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Irene Soave per il “Corriere della Sera”
«Biblioteche, esami, studi umanistici. Non è il nostro futuro. Noi? Organizziamo feste». Chissà se il trailer-manifesto dei giovanissimi clubber di We are your friends , produzione Warner in arrivo con Zac Efron e Emily Ratajkowski, cita volontariamente il passaggio di La febbre del sabato sera dove Tony Manero, al suo capo che gli suggerisce di «risparmiare per il futuro» risponde «per me il futuro è stasera: c’è una bella camicia che mi voglio comprare».
Di certo, quel che La febbre del sabato sera è stato per la disco anni 70 non ha finora avuto un equivalente per la musica che fa ballare i nati dopo il 1980, l’edm (electronic dance music): termine-ombrello che indigna i puristi, ma che raggruppa più o meno tutta la musica messa da un dj, in uno spettro di sottogeneri da Avicii a Calvin Harris. Finora: perché sulla vita dei dj, invece, è in arrivo un’ondata di film e serie tv.
Ultrapop — come sul versante pop dell’elettronica è il brano del 2006 da cui prende il titolo — è We Are Your Friends, al cinema dal 17 settembre: protagonisti Efron nei panni del dj e l’immancabile party girl Ratajkowski (già seminuda nel video di «Blurred Lines» di Robin Thicke), in una specie di versione dance di The Social Network , con villa in California, esordi in piccolo e soldi facili, ma dove a cercare fortuna al posto dei giovani startupper c’è un collettivo di dj.
«L’elettronica, specie la più dance, è sempre più difficile da ignorare», spiega Simone Cogo, in arte Sir Bob Cornelius Rifo, dj italiano dei più quotati — per il suo progetto, ora solista, Bloody Beetroots e la sua nuova identità artistica, Sbcr, con cui quest’estate gira i club europei — «se non altro per il giro d’affari che genera: 6,2 miliardi di euro l’anno in tutto il mondo. E le altre forme culturali si adeguano: anche eventi di matrice rock come Coachella hanno preso una piega elettronica».
Più patinato — in concorso al Sundance 2015 e a Toronto — è Eden , della danese Mia Hansen-Løve, ora nei cinema europei: è (anche) la storia dei Daft Punk, che nel film compaiono più volte, dagli esordi nelle periferie di Parigi (e con altro richiamo, chissà se involontario, allo stesso Tony Manero di cui sopra, quando la ragazza del protagonista dj gli fa notare «Non hai l’acqua calda ma hai camicie Paul Smith», e lui risponde: «Priorità»).
«Con mio fratello Sven, dj», ha raccontato la regista al Guardian , «ci siamo accorti che non c’erano film che prendessero sul serio il clubbing. Volevamo farne uno che ne mostrasse anche gli aspetti più prosaici». Come le droghe di cui è costellato il film; e che in tutta questa vague di «electro-movies» sono un ubiquo protagonista-ombra, alla cui presenza si allude soprattutto molto.
Come in «Higher» («strafatto»), serie sul mondo dell‘elettronica annunciata da Hbo già nel 2014 e ora «in progress»: a produrla ci sono Will Smith e Jay-Z, e a scrivere la sceneggiatura il dj più pagato al mondo, Calvin Harris, e lo scrittore di Trainspotting Irvine Welsh.
O nel cartoon (non proprio per bambini) «Major Lazer», ambientato non a caso in Giamaica, trasmesso negli Usa sul circuito Fox, e online su iTunes. Protagonista lo «stupefatto» supereroe Major Lazer; che è anche l’alter ego con cui il dj Diplo ha firmato tre album (a Peace is the Mission , uscito a giugno, collaborano Ariana Grande e Elle Goulding).
E proprio come i supereroi, i dj al cinema si moltiplicano: Sony ha annunciato una commedia romantica, I’m in love with the dj , che dovrebbe dirigere Rachel Goldenberg («Funny or Die»); Warner ha acquistato i diritti della storia (vera) di Tatiana, dj cubana transgender. E via dicendo. «Il genere», continua Sbcr, «coinvolge tanti, dai diciassettenni che ascoltano dance agli over 35 che amano suoni più rarefatti». E a quasi trent’anni da quando il clubbing esordiva come subcultura — con i primi rave a Londra e New York — se n’è accorto anche il cinema.
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