di racconto e anche di un omaggio commosso. Il libro di Giampiero Mughini, La stanza dei libri, è questo racconto, è questo omaggio.
Poi tra queste pagine ci sono altre storie, che fanno parte del vissuto del suo autore. Le storie dei ritrovamenti di volantini e del materiale originale che ha segnato la vicenda cruenta del terrorismo italiano degli anni Settanta: non libri pregiati, ma la storia materiale, bassa, non nobile ma vera di un pezzo così importante del nostro passato, nemmeno così lontano cronologicamente, eppure sideralmente lontano dal punto di vista delle emozioni collettive. C' è, tra le righe, l' eterna questione di come ordinare, disporre razionalmente, catalogare, decrittare le biblioteche di casa, con quali schedari, con quali criteri, con quali parametri emotivi e concettuali insieme. Ordine alfabetico? Ordine tematico?
Divisione per case editrici, per autore, distinguendo saggistica e narrativa? E si ritroveranno, i libri di cui andiamo in cerca? O passeremo ore di disperazione per averli smarriti in quell' oceano di carta che grava sugli scaffali? Storie antiche, di altri tempi, del Novecento. Nessuna nuvola virtuale, nessun catalogo immateriale riuscirà a replicarne le emozioni.
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