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Giampiero Mughini per Dagospia
Caro Dago, appunto perché sono "un uomo" e non un delinquente da quattro soldi mai e poi mai nella mia vita ho fatto "commenti sessisti" oppure ho tollerato che qualcuno li facesse in mia presenza. Sto rispondendo a quanto ha scritto stamane acutamente il mio amico Mattia Feltri, il quale ha sottolineato la differenza tra la "colpa" che è sempre "individuale" e la "responsabilità" che può essere "collettiva", nel senso che tu lasci passare una cultura che finisce col favorire le azioni più infami.
Nei confronti del genere femminile mi ascrivo senz'altro delle "colpe", ad esempio la risolutezza con cui chiusi un rapporto sentimentale nei miei vent'anni, una circostanza in cui mancai di garbo e di sensibilità nel dire a una donna meravigliosa che il nostro rapporto era finito. Ancora oggi me ne vergogno.
Per il resto ho imparato assieme all'arte di respirare che alle donne si cede il passo e che non vanno sfiorate neppure con un mignolo. Con un'eccezione. Mollai un ceffone in volto con la mano sinistra (la destra me l'avevano sfracassata i Crs parigini del maggio 1968) a una mia "ex" che s'era presentata a casa mia con l'intento specifico di insultarmi e offendermi. Insultarmi e offendermi a freddo, era montata a casa mia esattamente con questo intento e solo con questo intento. Altre cento volte mi trovassi in quella specifica e determinata situazione, altre cento volte mollerei il ceffone.
Così come mi è intollerabile il ricordo - tanti anni fa - di una mia vecchia amica che era venuta a cena da me, ci conoscevamo da tanti anni, rimanemmo a conversare su un divano, io e lei eravamo in quel momento single, io un istante feci il gesto di avvicinare di qualche centimetro il mio volto al suo, lei mi oppose una o due dita, io a velocità del lampo mi ritrassi. Continuammo a conversare finché non l'accompagnai all'auto che lei aveva parcheggiato sotto la mia casa romana di via della Trinità dei Pellegrini.
Salvo poi sentirmi dire al telefono da una giornalista che ci conosceva entrambi che aveva saputo che io ci avevo "provato" con la ragazza che era venuta a casa mia, e che invece io avevo trattato con i guanti bianchi. Voglio dire che lei se l'era subito rivenduto a un'estranea quel che era accaduto a casa mia e che era un fatto strettamente privato, privatissimo, che apparteneva per intero al nostro rapporto e soltanto a quello e che non andava sbandierato in un modo o in un altro a chicchessia.
Se in quell'occasione ho provato disprezzo per le "donne"? Ma nemmeno per idea, solo per quella donna con tanto di nome e cognome (e che ovviamente non rivelerei neppure sotto tortura). Solo per quella "persona". Perché non esistono gli "uomini" e le "donne" e bensì soltanto le "persone". Tizio, Caio, Giuseppina, Ester. Alcuni miliardi di "persone".
TUTTI NOI
Mattia Feltri per la Stampa
Ho letto o sentito molti scrittori, commentatori o miei evoluti amici, spesso di destra ma non sempre, ribellarsi all'idea di portare una quota di colpa, per essere maschi, nell'assassinio di Giulia Cecchettin.
Né dunque di portarne per qualsiasi altro femminicidio: io, dicono, nulla c'entro con un criminale farabutto, non ho mai mollato un ceffone a una donna, mai le ho detto di stare zitta, credo nella parità e la pratico ogni santo giorno. E poi, aggiunge qualcuno, estendere la responsabilità a tutti i maschi rischia di relativizzare quella dell'assassino.
Non è un dibattito banale e viene da lontano. Penso di non sbagliare se attribuisco l'origine del concetto di "responsabilità collettiva" a Hannah Arendt. Naturalmente lei si riferiva alla Shoah, ma l'ha formulato in modo che fosse applicabile in altri casi e altri tempi. C'è profonda differenza fra "colpa individuale" e "responsabilità collettiva". La colpa è per forza individuale e individuali le conseguenze, soprattutto penali.
Ma la "responsabilità collettiva" è politica, e ognuno deve assumersela, anche per quello che non ha fatto, per la semplice ragione di appartenere a un gruppo o a una società. E cioè – la rilettura è mia – sono sicuro di essere irreprensibile? Non ho mai discriminato una donna? Non ho mai pronunciato battute da caserma? O ridacchiato a battute altrui? Non ho mai formulato commenti sessisti? E se a tutte queste domande la risposta è mai, quanto ho fatto perché gli altri la piantassero, o perché le cose andassero meglio? Questa è la responsabilità collettiva, e se non c'è, non c'è collettività (o, se preferite, nazione).
giampiero mughini al grande fratello 2MUGHINIgiampiero mughinimughini al grande fratello
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