DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Marco Molendini per Dagospia
Il Festival sbagliato è finito con il rock banale dei Maneskin (poteva finire peggio) e con una brutta canzone che sembra uno slogan dell'Italia di oggi: Zitti e buoni. Uno slogan che accompagna il sospiro di sollievo di Amadeus e Fiorello. Finisce così: sollievo e un filo di rancore perché non è andata come doveva andare.
Non si spiega altrimenti quella uscita di Rosario che, con l'aria di sparare una battuta, non è stato zitto e buono e ha lanciato una fatwa contro la prossima edizione: «Il teatro deve essere pieno di gente, milioni di persone ma vi deve andare malissimo, 5, 6 milioni e vi dovrete chiedere perché». No, non l'ha digerita Rosario e si capisce il perché. Ha dato tutto, e il talento è tanto, ma non ha trovato il bandolo della matassa. E non l'ha trovato Amadeus che, peccando di presunzione, ha provato a fare un festival normale in tempi assai poco normali, accontentandosi del «mi basta Fiorello».
ornella vanoni, fiorello e amadeus
E invece non è bastato, le gag, le battute, i giochini sono svaporati. Come i travestimenti, tanti, troppi. E quando ci si traveste, si sa, spesso è per nascondere la mancanza di idee. Invece bisognava trovare una formula di racconto, non accontentarsi di una sfilata smisurata di canzoni pallide. Ama e Fiore si sono lasciati sedurre dalla prospettiva di avere a disposizione una platea potenziale irripetibile, gli italiani in clausura forzata, e sono andati con il pilota automatico, immaginando di essere in grado di sollevare l'umore generale per il solo fatto di esserci. Ma per sollevarlo, l'umore, ci sarebbe voluto qualcosa così potente da essere capace di smuovere il macigno che ognuno di noi ha sullo stomaco e sulla testa.
Certo, hanno ricevuto tanti no, quelli arrivati via via da Celentano, Benigni, Jovanotti, Naomi Campbell, antipasto del no di quei milioni di italiani ai domiciliari che hanno scelto di fare altro piuttosto che ubriacarsi del nulla di tante canzoni da non ascoltare. Un lotto smisurato affidato a una pletora di concorrenti, 26 (e una decina senza arte né parte potevano tranquillamente restare a casa), un errore musicale e televisivo che ha contribuito in buona misura al fallimento del Festival delle grandi aspettative, allungando il brodo a dismisura.
Sanremo, così, ha perso ogni senso di sacralità (che misteriosamente e irrazionalmente ogni anno ripropone) inzeppando le sue estenuanti maratone di ospiti d'onore raccolti col criterio del c'è posto per tutti. Ecco perché invece di crescere il Festival si è ristretto (poco conta se la finale in parte ha recuperato un po' di terreno).
E ora Fiorello e Amadeus girano i tacchi e abbandonano la nave, la palla resta alla Rai che ha sbagliato i conti. Dovrà trovare un nuovo nocchiero disposto a rischiare per il Festivalone e non sarà facile, perché non sarà facile fare i conti con il passato.
E poi chi ci sarà al posto dell'Ama ter dovrà sapere che non potrà contare sul solito pronto soccorso di Fiorello ospite d'onore che, negli anni passati, ogni volta che si era affacciato all'Ariston aveva trascinato folle osannanti (e questo è stato un altro errore da parte di Rosario, maestro nel negarsi: trasformare l'eccezionalità delle sue apparizioni in routine). Non sempre si può vincere, come diceva ieri sera il colosso di Sanremo, Ibrahimovic, spogliandosi ma non troppo del proprio narcisismo.
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