
DAGO-CAFONAL! - DAI FRATELLI WARNER DI HOLLYWOOD AI FRATELLI D’ITALIA DI CINECITTÀ, IL CIAK È A…
FIUMI DI PAROLE ALL’ARISTON – MATTIOLI: "E SE L'ALLUVIONALE DURATA DELLE SERATE DEL SANREMONE FOSSE L'ENNESIMO SINTOMO DELL'INSOPPORTABILE LOGORREA NAZIONALE? INUTILE ACCUSARE SANREMO O RICORDARE CHE CON BAUDO ANDAVA PURE PEGGIO. LA COLPA NON È DEL FESTIVAL, MA DEGLI ITALIANI. LA COLPA DI QUEST'INCONTINENZA VERBALE VA RICERCATA IN QUELLA CATASTROFE CHE È STATA L'ABOLIZIONE DEL…"
Alberto Mattioli per "la Stampa"
E se l' alluvionale durata delle serate del Sanremone fosse l' ennesimo sintomo dell' insopportabile, insopprimibile, inarrestabile logorrea nazionale? Il festival è lo specchio dell' Italia (e viceversa) anche per la pessima abitudine di usare due parole quando ne basterebbe una o, come nel caso dei testi del programma, meglio ancora sarebbe stare zitti. All' Ariston tutti parlano, parlano, parlano.
Amadeus e Fiorello, ospiti e controspiti, tutti, tranne i cantanti che sono zittiti dall' emozione e devono conservare il loro fiato (poco, si direbbe ascoltandoli) per la canzone, la tirano in lunghissimo. E allora monologhi fluviali come quelli di Shakespeare, ma purtroppo scritti molto peggio, introduzioni e divagazioni che non finiscono più, spiegazioni di bizantina complessità.
Di conseguenza, la scaletta si allunga più della Grande Muraglia, le serate diventano nottate, le classifiche arrivano alle due del mattino e il povero Nicola Savino, che conduce il Dopofestival, si lamenta che il suo orario sembra quello di UnoMattina. All' una e un quarto del mattino di ieri, mentre tramortiti attendevamo Zarrillo per il definitivo colpo di grazia e di sonno, zac!, a tradimento ecco l' omelia di una collega del Tg1 sulla libertà di stampa e la lettera di un' altra alle sue figlie, argomenti ovviamente indispensabili per qualsiasi festival della canzone. «Parole, parole, parole», cantava Colei che aveva capito tutto e lo ha cantato meglio di chiunque altra.
Inutile accusare Sanremo o ricordare che con Pippo Magno andava pure peggio (per Baudo, qualsiasi spettacolo di durata inferiore alle cinque ore è uno spot). La colpa non è del festival, ma degli italiani. La sintesi non è esattamente una caratteristica nazionale. E' l' Italia chiacchierona dove si dice «problematiche» invece di problemi (d' accordo, sono solo cinque lettere sprecate, ma da moltiplicare per i nostri infiniti problemi) e un presidente del Consiglio «avvia interlocuzioni» con Pinco e Pallino invece semplicemente di parlare con loro, o meglio ancora scrivere, e dove chiunque ti racconta «quella che è la situazione» invece di raccontarti direttamente la situazione, e stop. Tornasse a visitarlo Goethe, parlerebbe del Paese dove fiorisce il blablabla.
Al solito, la colpa di quest' incontinenza verbale va ricercata in quella catastrofe che è stata l' abolizione del latino nella scuola dell' obbligo. Avrebbe abituato tutti a non sprecare il fiato e le parole, a usarne il minimo necessario, ad andare al sodo, a essere logici, chiari e sintetici. Meno monologhi e più versioni (soprattutto Tacito, ovviamente).
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