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leonardo da vinci michelangelo buonarroti 4
Bruna Magi per “Libero quotidiano”
Incarnano il top della genialità del nostro Rinascimento, Leonardo da Vinci e Michelangelo Buonarroti, e in vita furono agli antipodi. Il primo era bello, seducente, elegante, tutto damaschi e pellicce, amava stare in mezzo alla gente, persino quando dipingeva il Cenacolo nel refettorio del convento di Santa Maria delle Grazie non disdegnava di scendere dall'impalcatura per chiacchierare con gli ammiratori, a partire da Lodovico il Moro, signore di Milano, del quale era anche intrattenitore di corte.
leonardo da vinci michelangelo buonarroti 2
Michelangelo era brutto, sporco e cattivo, girava per le strade ricoperto dalla polvere del marmo e, mentre stava realizzando il David, aveva addirittura eretto un muro per stoppare l'accesso a chiunque, classificando come rompiscatole l'umanità intera.
Leonardo diceva che le figure scolpite dal rivale esibivano muscoli somiglianti a sacchi riempiti di noci o di ravanelli, insensibile all'altissima poesia dei suoi raffinati sonetti. Michelangelo ribatteva che Leonardo si faceva condizionare da "quei caponi di milanesi", lombardi teste dure. E in occasione di un raro incontro nelle strade di Firenze erano volati insulti reciproci.
LE CRITICHE
l ingegno e le tenebre di roberto mercadini
Erano due opposti che si detestavano ma si compensavano, come racconta con magistrali sfumature Roberto Mercadini, autore di un volume tanto barocco quanto capillare, L'ingegno e le tenebre (Rizzoli, pag.333, euro 18,50). Affollato di molti altri personaggi che fluttuano nell'etere dell'arte e della letteratura (Machiavelli con la sue radiografie del potere e il Vasari narratore di uomini eccelsi), intelletti chiamati a raccolta, scultori e pittori (Botticelli, Raffaello, Mantegna, Pietro Vannucci detto il Perugino), mecenati (i Medici e gli Sforza), principi e papi (i Borgia e i Della Rovere, che scontro epocale) ognuno ambasciatore di un "proprio" Rinascimento, tutti ingaggiati per fungere da luminescente corollario ai due titanici protagonisti.
Raccontare Leonardo e Michelangelo significa anche scavare nell'invidia e nel senso di competizione, ineluttabili cardini del mondo creativo: anzi, da fattori negativi, in questo ambito si trasformano in trampolini di lancio verso la bellezza dell'assoluto, diventando elementi positivi. Perché, si legge nella quarta di copertina «Erano un tempo e un luogo, quelli, in cui il destino di un individuo sapeva disegnare traiettorie serpeggianti, estrose e del tutto imprevedibili. Era l'Italia del Rinascimento».
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Uno scontro significativo fra i due geni ebbe luogo a Firenze, nel 1503, quando a Leonardo venne proposto di affrescare una parete della Camera del Consiglio, a Palazzo della Signoria, con la battaglia di Anghiari, vinta da Firenze contro Milano nel 1440, mentre a Michelangelo proposero di fare la stessa cosa proprio su quella di fronte, con la battaglia di Cascina, vinta contro Pisa nel 1364. Michelangelo disprezzava Leonardo per la sua mondanità, e perché non terminava mai le opere.
leonardo da vinci michelangelo buonarroti 1
Secondo lui era poco professionale, inaffidabile, perché si occupava di troppe cose, non solo di pittura, passava dall'utopia di volare ai canali navigabili, dalle macchine da guerra agli studi sul corpo umano, e persino al giardinaggio. Come se Michelangelo non si rendesse conto, accecato dall'invidia, della stupefacente genialità del rivale (riducendolo a un confusionario), in realtà precursore dei nostri tempi: ingegnere idraulico, meccanico e bellico, geologo, botanico, studioso di ottica, il primo a capire, da anatomista, che il centro del sistema sanguigno non era il fegato, come credevano allora, ma il cuore. E per descriverlo, dice Mercadini, usa una metafora "vegetale" che è poesia e scienza insieme: "il core è i' nocciolo che genera l'albero delle vene".
leonardo da vinci michelangelo
IL DAVID OSCURATO
Ma Leonardo non era da meno nel rilanciare la palla come nel gioco del tennis (allora si chiamava pallacorda), lui era invidioso della gioventù di Michelangelo (oltre vent' anni di meno) e già famoso. E pure seccato della sua cultura, anche religiosa. La gelosia di Leonardo si era manifestata alla grande quando, facendo parte della commissione di artisti che doveva decidere la collocazione del David, anziché condividere il parere di molti che indicavano piazza della Signoria come sfondo ideale per tale prorompente bellezza, suggerì la Loggia, e dentro una nicchia con la scusa di proteggere un marmo particolarmente fragile. Non riuscì nel suo intento. La spuntò soltanto con una richiesta di ipocrita pudicizia, indegna di un genio: far coprire genitali e e natiche con un gonnellino di ventotto foglie in rame e oro.
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