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1. DAGONEWS
La mannaia sugli stipendi avrebbe eccitato la voglia del vice direttore generale Antonio Marano a girare i tacchi e traslocare presso Mediaset, dicono...
2. LA MANNAIA DI RENZI SULLA RAI
Paolo Conti per il Corriere della Sera"
La proposta è stata del direttore generale Rai, Luigi Gubitosi, e il Consiglio di amministrazione ha approvato: il tetto deciso dal governo di 240 mila euro annui agli stipendi delle aziende pubbliche verrà applicato anche a viale Mazzini. La riduzione riguarderà non solo la presidente Anna Maria Tarantola ma anche lo stesso Gubitosi e altri 43 dirigenti e top manager dell'azienda e delle consociate: direttori di rete e testata che superano quel tetto.
Tra loro, solo per fare qualche esempio, il vicedirettore generale Antonio Marano o l'ex direttore generale Lorenza Lei e attuale presidente di Rai pubblicità , il direttore di Raiuno Giancarlo Leone, il direttore del Tg1 Mario Orfeo, il direttore di Rai Sport Mauro Mazza. Augusto Minzolini è l'unico giornalista dirigente sopra i 500 mila euro, ma adesso è in aspettativa in Parlamento e non percepisce compensi dalla Rai.
La misura è stata votata «in via precauzionale». Il calcolo non sarà facile, perché il tetto di 240 mila euro comprende la retribuzione ma anche i benefit, come l'auto aziendale. Fino al tardo pomeriggio di ieri si era parlato di una autoriduzione volontaria dei dirigenti. In realtà c'è stato un voto del Consiglio.
In Rai, secondo i dati recentemente forniti dal direttore generale Luigi Gubitosi in commissione di Vigilanza, dei 300 dirigenti (incluso proprio Gubitosi che percepisce 650 mila euro) tre guadagnano oltre i 500 mila euro, uno tra i 400 e i 500 mila euro, quattro tra i 300 e i 400 mila euro, trentaquattro tra i 200 e i 300 mila euro, centonovanta tra i 100 e i 200 mila euro, sessantotto sotto i 100 mila euro. L'azienda ha comunque deciso di chiedere adeguati pareri legali per poi procedere in futuro.
La decisione del Consiglio è in qualche modo una contromossa dopo le polemiche dichiarazioni del presidente del Consiglio Matteo Renzi, apertamente polemiche nei confronti della tv pubblica. Proprio ieri ha ribadito: «Se c'è da partecipare alla ripresa del Paese non è che possiamo chiedere sacrifici ai senatori, alle province, ai manager e alla Rai no».
Ma il presidente del Consiglio dovrà fare i conti con un fronte trasversale ostile al taglio di 150 milioni di euro al bilancio Rai, da versare allo Stato per la spending review. In Senato sono stati presentati emendamenti diversi ma tutti finalizzati a bloccare il provvedimento governativo: Pd, Lega, Forza Italia e Movimento 5 Stelle. Due emendamenti firmati da senatori del Pd (primo firmatario Francesco Russo) e della Lega chiedono l'immediata soppressione dell'articolo.
Movimento 5 Stelle e Forza Italia puntano alla soppressione con la sostituzione di altre misure economiche. Un altro emendamento Pd, primo firmatario Salvatore Margiotta, propone di sostituire il taglio di 150 milioni con il 50% del recupero dell'evasione del canone, valutato intorno ai 500 milioni di euro.
Anche Sel ha presentato un emendamento in questo senso perché il taglio dei 150 milioni viene valutato, come ha spiegato la senatrice Loredana de Petris, «un taglio lineare volto a rendere più debole il servizio pubblico anche in termini di correttezza e oggettività dell'informazione».
In più, il presidente della commissione di Vigilanza Rai, Roberto Fico, del Movimento 5 Stelle ha annunciato battaglia in Parlamento contro quella che lui definisce «la svendita di Raiway», cioè del sistema di torri che distribuiscono il segnale Rai lungo la Penisola. Infine l'«Espresso» in edicola oggi parla di tre differenti inchieste, una dell'Antitrust e due della Procura di Roma, che starebbero facendo luce su possibili sprechi della tv di Stato.
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