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Valerio Cappelli per il "Corriere della Sera"
«La decisione è presa - dice Enrico Lucherini - lascio il cinema, mi rifugerò in qualche fiction. Sono stanco, ho 80 anni, alle riunioni sono il più grande, per non dire il più vecchio». Il 12 ottobre il re dei press agent verrà celebrato all'Ara Pacis con la mostra intitolata Purché se ne parli. Attore mancato, ha inventato lui 54 anni fa il suo mestiere: «Ma in fondo, quando invento certe cose ho continuato a recitare».
Ha lanciato Il Gattopardo e Occhio per occhio prezzemolo e finocchio: «Erano gli anni 80, si girava poco d'altro. Io non mi vergogno di nulla, ogni film è come un figlio. L'idea di questo mestiere mi venne dalla foto di Gilda sul bombardiere a Hiroshima: la bellezza atomica. E poi da Silvana Mangano in Riso amaro, i calzoncini aderenti, le calze nere rotte, divenne il simbolo del film anche se la protagonista non era lei.
Sophia Loren, dopo i film a Hollywood, per La Ciociara voleva un cambio d'immagine: materna. Eravamo in Ciociaria, come vedeva una donna con un bambino si faceva la foto insieme. Mi disse: che cosa ti ricordi di Roma città aperta? La drammatica corsa finale di Anna Magnani. Ecco, bene. Per il lancio de La Ciociara voglio il sasso che tiro agli americani e la bambina appena violentata in fondo alla strada».
Lei ha detto che i nuovi divi sono i registi. «à una parola che agli attori non piace. Valerio Mastandrea è uno dei più bravi attori ma non sarà mai un divo. Gabriel Garko in tv è bello come un divo americano e infatti gira la fiction su Rodolfo Valentino». Lucherini ha «brevettato» le lucherinate: «Non ho fatto mai gossip, tranne per Florinda Bolkan. Avevo letto che Liz Taylor era in clinica, feci uscire una foto di quattro mesi prima: Florinda ballava con Richard Burton, il marito della Taylor. Dissi che Liz vedendo quella foto ebbe un malore e fu ricoverata. Io invento per aiutare i film».
Scherza con l'acqua e col fuoco: «Sandra Milo in Vanina Vanini aveva una parrucca bionda, le avvicinammo un candelabro e la feci bruciare cercando la complicità di Rossellini, che si rifiutò. Così andai dall'attore, Laurent Terzieff... E in Rebecca gridavo alla Melato tra le fiamme: Devi morire! Ricordo Il mare di Patroni Griffi, con l'accetta ruppi una barca; Umberto Orsini, in cappotto, d'inverno, finì in acqua.
Poi Agostina Belli in Sepolta viva. Lei affogata, la vestaglia appiccicata alla pelle, molto erotica. Volevo esagerare, andammo al Policlinico. Non sapevo che in ambulanza ti fanno un'iniezione di valium. Lei disperata: la siringa no. E io: la siringa sì. Ero spesso al limite del fermo di polizia». Ha cominciato nel 1958: a teatro con D'amore si muore, al cinema con La notte brava di Bolognini: «C'erano Elsa Martinelli, la Schiaffino, la Lualdi, la Ferrero... Tutte in acqua».
Catherine Spaak le ha dato molte soddisfazioni: «In Adulterio all'italiana lo stilista Forquet la vestì con un filo di perle intorno al corpo. Al muro notai un chiodo a cui impigliammo l'abito. Rimase nuda. Poi ci fu la famosa scena di lei ancora nuda, ricoperta da banconote di 10 mila lire, per La noia di Damiano Damiani. La Spaak era l'attrice emergente». Oggi abbiamo Belén: «Meteore. Ha mangiato Aida Yespica. Tra un anno avremo un'altra venezuelana che mangerà Belén».
Buttiamo giù una classifica. L'abbaglio: «Nicole Kidman. Aveva fatto Un'australiana a Roma di Sergio Martino, mi sembrava una scopa con i capelli ricci alla Branduardi, un mostro. C'era Massimo Ciavarro che era il n.1 dei fotoromanzi, ebbero un filarino». La più maleducata: «Madonna. Per Evita si fece aspettare quattro ore». La più capricciosa: «Scarlett Johansson, scartò le suite di quattro alberghi». La più scostante: «Catherine Deneuve. Ma lei non voleva vedere gli amici italiani di Mastroianni». Il mistero: «Quando Nicoletta Braschi non recita accanto al marito, Roberto Benigni, è brava».
Le invenzioni più geniali. Il Gattopardo: «A Cannes c'era un circo, sedammo un leopardo e lo fotografammo con Visconti, Lancaster e la Cardinale. Sotto il vestito niente: «Si parlava di droga e discoteche. Gli stilisti ci odiavano. Alla prima a Milano pensai alle sedie con scritto Armani, Versace, Ferrè, Krizia. Rimasero vuote. Scandalo. Solo che non erano stati invitati».
Perché lascia? «Ogni attore o comparsa ha il suo ufficio stampa personale, l'uomo filtro che combina solo guai. Non hai più il rapporto diretto. Si è tutto americanizzato, non c'è più il cuore. Vedo i miei soci, Gianluca, Benedetta, che sono diventati più bravi di me, piegati tutto il giorno davanti al computer. Non fa per me». Il garbo geniale delle lucherinate, altri tempi.
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