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LA NEOLINGUA DELLA BOLDRINI E IL RIBALTAMENTO DELLA REALTÀ - GIOVANNI SALLUSTI: ''NEL SURREALE CINEMA MONTATO CONTRO MATTIA FELTRI, 'LIBERTÀ DI STAMPA' SIGNIFICA 'OBBLIGO DA PARTE DELLA STAMPA DI PUBBLICARE QUALUNQUE CONTENUTO GLI VENGA INVIATO DA UN ESPONENTE DEL POTERE POLITICO', MENTRE 'SCELTA EDITORIALE', SE PER LEI NEGATIVA, DIVENTA 'CENSURA'. E IL CAPOVOLGIMENTO VIENE AVALLATO DAL PRESIDENTE DELL’ORDINE DEI GIORNALISTI VERNA CHE RIESCE A…''

 

Giovanni Sallusti per Dagospia

* autore del libro ''Politicamente Corretto - la dittatura democratica'' - Giubilei Regnani editore

 

POLITICAMENTE CORRETTO GIOVANNI SALLUSTI

Caro Dago,

uno dei modi d’agire caratteristici del Politicamente Corretto sta nel continuo, indefesso, sistematico affinamento del marchingegno noto come “neolingua”. Con le parole di colui che battezzò il vocabolo/concetto per descrivere il taroccamento totalitario del linguaggio, George Orwell: “Fine specifico della neolingua non era solo quello di fornire un mezzo espressivo che sostituisse la vecchia visione del mondo e le vecchie abitudini mentali, ma di rendere impossibile ogni altra forma di pensiero”.

 

Ebbene, oggi la neolingua praticata dai Buoni vuole convincerci delle seguenti definizioni, anzi vuole spacciarcele per assiomi, ovvietà del (non) senso comune, per “rendere impossibile ogni altra forma di pensiero”. “Libertà di stampa” significa “obbligo da parte della stampa di pubblicare qualunque contenuto gli venga inviato da un esponente del potere politico”. “Scelta editoriale”, se si manifesta come scelta sbagliata, ovvero scelta sgradita al suddetto potere politico, significa “censura”. “Giornale” significa “buca delle lettere a disposizione del potere politico”. Manca l’esplicito “libertà è schiavitù” orwelliano, ma ci arriveremo.

 

VITTORIO E MATTIA FELTRI

Si spiega solo con una massiccia operazione di “neolingua” del genere, infatti, la polemica più che surreale, vien da dire tecnicamente surrealista, che trascina la realtà in una sua caricatura allucinata, montata contro l’Huffington Post e il suo direttore, Mattia Feltri, da un quadro per eccellenza della nomenclatura politically correct, l’ex presidente della Camera e attuale deputata piddina (ma soprattutto paladina di qualunque causa femminista, ambientalista, variamente e correttamente “-ista” secondo il luogocomunismo dominante) Laura Boldrini.

 

L’onorevole Boldrini è titolare di un blog sull’Huffington Post. L’onorevole Boldrini invia un pezzo per codesto blog. Il direttore Feltri (Mattia, lo preciso con la solidarietà di chi rischia sempre il frainteso cognome) si mette in testa, udite udite, perfino di fare il direttore, di esercitare le funzioni che connotano il ruolo, e di decidere con l’autonomia di cui ogni testata dovrebbe godere rispetto al potere politico (in Occidente, ma ultimamente dalle parti politiche boldriniane tira il “modello Cina”) di non pubblicare l’onorevolissimo pezzo. La motivazione è del tutto irrilevante, o questa sovranità è riconosciuta alle testate e ai loro direttori, o non esiste libera stampa.

LAURA BOLDRINI SI INGINOCCHIA IN PARLAMENTO PER GEORGE FLOYD 1

 

Viceversa, è l’ex presidente di Montecitorio (perdoni, “presidenta” non riesco proprio a scriverlo) a montare un cinema indignato sulla sua “libertà di parola” violata, omettendo il lievissimo dettaglio che Feltri non ne ha ospitato l’opinione sul proprio giornale, mica le ha impedito di esprimerla, tant’è che la stessa ha trovato subito cittadinanza sul Manifesto, è il bello capitalista della concorrenza, di cui giustamente approfitta anche un “quotidiano comunista”.

 

Il capovolgimento integrale della realtà viene avallato dal presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti (altro esercizio di neolingua per indicare il Soviet delle penne) Carlo Verna: “I principi della libertà di stampa sono sacri in Italia, in Europa e in tutto il mondo democratico, sanciti da carte e convenzioni internazionali. Nell’esprimere la totale solidarietà alla Presidente Boldrini, ci aspettiamo che la questione trovi accettabili spiegazioni che al momento totalmente ci sfuggono”. Sì, un direttore di giornale deve spiegare a un politico e a un burocrate di categoria perché si permette di scegliere cosa pubblicare e cosa no. Sì, libertà è schiavitù.

carlo verna laura boldrini ritiro del pd all'abbazia di contigliano 30