oliviero toscani

MALEDETTI TOSCANI (OLIVIERO) – IL FOTOGRAFO FA 80 ANNI E SI RACCONTA: “IL MIO DIO? FORSE NON SI FA VEDERE PERCHÉ SA CHE LO FOTOGRAFEREI – LA PUBBLICITA’ CON BENETTON? NON C’È RAPPORTO TRA LE MIE FOTO E I MAGLIONI COME NON CE N'È TRA LA MUSICA DI CHOPIN E LA MAIONESE  – LA DROGA? MI SONO SALVATO DALL'LSD. MOLTI MIEI COMPAGNI SBALLARONO, UNO FINÌ IN MANICOMIO. UN ALTRO MORÌ. NON SONO MAI STATO NEPPURE UNO SPINELLATORE – NEL PAESE DEL FIGLIO DI MAMMA IO HO AVUTO UNA FORTUNA: MIA MADRE MI HA DATO FORSE TRENTA BACI IN TUTTA LA SUA VITA…"

Francesco Merlo per “il Venerdì di Repubblica”

 

oliviero toscani

Oliviero, hai fatto più foto di quante ne farai.

«Non le ho mai contate. Tu conti i tuoi respiri?».

 

Ne fai 80 il 28 febbraio.

«È un numero che mi fa ridere. E mi fa ridere che tu mi intervisti sui miei 80 anni. Dovresti scrivere una lunga risata, una risata di quattro pagine».

 

Te li senti addosso?

 «A volte il corpo non mi obbedisce e mi arrabbio. Ma non sopporto quelli che delle pene della vecchiaia hanno fatto un'epica».

 

Pensavi di arrivarci?

«Ai miei tempi a 40 anni si diventava vecchi. Gli 80 sono arrivati come una sorpresa. Sai da cosa mi accorgo che è un'età importante? Dagli amici morti».

 

Nei hai persi più da vivi o da morti?

«Se non li vuoi perdere da vivi non devi dirgli la verità».

 

Dimmi chi sono i tuoi 4 amici al bar. So che ne hai avuti tantissimi. Ma fammi i quattro nomi del tuo bar.

«Leonardo Zanier, Elio Fiorucci, Aldo Coppola, Luciano Benetton».

 

Scuola a parte, dove hai imparato?

«Io sono sempre stato "scuola a parte"».

oliviero toscani warhol

 

Eri un asino?

«No, erano asini loro, come ha poi spiegato don Milani».

 

Eri uno "straniero"?

«Sì. La scuola ti perdona e ti recupera se sei asino, non ti perdona se la rifiuti. Potrei dire che mi annoiavo, ma la verità è che non mi riconoscevo nel mondo dei temi in classe e dei riassunti. Cercavo le immagini. E dunque andavo al cinema».

 

In quegli anni c'erano i tipi da cineclub.

«Loro volevano parlare di cinema, io volevo vedere i film. E li ho visti tutti. In ogni cinema, come canta Gaber, due film in una volta cento lire. Ma non sono diventato un cinefilo che, ora lo sappiamo, fu la prima tappa della ribellione politica. La scuola di quel tempo trasformava in ribelli i talenti irregolari: o li espelleva o li rendeva disadattati e infelici. Io ho scelto una terza via: l'arte».

 

oliviero toscani pannella

Ma ti ci mandarono davvero, alla scuola degli asini.

«Sì, in un collegio dei Fratelli Cristiani a Paderno del Grappa, in provincia di Treviso».

 

Sei nato cattolico?

«Ho fatto battesimo, comunione e cresima, ma ho avuto la fortuna di una famiglia laica».

 

Sono famose le tue provocazioni sulla religione, ma c'è una forte spiritualità negli scandali delle tue foto.

«Mi intendo bene con i frati di Assisi e con il cardinal Ravasi, e mi piace questo Papa. E loro si riconoscono subito nelle mie foto, nelle immagini della solidarietà, dell'uguaglianza e dell'accoglienza, del dialogo, del confronto, dei bianchi che diventano neri, belli e nudi come san Francesco».

oliviero toscani e la mamma

 

È facile vedere Dio nelle tue foto: lo stupore del condannato a morte, la rivelazione della luce nel neonato ancora attaccato al cordone ombelicale, la carità nel bimbo bianco che si nutre al grande seno nero e nella folla che si contende fagotti di stracci, e poi le croci del cimitero di guerra.

 

E c'è la pietà negli organi sessuali così uguali e così diversi tra loro, nella malattia mortale, e nel bacio della suora e del pretino. Sono addirittura santi i corpi delle vecchie traballanti, le matasse di grinze che si spianano, i solchi delle rughe sulla facce rasserenate. Di' la verità: neanche a te piace la parola ateo.

«Perché il mio Dio è l'Altro Dio».

 

Un Dio fotografo?

«Un Dio che si lasci fotografare. Forse non si fa vedere perché sa che lo fotograferei».

oliviero toscani e fellini

 

Mi è capitato spesso di stupirmi quando siamo insieme e ti vedo fotografare quello che vedo anch' io. Poi guardo le tue foto e mi domando: ma dove l'ha visto? E invece quando mi racconti qualcosa, non c'è mai il dove e il quando. La tua testa è fatta per le immagini. Pensi per immagini. Dev' essere per questo che hai il testone grande grande, perché è una scatola ottica, un diorama, come la «camera» che usava Canaletto per i suoi quadri, e Canaletto era il nonno dei fotografi.

«Pensa che da bambino quando compravo un cappello mi misuravano la testa e mi mandavano al reparto adulti».

 

Eri un bimbo asino, testone, con 43 di piede, e stavi sempre al cinema: un disastro.

«Ma quando superai l'esame di ammissione all'Università d'arte di Zurigo cambiò tutto: avevo trovato la mia scuola».

 

Zurigo ti ha salvato?

«Difficile dire cosa sarei diventato senza la Svizzera. Il preside era Johannes Itten, il maestro del colore della Bauhaus. Tra gli insegnanti c'erano alcuni dei più importanti grafici e fotografi del mondo».

 

oliviero toscani donna jordan

E vi tenevano lezioni magistrali i grandi architetti come Le Corbusier, quello degli spazi quotidiani, che disegnava tavoli, sedie, poltrone ed esponeva la pipa nel museo. Tu ti sei laureato con il massimo dei voti nel 1965, in una scuola dove veniva sperimentato tutto. Come hai fatto ad evitare l'altro grande pericolo di quegli anni, la droga?

«Di nuovo mi ha salvato l'arte e ovviamente ho avuto fortuna. Erano gli anni dell'Lsd che era stato inventato proprio lì, a Basilea. Nella mia scuola fece danni tremendi, anche perché non si capiva bene il rischio, non si sapeva neppure quale dosaggio bisognasse usare.

 

Molti miei compagni sballarono, uno finì in manicomio e non ne uscì più. Un altro morì. Si chiamava Robert. Non l'ho dimenticato. È brutto da dire: vederlo morire mi ha aiutato. E poi ne ho visto morire tanti, troppi. Sono immune, sono vaccinato. E non sono mai stato neppure uno spinellatore».

 

Però fumavi.

oliviero toscani campagna pubblicitaria per benetton

 «Sì. Ho fumato sino al 1980. Poi ho capito che fumare era da cretini e ho smesso di botto».

 

Sono famose anche le tue provocazioni sulle mamme italiane. Dici sempre che bisognerebbe eliminare le mamme. E la gente si dà di gomito: "il solito Toscani". E, allora, proviamo a spiegare anche questo.

 «Pensa che la mia mamma».

 

…come si chiamava?

«Dolores, come Dolores Ibarruri: il nonno era anarchico. Faceva la ricamatrice, una donna semplice e umile. È morta a 92 anni, e mi ha dato forse trenta baci in tutta la sua vita.

 

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Nel Paese delle mamme possessive, protettive, ossessive, nel Paese del figlio di mamma, dell'eterno ragazzo, del "tengo famiglia" e del familismo, io ho avuto questa fortuna. Non è provocazione, ma saggezza dire ai genitori italiani di cacciare i figli da casa: non teneteli dentro, liberateli di voi, se davvero li amate».

 

Già. E mantenete imprendibile quella sostanza che ogni padre - non importa se assente o defunto - trasmette al figlio e sulla quale il figlio costruisce se stesso. Tuo padre, Fedele, ti ha trasmesso la fotografia.

«Gli devo l'istinto, quel radar che mi ha guidato. Lo devo a lui e a mia madre, al suo gusto di ricamatrice. Mio padre era il fotografo del Corriere, il compagno di lavoro di tutti gli inviati, Buzzati, Notarnicola E soprattutto Montanelli».

 

Sono sue le famose foto di Indro Montanelli con la Lettera 22 e quella di Mussolini e Claretta Petacci a testa in giù a piazzale Loreto.

«È come se fossero mie. Segnano infatti la continuità e al tempo stesso il distacco, insomma il pasticcio, che è il solo modo di ereditare un cognome e un talento, di restarvi fedele tradendolo».

oliviero toscani benetton

 

E se per i tuoi 80 anni ti offrissero il regalo impossibile, passare dieci minuti con tuo padre?

«Sarebbe bellissimo. È morto a 70 anni e dunque sarebbe più giovane di me».

 

Cosa gli diresti?

«Sicuramente non perderei tempo parlando di fotografia: dieci minuti passano presto. Gli chiederei se è vera una cosa che ho sempre sospettato: se è vero che non ha mai visto la mamma nuda».

 

Hai sei figli da tre madri, hai 14 nipoti, e sei fedele alla stessa donna da 50 anni, Kirsty Moseng, la modella norvegese che prima hai fotografato e poi hai sposato. Cosa diceva tua madre della tua famiglia?

 «Un giorno mentre camminavamo, guardando da dietro Kirsty e i nostri figli, Rocco, Lola e Alì, mamma mi disse in milanese: "Oliviero, sembra un famiglia di ricchi"».

 

Sei ricco?

«Sono privilegiato e fortunato, ma non ho mai inseguito il denaro. Ho guadagnato fotografando e ho investito tutto nella campagna dove vivo».

 

Sei di sinistra? Radicale, lo so, ma di sinistra?

foto di oliviero toscani

«Da sempre. È il mondo che mi interessa, anche quando mi fa arrabbiare. E tu lo sai bene: Marco Pannella era di sinistra, anticomunista e di sinistra. E oggi la sinistra è pannelliana, anche se non lo ammette. Ed è di sinistra Emma Bonino, che è la mia coscienza. Dunque sono radicale, di sinistra e "patriota": lo confesso, sono innamorato dell'Italia. L'ideale sarebbe vivere in Italia senza essere italiano: godersi il teatro senza soffrirlo».

 

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Nella famiglia di arrivo, con la campagna, i cavalli, l'olio, il vino e i trattori sei un patriarca da Mulino bianco. E nella famiglia di origine, con la casa di ringhiera in Porta Garibaldi, senza mai una stanza da letto per te, eri il guaglioncello di un laboratorio di etica e di modernità. Di nuovo la vita del re della trasgressione sembra modellata dalla Radio Vaticana. E ci sono anche due sorelle, più grandi di te, che furono due vice madri, Brunella e Marirosa.

«Quando mio padre si ammalò di enfisema, Marirosa, giovanissima, andava al posto suo: un paio di pantaloni, una macchina fotografica, un'automobile. Era supermoderna. Ricordo, tra i suoi tanti reportage, quello sull'alluvione del Polesine». Marirosa, 91 anni, è ancora oggi un'artista formidabile.

 

Ed è la vedova di Aldo Ballo. «Negli anni Cinquanta lei e Aldo Ballo erano i fotografi dei grandi designer: Aulenti, Boeri, Vigo, Sottsass, Castiglioni, Rossi, Bellini, Starck».

 

Ti riconosco in questa frase di Ballo: «Io non faccio foto d'arte, foto "da chiodo", qui si fa fotografia industriale, si va dentro l'oggetto: interpretare l'oggetto, restituirgli l'anima».

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«Sai cosa faccio io? I "ritratti stampati". È il vecchio lavoro del fotografo: le foto che diventano memoria. Ieri è venuta una famiglia di Milano. Sono orefici, e sono dieci: tre generazioni. Alla fine si erano commossi, e qualcuno piangeva. Sono queste le foto da appendere al chiodo, le foto che scaldano il cuore, non le foto d'arte».

 

Cos' è il Toscani Circus?

Nella campagna toscana, davanti a un paesaggio incantato, c'è un nuovo edificio che aspetta l'inaugurazione, la Fondazione Oliviero Toscani: il Toscani Circus. «Fondazione è una parola che non mi piace. Dovremmo cominciare, se tutto va bene, con Marina Abramovic».

 

Quando hai capito che eri Oliviero Toscani?

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«Forse quando, ragazzo appena tornato da Zurigo, la Montedison di Cefis scelse le mie foto. Avevo fermato due ragazze, a Milano: le avevo rivestite con due magliette a righe orizzontali e due cappellini bianchi da marinaio, e le avevo messe sopra due biciclette che avevo affittato dai cinesi. Mi dissero: Cefis ti ha scelto.

 

E mi affidarono l'immagine della Montedison. Mi presentai ai funzionari, con la mia giacca di velluto rosso, e posi le mie condizioni. Tra le altre cose, pretendevo che le modelle venissero tutte da Parigi, che il servizio durasse dieci giorni, una foto al giorno, e per ogni foto chiesi, inghiottendo la saliva, trecentomila lire. Era il 1965».

 

Hai cambiato il mondo della pubblicità, ma il mondo della pubblicità raramente ti piace, anche se è evidente che lavorano tutti alla Toscani, che le loro trovate sono alla Oliviero malinteso come scandalo: la trasgressione senza arte, il finto maledettismo, la luccicante volgarità.

«Perché la pubblicità è ossessionata dal prodotto e dunque, come la politica, cerca il consenso. Mai ho lavorato per mostrare quanto sono belli un'auto o un divano o un jeans».

OLIVIERO TOSCANI A STASERA ITALIA

 

Insomma, non c'è alcun rapporto tra i maglioni e la bellezza di quelle immagini che hanno arredato il mondo.

«Come non ce n'è tra la musica di Chopin e la maionese».

 

Ed è chiaro che i prodotti potrebbero essere mescolati, disordinati, separati per poi essere nuovamente accoppiati: non c'è nessun legame tra gli occhiali di Fiorucci e quel pancione, e le croci bianche potrebbero rimandare alla Nestlé invece che a Benetton. Ma senza i soldi del committente non le avresti fatte.

«Senza l'intelligenza del committente non le avrei fatte, senza quella speciale sintonia, addirittura di amicizia, tra arte e imprenditoria non le avrei fatte. Non mi interessavo di maglioni, ma della pena di morte, dell'Aids, dell'anoressia, della violenza contro le donne e dei morti per incidenti stradale.

 

sebastiao salgado oliviero toscani foto di bacco

Volevo fotografare The Times They Are a-Changin'. L'ho fatto per tutta la vita, anche quando a Londra il mondo correva davanti ai miei occhi. E ho fotografato la minigonna che sarebbe poi diventata la bandiera degli anni Sessanta, molto più rivoluzionaria di quella rossa. E ci sono le foto che anticipavano i beatnik, i teddy boys, i mods, gli hippy, i punk. Lo sapevo? Non ho fatto scelte consapevoli, ma sempre d'istinto. L'istinto è il mio radar».

 

Colors si chiamava il mitico giornale che ha insegnato la grafica ai grafici di tutto il mondo. E davvero ne hai fatte di tutti i colori, che è il titolo della biografia scritta da Tommaso Basilio e Rafo Ferraro che la Nave di Teseo sta per pubblicare. A 80 anni pensi più al passato o al futuro?

«Penso al futuro, perché vorrei, come mi è successo nel passato, fotografare i tempi che cambiano».

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