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Aldo Grasso per “il Corriere della Sera”
Non ci sono più i Campielli di una volta! Sabato 13 settembre, al Gran Teatro La Fenice di Venezia, si è svolta la premiazione del Premio Campiello, vinto da Giorgio Fontana con il romanzo Morte di un uomo felice (Sellerio). Quattro giorni dopo, alle 23.20, La7 ha trasmesso in differita la cerimonia. Ma che senso ha?
Almeno, una volta, la Rai la trasmetteva in diretta, con quel pizzico di suspense che conservano ancora queste stanche liturgie. L’altra sera era come vedere i filmini dell’estate, con i padroni di casa che cercano di cacciar via la noia con spiritosaggini da ombrellone.
A La7, dopo il parrucchino di Sandro Mayer, hanno scoperto la cultura? Dopo il carnevale di Miss Italia bisognava trasmettere la quaresima del premio letterario? Più semplicemente i due presentatori, Geppi Cucciari e Neri Marcorè, appartengono alla scuderia di Beppe Caschetto che, in questo momento, è il vero padrone del palinsesto.
Pur apprezzando Cucciari e Marcorè, è giusto rilevare come i due non siano portati per questo tipo di presentazioni: non facevano ridere e avevano dimenticato a casa il brio. A tratti, specie nelle interviste, sembrava una cerimonia funebre. Il pubblico in sala non capiva le battute e il gelo calava fra gli stucchi dorati del teatro.
L’unico momento divertente è stato quando Roberto Zuccato, presidente del Campiello e di Confindustria Veneto, è stato interrogato sul concetto di cultura: «La funzione che ha la cultura è quella di stimolare… Una buona dose di cultura può aiutare…».
Cultura, basta la parola! In realtà, il colpevole va cercato anche fra gli autori che hanno fornito ai due presentatori (i soli veri lettori della manifestazione) una quantità industriale di banalità. Forse, prima di tutto, Caschetto dovrebbe preoccuparsi di procurare qualche fonico e qualche microfono a Floris. La cultura viene dopo.
la prima puntata di dimartedi di floris
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