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Andrea Scanzi per "Il Fatto Quotidiano"
Le Olimpiadi, una lunga carrellata di campioni, eroi per caso, figli di un Dio minore, finiscono oggi. Ecco l'alfabeto di Londra 2012.
A come Alex Schwazer. La grande delusione, il grande peccatore. Autodidatta (dice lui) dell'Epo, emblema - straziato e straziante - del campione che si stanca anzitempo di gloria e routine. Ha sbagliato, pagherà . Ma il massacro di cui è stato vittima fa pensare. E mette paura. Nelle sue lacrime c'è una dignità a cui troppi sono ormai disabituati.
B come Badminton. Preso a esempio di sport "inutile", teatro di una delle combine (Cina) più fantozziane della storia. Chi ha dubbi sulla sua portata spettacolare, vada a ricercarsi gli smash di Lin Dan (oro nel 2008 e una settimana fa). Cambierà idea.
D come David Lekuta Rudisha. Keniota. Senza avversari che dettassero il ritmo negli 800, si è trasformato in lepre di se stesso. Abbattendo il record.
E come Elisa Di Francesca. Un anno fa diceva: "Sono più forte di Valentina Vezzali". Era vero. Dopo l'oro nel fioretto, andrà in Africa a fare volontariato. Antidiva. Di raro fascino.
F come Feck, Stephan. Forse il vero eroe di Londra 2012. Il suo tuffo - 3 metri - ha spopolato su Youtube. Durante il salto ha quasi mancato il trampolino, poi ha disunito braccia e gambe, quindi la schienata violentissima. Rischiando l'infortunio grave. Eliminato con ignominia (zero spaccato). Zimbellato dalla Rete. Tieni duro, Stephan.
G come Gay, Tyson. Splendido centometrista. Ma a Pechino 2008 arrivò infortunato, a Londra ha mancato il podio per un centesimo. Scalzato da Justin Gatlin, rientrato da 4 anni di squalifica per doping. Quando non va, non va.
H come Help. Il grido d'aiuto del nuoto italiano, uscito malissimo da questi Giochi.
I come Ivan Ukhov. Sgraziato, capellone, fricchettone. La corsa di un facocero, la grazia di uno Yeti. Poi lo vedi saltare e vince l'oro (2,38 metri). Al Meeting di Losanna, quattro anni fa, si presentò ubriaco perso. Quando non si allena prende 20 chili per colpa della birra, "poi faccio pesi e in due mesi li smaltisco". Il George Best del salto in alto. Talento puro.
J come Jamaica. Velocità affar suo: nuovo record del mondo nella 4x100. Che fosse un bel Paese, sano e di solidi principi, si era già capito con Bob Marley.
K come Kirghizistan. La nazione peggio pronunciata.
L come Liu Xiang. Favorito nei 110 ostacoli, a Pechino (era l'eroe nazionale) come a Londra. In entrambi i casi, si è infortunato. La sfiga ci vede benissimo anche in Cina.
M come May, Fiona. Volto Sky. Ã in Italia da decenni, ma continua a parlare l'italiano come Shel Shapiro.
N come Niccolò Campriani. Oro e argento nella carabina. Simbolo di quei campioni di cui si parla poco e male.
O come Oliva, Patrizio. Da una parte elogia "furbizia" e scorrettezze dei pugili italiani, dall'altra si lancia in un'arringa violentissima contro Schwazer. Una delle poche cose sbagliate da Sky.
Q come Quarto posto. Ti alleni per una vita e ti ritrovi una medaglia di legno. Per pochi millesimi, per un errore o per una giuria discutibile. Sadismo olimpico. Chiedere, tra i tanti, a Tania Cagnotto.
S come Scherma. Inesauribile serbatoio delle glorie italiche. C'è chi ha il Dream Team nel basket e chi nel fioretto. L'importante è averlo.
T come Taekwondo. Due medaglie, Mauro Sarmiento e Carlo Molfetta, per l'arte dei calci in volo. In Corea del Sud è sport nazionale. In Italia neppure poi così di nicchia.
U come Usain Bolt. Fulmine, guitto, fenomeno. Oro nei 100, nei 200 e nella staffetta ieri sera. Tre medaglie d'oro, come quattro anni fa. L'atleta-evento.
V come Volley. Continua la maledizione. Se la generazione di fenomeni non seppe vincere ad Atlanta 96, e l'oro sfuggì pure ad Atene, non poteva certo ottenerlo qui. Rimane un grande torneo e oggi sfida alla Bulgaria per il bronzo.
W come Wei, Lee Chong. Ha perso la finale di badminton a Pechino e Londra, sempre contro lo stesso avversario. Gloria malesiana, eterno secondo. Argento fisso.
X come pareggio. Che coincide con il bilancio olimpico italiano: niente trionfo, ma neppure fallimento.
Y come Yuri Chechi. Il commentatore (Sky) più spietato. Matteo Morandi vinceva il bronzo e lui amplificava i piccoli errori (Morandi non ha gradito). La Ferrari anelava al podio e lui grandinava sulle rivali ("Faceva schifo"). Ha infierito sugli ex colleghi come il sergente Hartman su Palla di Lardo.
Z come Zero. La percentuale di italiani che hanno capito la differenza tra fioretto, sciabola e spada.
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