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Giampiero Mughini per www.huffingtonpost.it
La mia amica Elenca Stancanelli ha scritto oggi elegantemente a favore della decisione di dare a ciascun nascituro il doppio cognome, e quello del padre e quello della madre. Nella situazione invalsa sino a oggi, lei scrive, dov’è andata a finire l’identità della madre e per quanto possibile svelata dal suo cognome? Il tema è per me dolorosissimo perché io in un certo senso ho “tradito” mia madre col fatto di accampare tutte le volte che potevo una rassomiglianza a mio padre, al suo stile di vita e di lavoro, alla determinatezza che metteva in ogni cosa che faceva, alle poche ed essenziali parole che diceva nelle situazioni le più complesse.
giampiero mughini casa museo muggenheim
Lo ricordo muto e in attesa che io uscissi dall’aula della mia seduta di laurea, i cui studi mi aveva interamente pagato. Lo ricordo muto - lui che era stato il numero due del Partito nazionale fascista a Catania e che dietro la sua scrivania di lavoro teneva una foto di Mussolini giovane - mentre al ristorante io stavo guardando in estasi un cameriere che era venuto a salutarlo, ed era un momento in cui i camerieri di quel ristorante erano entrati in sciopero contro il proprietario. Io gli chiedevo il perché e il percome dello sciopero, e papà restava in silenzio.
All’uscita del ristorante mi si rivolse così: “Sei tu un settario. Quel tipo che stavi guardando in estasi era una manganellatore e io lo avevo fatto espellere dal Partito nazionale”. Sì, io sono felice e orgoglioso di portare quel suo nome, da quanto mi piaceva il suo stile, la sua essenzialità, la sua lealtà alle persone e al lavoro. Alla sua morte il quotidiano leader a Catania riempì un’intera pagina con il cordoglio di quelli che avevano conosciuto mio padre e gli dicevano addio.
giampiero mughini casa museo muggenheim
C’è qualcosa dello stile di mio padre che è come se lo avessi impresso sulla pelle, ed era lo stesso stile che avevano i miei due fratelli Lanfranco e Beppe (figli di mio padre ma non di mia madre). Sì mi ci sento appieno nel chiamarmi “Mughini” e non “Battiato Mughini” come sarebbe stato se avessi preso anche il cognome della famiglia di mia madre. Lo so, lo so che nel dir questo la sto “tradendo”. No, non certo rinnegando.
A rendervi più completo il quadro, vi dirò che nonno Battiato s’era iscritto al partito comunista clandestino nel 1940, e quella sua tessera io la tengo sulla mia scrivania. A un certo punto lo arrestarono anche, e mio padre brigò per farlo uscire. Dietro la sua scrivania il nonno teneva i calchi in gesso delle immagini di Marx, Lenin, Gramsci e Stalin. All’indomani del discorso di Kruscev al XX congresso del Pcus, tolse l’immagine di Stalin. Ma non è questo, è che il suo stile a me non diceva molto.
mughini ospite a che tempo che fa
Era uno stile in sintonia con la per me insopportabile retorica meridionale, sì era quello purtroppo. A sentirmi chiamare “Battiato”, mi tornerebbe in mente quella retorica. Beninteso io volevo molto bene al nonno, che si separò dalla nonna quando era vicino ai settant’anni. Certo che gli volevo bene. Ricordo quando al Centro universitario cinematografico venne ad abbracciarmi dopo che io avevo concionato a favore del cinema muto sovietico, un me stesso che se lo ascoltassi oggi mi verrebbe un crepacuore.
E mia madre? Ecco, lo sento e lo sento come una colpa che io nel reame della mia memoria la tenga un gradino o forse due al di sotto di quello che lei meritava. Quando a furia di frequentare il me stesso sinistroide dei miei vent’anni, lei aderì entusiasticamente al Pci mantenne quel tratto di “retorica” meridionale che era del nonno. Non dovrei dirlo, lo so che a questo modo sto bestemmiando quel che è stato davvero mia madre e ne traggo un’onta che mi trafigge. L’onta nata nel momento in cui decisi di abbandonare Catania a ogni costo, e lei rimase nel letto della casa dove avrebbe vissuto da sola gli ultimi trent’anni della sua vita.
Noi figli siamo tutti in debito con i nostri genitori, ma il mio debito con mia madre è immane e non cessa. Ti sto bestemmiando, madre, perdonami. Solo che chiamarmi “Battiato Mughini” non avrebbe avuto alcun senso, almeno per me. Nessuno. Io mi sento “Mughini”. E’ l’unico tratto “maschilista” che ho, ma è profondo. Madre, te ne chiedo perdono in ginocchio.
GIAMPIERO MUGHINI
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