
DAGOREPORT - L'ARDUO COMPITO DI SERGIO MATTARELLA: FARE DA ARBITRO ALLA POLITICA ITALIANA IN…
1- Ã COSÃ SICURO DE BORTOLI CHE CE LA FACCIAMO ANCHE DA SOLI SENZA GLI ACQUISTI BCE?
C'è un giornalista famoso che nelle ultime due settimane ha preso a parlare e a scrivere delle autentiche omelìe.
à Flebuccio De Bortoli, il direttore del "Corriere della Sera" dalla capigliatura pendula che senza avere l'intenzione di tirar fuori dalla valigia la superiorità morale (come invece fanno i colleghi di "Repubblica") rischia di diluire la sua prosa in respiri di nostalgia.
L'intenzione è di stirare e sturare le orecchie alla classe dirigente del Paese, convinto com'è che il ciclo del berlusconismo sia esaurito e si debba voltare pagina. Due sabati fa al Workshop di Cernobbio queste cose Flebuccio le ha dette con un'orazione pacata e ferma che ha preso di petto lo sguaiato teatrino e il "troppo avanspettacolo" del governo rispetto al quale ha invocato "qualche voce autocritica, qualche sincera confessione perché è auspicabile in questo disgraziato ma bellissimo Paese si ragionasse sul neofeudalesimo irresponsabile e stucchevole".
Parole sante che sulle rive del lago di Como sono state accolte da un diluvio di applausi. E ieri Flebuccio sulle colonne del suo giornale ha firmato un altro articolo carico di emozione che sicuramente ha fatto piangere le mamme dei precari ai quali nelle stesse ore il Papa ha indirizzato un vibrante messaggio di solidarietà . L'omelia di Flebuccio, che aveva per titolo "Ce la facciamo (anche da soli)", non ha avuto la stessa accoglienza tra i pochi economisti che riescono a raccapezzarsi nel crollo di queste ore e non credono al "tagliando alla crescita" che Giulietto Tremonti ha promesso per fine settimana.
A leggerlo bene l'editoriale del 58enne giornalista milanese non è un inno alla gioia, ma gronda di un ottimismo esagerato e di un'immensa carica di orgoglio. Ed è proprio all'orgoglio che fa appello quando si chiede se gli acquisti da parte della BCE dei nostri titoli siano "davvero indispensabili a un Paese che conserva in molti settori grandezza e prestigio". Qualche dubbio ce l'ha anche lui quando, dopo aver snocciolato i 1.800 miliardi di debito pubblico, si chiede: "se vivessimo in un Paese normale, il governo domani direbbe alla BCE grazie per tutto quello che avete fatto per noi, ma da oggi costi quel che costi facciamo da soli".
Che questo sia un sussulto di dignità nazionale lo scrive lo stesso De Bortoli, e così suona inevitabilmente di fronte a una situazione nella quale si dà per scontato il default della Grecia e la fine dell'euro. Questa mattina alla prima ora l'Istat ha buttato fuori i dati sulla produzione industriale che segnano una diminuzione dello 0,7 rispetto al mese di giugno.
A questi bisogna aggiungere gli appuntamenti con le aste dei Btp che cominciano domani e la mina vagante di Berlusconi che pur di evitare i magistrati se ne va a Strasburgo mentre Giulietto Tremonti è "psicologicamente" latitante.
Ora c'è da chiedersi perché De Bortoli che per due volte (2003-2009) è ritornato sulla plancia del "Corriere della Sera" usi questi toni curiali facendo ridere gli analisti di mezzo mondo. à vero che la storia - come scriveva quell'allegrone di Elias Canetti - mette le corna ai potenti, ma questo non impedisce di parafrasare i toni del povero Napolitano e perdersi in liturgie orgogliose che con il dramma della nostra economia lasciano il tempo che trovano.
2- NAGEL E ARPE, DUE CONTRO: MEDIOBANCA DARÃ SEMAFORO VERDE ALL'INGRESSO DEL GIOVANE ROTTWEILER DENTRO LA NAVE SFASCIATA DI PONZELLINI?
Alberto Nagel, il pallido banchiere milanese che ha raccolto l'eredità di Cuccia, Maranghi e Geronzi, sta vivendo ore piuttosto agitate.
Sulla scrivania di questo bocconiano di 46 anni c'è il dossier rovente di Bpm, la banca di Massimo Ponzellini che dopo la strigliata di venerdì scorso in Bankitalia dovrà decidere sull'inevitabile aumento di capitale.
Mediobanca guida il consorzio che deve garantire il collocamento di un importo intorno ai 900 milioni, che il mercato stenterà a digerire considerandolo insufficiente rispetto alle esigenze e ai travagli della banca di Ponzellini. E qui si apre il capitolo doloroso per Nagel di accettare l'intervento finanziario di Matteuccio Arpe che con 200 milioni in mano scalpita dalla voglia di ritornare nel gioco delle grandi banche nazionali.
I due personaggi si conoscono nelle virtù e nei difetti, entrambi grondano di supponenza e della freddezza che hanno collaudato all'origine della loro carriera in Mediobanca. Nagel, un anno dopo la laurea alla Bocconi (la madre di tutti i sapientoni), è entrato in Mediobanca come un semplice funzionario, poi nel '98 è diventato direttore centrale, ma il salto di qualità l'ha fatto nel luglio 2007 con la nomina a consigliere delegato.
Quando entrò nel tempio di Piazzetta Cuccia Arpe già vi lavorava da quattro anni grazie a un funzionario di nome Giorgio Drago che gli chiese il curriculum e infilò il giovanotto di 22 anni nel dipartimento finanza come impiegato di concetto.
In un'intervista del settembre 2008 all'amica giornalista Milena Gabanelli (con la quale conserva ancora oggi un dialogo utile) Matteuccio rivela che il suo primo stipendio fu di 1 milione e 200mila lire, ma quando uscì da Mediobanca ne guadagnava 420, un compenso che gli fu moltiplicato per 10 nel nuovo posto di lavoro in Lehman Brothers.
Adesso è inevitabile che il pallido Nagel ritorni con la memoria al periodo della convivenza con Arpe e alle frizioni che portarono quest'ultimo a rompere i rapporti con Maranghi e a battere altre strade. Per un gioco della sorte le strade dei due bocconiani si incrociano, ma nessuno è ancora in grado di scommettere se Mediobanca darà semaforo verde all'ingresso del giovane rottweiler dentro la nave sfasciata di Ponzellini.
L'unica cosa certa - e su questo Dagospia ci mette la mano - è che i due non si parlano e che solo la Banca d'Italia potrà scongelare le obiezioni alla cavalcata di Matteuccio. Sabato su "Repubblica" è apparso un pesante articolo di Alessandro Penati (il Penati buono, non quello che sta distruggendo il Pd) dove l'economista mette il dito sul conflitto di interessi che toccherebbe Arpe dal momento "che presiede e controlla un fondo di private equity e un'altra banca italiana, Banca Profilo".
Francamente l'obiezione sul conflitto di interessi alla quale Penati aggiunge dati poco esaltanti e arbitrari sulla gestione di Banca Profilo, appare molto discutibile perché mette a confronto due realtà diverse come Bpm (banca retail) e banca Profilo (specializzata nel private equity). C'è insomma il sospetto che l'invocazione di Penati a "commissariare" la banca di Ponzellini pur di impedire l'arrivo di Arpe, sia stata ispirata da una manina pallida e priva di nostalgia.
3- LE SPERANZE DI BERNABÃ E COMPANY SU PARISI PRESIDENTE DI CONFINDUSTRA DIGITALE
Domani Stefano Parisi avrà il suo battesimo ufficiale dentro Confindustria dove prima dell'estate è stato eletto Presidente di Confindustria Digitale, l'Associazione che riunisce le aziende di telecomunicazioni, informatica e media.
L'appuntamento è per le 15 in via Mercanti presso il palazzo dei Giureconsulti, dove l'ex-amministratore di Fastweb ha convocato i big delle nuove tecnologie. Per il manager romano questa sortita è importante e le sue intenzioni sono espresse in un documentino all'acqua di rose di 5 pagine che è stato inviato preventivamente con il titolo "Piano strategico e operativo".
Di fronte si troverà la schiera dei cinque vicepresidenti della nuova Associazione tra i quali Ossama Bessada di Wind, Renato Soru, il giovane Marco Tripi e Oscar Cicchetti in rappresentanza di Telecom. L'azienda di Franchino Bernabè è pronta a buttare sul tavolo il peso del malessere che Franchino ha espresso nei giorni scorsi con giri di parole riprese dal "Financial Times" ("se si cambia la manovra ogni settimana vuol dire che non c'è una visione chiara degli interessi generali che il governo vuole rappresentare").
La palla per una azione di lobby consistente ritorna quindi nelle mani di Stefano Parisi, l'uomo che nel 2000 fu scelto da Antonio D'Amato per dirigere Confindustria, e che dovrà da subito le sue capacità .
Le aziende di Confindustria Digitale si aspettano che il manager Parisi sappia infilare nel "tagliando alla crescita" del governo gli interessi di un settore che si batte da anni per un paese più moderno.
4- AURELIO REGINA SI Ã MESSO L'ANIMA IN PACE PERCHÃ HA CAPITO DI NON AVERE ALCUNA CHANCES NELL'IMMINENTE BATTAGLIA PER LA SUCCESSIONE AD EMMA MARCEGAGLIA: LUIGINO ABETE STA TIRANDO LA VOLATA AL COMPAGNO DI MERENDA DIEGUITO DELLA VALLE
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che Aurelio Regina, il Presidente degli Industriali romani, è volato in Tunisia dove si tratterrà fino a domani sera.
Insieme a lui viaggia una delegazione di imprese laziali che oggi visiterà i parchi tecnologici di Tunisi e avrà un incontro presso la Banca Africana di Sviluppo. Regina (per gli amici "Gattobaleno") si è messo l'anima in pace perché ha capito di non avere alcuna chances nell'imminente battaglia per la successione ad Emma Marcegaglia. Gli sgomitamenti di Luigino Abete, che sta tirando la volata al compagno di merenda Dieguito Della Valle, lo hanno costretto a fare un passo indietro in attesa che nel futuro organigramma gli venga riconosciuta una sorta di vicepresidenza".
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