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Marco Giusti per Dagospia
Avete qualche problema con la globalizzazione e con il declino della lingua? Niente paura, andate a vedere questo misterioso e narrativamente complesso Al di là delle montagne (traduce vagamente il titolo cinese Shan He Gu Ren o quello inglese Mountain May Depart) del celebre Jia Zhang-ke, in concorso a Cannes un anno fa, e vedrete che anche i cinesi, che vediamo così distanti e potenti, hanno gli stessi problemi con la globalizzazione e la perdita di identità culturale.
Quello che il neocapitalismo cinese sta imponendo ai cittadini rischia di radere al suolo proprio ogni differenza linguistica e culturale in un paese ben più grande e complesso del nostro. Il film è diviso in tre parti ben distinte e, curiosamente, la scritta "un film di..." appare solo dopo 40 minuti, imponendo quindi alla prima parte un ruolo di lungo antefatto.
Non a caso è il passato, la Cina del secolo scorso. Siamo infatti alla fine del 1999 e si festeggia il capodanno in quel del Fenyang, dove la bella Shen Tao, cioè Zhao Tao, si divide tra due spasimanti, l'operaio semplice e modesto Liandzi, Liang Jingdong, e il più scatenato e filocapitalista Jinsheng, cioè Zhang Yi. Dovendo decidere chi sposare, la ragazza sceglie quello più ricco e allegro, ovvio, mentre l'operaio, tristissimo, partirà per le miniere della Mongolia. Cose che solo in un film cinese si possono fare.
Questa parte, che è la più tradizionale, gioca con la struttura tipica del melo cinese, ha uno schermo quasi quadrato e una messa in scena molto classica. Passano quattordici anni, è il 2014, e Liandzi torna dalla Mongolia con una moglie triste come lui, un bambino appena nato e un brutto tumore ai polmoni. Non ha neanche i soldi per curarsi.
Ci penserà Shen Tao, che nel frattempo si è separata dal marito, diventato un ricco affarista di Shanghai, che ha portato con se' il figlio, che ha chiamato Dollar e che sta costruendo come cinese del futuro. Alla morte del nonno materno, Dollar torna dalla mamma per il funerale (scena da urlo), ma lo riporterà poi a Shanghai dove lo attende una vita del tutto diversa da quella di provincia.
La terza parte del film, che è anche quella più clamorosa, è ambientata addirittura nel 2025. Dollar e suo padre, diventato mercante d'armi internazionale, vivono in Australia. Non felicemente perchè sembrano aver perso qualsiasi identità e Dollar non solo non sa il cinese, ma sembra aver anche dimenticato la mamma. Perduto in un paese che non è il suo, grazie all'amore della professoressa di cinese, più vecchia di lui, Dollar pensa di ritornare in Cina. Ma che valore ha oggi per lui il suo paese? E cosa gli rimane di tutto il suo passato?
Melo politico che sfiora anche il ridicolo, costruito sulla celebre "Go West" dei Pet Shop Boys, il film di Jia Zhang-ke affonda le sue lame sui pericoli del capitalismo cinese e sulla perdita di identità delle future generazioni. Un problema che dovremmo porci anche noi, visto che gran parte dei nostri figli studiano o vivono all’estero. E il Renzismo italiano è niente rispetto a quello che sembra avvenire in Cina. Già in sala.
AL DI LA DELLE MONTAGNE
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