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Giulia Zonca per "la Stampa"
Per dimostrare di poter davvero superare Maradona, Lionel Messi si presenta all'appuntamento con la storia con un vestito a pois. Re del calcio e del cattivo gusto, ma tutto gli è concesso nella serata in cui riceve il quarto Pallone d'oro.
Non ci è mai riuscito nessuno, i fenomeni come Platini, Cruyff e Van Basten si sono fermati a tre e lui le prova tutte per dire che non merita tanta gloria senza essere maleducato: sceglie uno smoking eccessivo, magari anche per giocare un po' con lo status di calciatore perfetto, dice apertamente «il 2012 non è stato il mio anno migliore», ammette che la decisione «è un mix di fattori e di sensibilità », ripete, come sempre «non credo ai premi ai singoli, se sono qui è per la squadra». Non conta i gol, non vuole fare statistica, ma fa la differenza.
Cristiano Ronaldo, già rassegnato, si sforza di sorridere. Secondo, come da pronostico e terzo Iniesta che a mala pena si vede anche se è in prima fila però sembra davvero indifferente al caos che gli gira intorno. Per Cristiano è diverso, si contiene eppure è chiaro che stare sempre dietro a Messi è difficile.
«Non ci sono rivalità », lo dicono entrambi, non lo pensa nessuno e infatti non hanno votato l'uno per l'altro e non riescono a inventarsi una scusa decente per l'esclusione reciproca. Messi tenta la strada dell'amicizia: «Ho preferito nominare i compagni, Xavi , Iniesta e Aguero», come se non fosse il Pallone d'oro ma un invito a cena. L'altro si spreca ancora meno: «Nel periodo in cui raccoglievano le preferenze dei capitani delle nazionali ero infortunato, quindi non ho votato». Discorso chiuso, smorfia evitata per clemenza e stretta di mano tanto per non pensarci più.
Il discorso migliore è quello di Pia Sundhage, ct della Svezia femminile che ribadisce il concetto chiave della carriera di Messi («tutti i meriti sono della squadra») cantando «If not for you» di Olivia Newton John. Perfetta, di solito i riconoscimenti al calcio femminile passano inosservati invece la signora ha rubato la scena.
La gestisce peggio il cerimoniere Sepp Blatter che parte con un discorso confuso e rivela a chi non se ne fosse accorto che lui sta alla Fifa «da due generazioni». Prova a cucire insieme «il dna del campione» e il razzismo nel calcio, prova a fare i complimenti a Boateng per il coraggio» e contemporaneamente a insistere sul fatto che lasciare il campo è sbagliato: «Bisogna trovare un altro modo». Toccherebbe a lui, ma non sembra abbia grandi idee in proposito.
Quando sfila la squadra ideale appare la Liga al completo: 5 titolari del Barcellona, 5 del Real Madrid e 1 dell'Atletico Madrid. Non c'è posto per Pirlo (7° in classifica generale), non c'è traccia del Chelsea campione d'Europa e non si capisce perché la formazione sia monotematica. Messi è un fuoriclasse assoluto, di più, è fuori categoria, ma il format di questi premi scricchiola.
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