DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Curzio Maltese per “Il Venerdì di Repubblica”
È difficile appassionarsi al caso Floris per chi da anni guarda soltanto i monologhi di Maurizio Crozza, spesso esilaranti, a volte geniali, e subito dopo cambia canale o va al cinema.
Per il resto, Ballarò è un programma a tesi, noiosissimo, in cui un conduttore piazzato dalla vecchia nomenclatura del Pd cerca di indirizzare per due ore e passa il dibattito in studio, con la solita compagnia di giro, in modo da dimostrare alla vecchia nomenclatura del Pd che ha fatto bene a piazzarlo lì.
Nonostante questo, bisogna riconoscere che per anni Ballarò ha avuto successo (ora un po’ meno), per tanti motivi: dalla passione nazionale per la chiacchiera vacua e retorica, alla forza della rete, Raitre, identificata da metà degli italiani come baluardo di resistenza antiberlusconiana. Con una versione molto leggera delle passate Samarcande, il soldato Floris ha comunque incassato negli anni del regime televisivo berlusconiano il «voto» di un pubblico di sinistra orfano di Santoro e disgustato dal vespismo dilagante.
Ora andrà a La 7 dove guadagnerà più del doppio e farà la metà e forse meno di spettatori perché la concorrenza è forte e agguerrita (il Santoro vero, Mentana e Gruber, più Formigli e Paragone) e il suo azionista di riferimento, D’Alema e compagni, è passato di moda. Amen.
Più che il destino di un presentatore, è interessante considerare quello del servizio pubblico. In tutta Europa il nuovo potere politico tende a sbarazzarsi delle tv pubbliche, fonti di enormi seccature per i conducenti, in nome dei tagli allo Stato sociale. Esistono piani di privatizzazioni in Germania, Spagna, Francia, Gran Bretagna.
In Italia la questione è meno urgente perché la Rai è uno zerbino dei partiti. Tuttavia si può intravvedere già un piano concreto. Raitre, l’unica rete con un profilo di opposizione e contro informazione, è stata svuotata dalla gestione Vianello e avviata a incarnare un modello di rete pubblica con bassi ascolti e minimo indice di pericolosità politica. Raiuno e Raidue sono ormai reti commerciali indistinguibili da Canale 5 e pronte a essere messe sul mercato, fra gli applausi dei cittadini, giustamente stufi di pagare il canone per produrre spazzatura.
Una volta trovato l’accordo sotto o sopra il banco con Berlusconi, si può dunque procedere alla televendita, magari cominciando dalle risorse industriali (Raiway). Gli attuali vertici Rai, del resto, erano stati nominati dai bocconiani di Monti proprio con questa missione. Bye-bye, servizio pubblico. Pochi lo rimpiangeranno, ma intanto la libertà d’informazione è sempre più messa all’angolo.
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