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Renato Pezzini per "Il Messaggero"
Si torna sotto il tunnel. Il traffico bloccato, la polizia fa passare solo i giornalisti. Lì dove il pullman si è sfracellato contro il muro della «galleria Sierre» e sono morti ventidue ragazzini e sei adulti, adesso c'è una conferenza stampa. Padri e madri hanno messo fiori bianchi nel punto esatto in cui i loro figli sono deceduti, poi sono andati via ed è arrivato il capo della polizia con i media al seguito. Lo bombardano di domande: come è accaduto, di chi la colpa, un errore o il destino infame? Lui ha una sola risposta: «Stiamo indagando».
Ad ascoltare la sua ostinata reticenza si direbbe che le indagini sono al punto di partenza. Non è così: sull'asfalto della galleria, per esempio, gli agenti hanno disegnato con la vernice verde la traiettoria del torpedone fino al punto dello schianto. Quei segni dicono che il pullman a un chilometro dal termine del tunnel è salito con le ruote di destra sul cordolo che delimita la carreggiata.
Non riuscendo più a cambiare direzione ha seguitato a piegare inesorabilmente verso destra, è entrato nella piazzola di soccorso per poi arrivare allo spaventoso impatto col muro dell'area di sosta.
Sull'asfalto non un segno di frenata, e anche dai video delle telecamere di sicurezza non si notano rallentamenti negli ultimi ottanta metri di corsa. E allora, il segreto della strage è tutto lì: nelle ragioni per cui all'improvviso il torpedone bianco scarta a destra salendo sul cordolo. Cosa è accaduto all'autista in quell'istante e perché non ha provato a frenare o a scartare? «L'autopsia non ha rinvenuto tracce di alcool su di lui» è la sola indiscrezione che sfugge all'impenetrabile muro di riservatezza della polizia.
Tutto il resto è confinato al campo dei «si dice». Fra cui spicca il passaparola che ieri ha iniziato a serpeggiare circa una possibile causa di distrazione dell'autista: stava cercando di sostituire un dischetto dal lettore che proietta i dvd sugli schermi del pullman. Sostengono, i fautori di questa ipotesi, che a testimoniarlo sarebbero stati alcuni dei ragazzini feriti sentiti ieri dagli agenti della polizia del Valais. Che molti degli scolari sopravvissuti siano effettivamente stati interrogati è vero. Che qualcuno abbia svelato la storia del dvd da cambiare, invece, non è affatto sicuro.
I colleghi dell'autista, e non solo quelli della sua stessa ditta, sostengono che mai e poi mai un driver potrebbe commettere una leggerezza simile. Inoltre al suo fianco c'era il «secondo», il quale - se proprio necessario - si sarebbe assunto l'incombenza di cambiare il dvd. Non solo: c'è pure chi sostiene che dalle poltrone occupate dai ragazzi sopravvissuti non sia possibile scrutare i movimenti di chi sta al volante. Tuttavia dal Belgio insistono: «Le testimonianze ci sono, alcuni hanno perfino parlato di un insegnante che avrebbe passato all'autista il dischetto da cambiare».
Il capo della polizia, Christian Varone, fa spallucce. «Non possiamo certo replicare a tutte le voci che si accavallano». E si dedica a fare la contabilità della strage svelando che dei ventotto morti, nove sono ancora da identificare e sono tutti ragazzini. Significa che nove padri e nove madri venuti dalle Fiandre stanno ancora vagando per gli ampi spazi della camera mortuaria di Sion nel tentativo di identificare il cadavere del loro figlio. O forse significa che nove padri e nove madri non hanno ancora avuto la forza di entrare là dentro per vedere ciò che non possono vedere.
Otto dei ventidue feriti sono ripartiti in serata per il Belgio, coi familiari. Altri dodici potrebbero partire fra oggi o domani: «Per tutti loro è meglio stare a casa che non qui da noi» dicono i medici dell'ospedale cantonale «Ma dobbiamo essere sicuri che siano in condizioni di viaggiare». Di sicuro non potranno partire i tre dodicenni ricoverati a Losanna: sono in condizioni gravi e quel che è peggio è che non ci sono segni di miglioramento.
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