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Francesco De Dominicis per "Libero quotidiano"
Qualcosa non torna nella presunta truffa tentata ai danni della banca del Papa. Una storia - quella battuta l'altra sera dalle agenzie di stampa, ma «vecchia» di quasi tre settimane - che si pone al confine tra il grottesco e il giallo. E ancora non è chiaro quale delle due ipotesi sia da preferire. I fatti: alle 19.45 di sabato scorso filtra la notizia di un «colpo» sventato allo Ior (Istituto per le opere di religione). Sui giornali di domenica, titoli a caratteri cubitali con parole a effetto: «stangata», «maxitruffa», «truffa del secolo» e giù di lì.
Secondo le indiscrezioni riportate dalle agenzie, due persone sono state fermate e consegnate alle autorità italiane perché avrebbero voluto depositare una mega somma di denaro, addirittura 2.800 miliardi di euro in vari titoli finanziari, su un conto Ior per poi, si dice, ottenere linee di credito o qualcosa del genere. Una stangata progettata con sofisticati strumenti di ingegneria finanziaria? Macché: è roba che nemmeno Totò e Peppino quando cercavano di vendere la Fontana di Trevi di Roma nel mitico Totòtruffa del 1962. Di là dai paragoni con film che hanno mezzo secolo di vita (e ancora fanno ridere), sono almeno quattro le questioni poco chiare sull'imbroglio al Torrione di Niccolò V, in relazione alle quali vale la pena porsi più di un interrogativo. Tutto questo mentre Papa Francesco è alle prese con una complessa opera di rinnovamento delle finanze vaticane.
1. Le norme antiriciclaggio. Come sono stati presi - e poi affidati alle Forze dell'ordine italiane - i due truffatori dello Ior? Si trattava, anzitutto, di un olandese (Zvonko Bardik) e un americano (Owen Thomas Lennon), conosciuti su scala internazionale per svariati tentativi di truffe bancarie. Pizzicati dalla Gendarmeria della Santa sede, sono stati immediatamente consegnati alla Guardia di finanza. Il coinvolgimento delle autorità della Penisola è previsto dai Patti lateranensi, ma da Oltretevere hanno tenuto subito a far sapere che il colpo era stato sventato per i perfetti meccanismi delle norme vaticane antiriciclaggio. Il contrasto al denaro sporco, però, non ha nulla a che vedere con questo caso, tant'è che in Italia la denuncia è scattata «semplicemente» per falso e truffa. Restano un paio di dubbi. Chi ha «invitato» dentro i Sacri palazzi Bardik e Lennon? E ancora: siamo di fronte a complicità interna o è un trappolone su misura studiato a tavolino per altre ragioni?
2. Le cifre in ballo. Affidati alle cure delle Fiamme gialle, Bardik e Lennon sono stati trovati con valori di varia natura per un importo complessivo che, come accennato, sfiorava i 3mila miliardi di euro. Vuol dire una volta e mezzo l'ammontare del debito pubblico italiano. Non proprio un versamento di ordinaria amministrazione, insomma. Ma chi vuole rifilare una fregatura, magari ci prova con cifre più contenute, quanto meno per sperare di passare inosservato, no?
3. I tempi. Il «colpo» risale, dunque, all'11 marzo. Il lasso di tempo intercorso tra l'accaduto e la divulgazione della notizia, spiega una fonte, è legato alle formali autorizzazioni e agli adempimenti dell'autorità giudiziaria del nostro Paese. Agli addetti ai lavori, però, non è sfuggita una singolare coincidenza: giovedì scorso, cioè 48 ore prima, il tribunale di Roma, nell'archiviare l'indagine sull'ex presidente dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi, ha rimarcato alcune lacune sugli attuali presidi antiriciclaggio in Vaticano. Una risposta faceva comodo.
4. Gli obiettivi «mediatici». Il colpo sventato perciò rappresentava una occasione d'oro da sfruttare proprio sul piano dell'immagine. Non a caso, esponenti delle autorità italiane coinvolte rivelano che la «valorizzazione mediatica» stesse particolarmente a cuore alla Gendarmeria vaticana.
PS. Ieri è scaduto il termine, previsto dallo Statuto, entro il quale il direttivo dell'Aif (l'autorità antiriciclaggio vaticana) avrebbe dovuto approvare il bilancio 2013, la relazionesull'attività svolta e il rapporto riservato destinato alla Segreteria di Stato. Non solo non sono stati rispettati i tempi, ma il nuovo presidente, il vescovo Giorgio Corbellini, in carica da due mesi, continua a non occuparsi dell'Aif. à così che gli sceriffi sono diventati, di fatto, «fuori legge».
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