NE VEDREMO DELLE BELLE: VOLANO GIÀ GLI STRACCI TRA I TECNO-PAPERONI CONVERTITI AL TRUMPISMO – ELON…
Paolo Isotta per âIl Corriere della Sera'
Lunedì, nella splendida chiesa dei Santi Marcellino e Festo, che viene aperta dall'Università solo in occasioni particolari, è stata consegnata la laurea ad honorem in letteratura, scrittura e critica teatrale a Peppe Barra, a opera della Federico II, una delle più antiche università del mondo. Qualche mese fa l'università Orientale aveva attribuito a Riccardo Muti l'ennesimo di lui diploma honoris causa: nell'appena riaperto San Giovanni Maggiore; ed era stata cerimonia lunga e macchinosa.
In questa, invece, il Magnifico Massimo Marrelli, e i professori (simpaticissimi) Arturo De Vivo e Pasquale Sabbatino sono stati di una concisione eccezionale; e lo stesso Peppe lo è stato nel tenere la sua lectio magistralis. Questa è stata costituita dal racconto della favola di Amore e Psiche da Apuleio, dalla recitazione della novella âA vecchia scurtecata («La vecchia scorticata») dal Pentamerone di Giovan Battista Basile, e dall'interpretazione di alcune canzoni classiche napoletane: alle undici e un quarto la cerimonia aveva avuto inizio e all'una meno un quarto eravamo fuori in una piovosissima giornata.
Il conferimento della laurea a Barra è stato un avvenimento di grande importanza nel mondo della cultura tutta, non solo in quello teatrale: giacché quest'attore-cantante rappresenta ormai uno dei punti fermi della nostra cultura nazionale. E tento di spiegarlo; giacché il suo dedicarsi a Napoli e alla lingua napoletana travalica i confini locali: essa città e lingua sono patrimonio nostro e poi dell'umanità .
Egli è figlio d'arte: nasce a Roma a via dei Crociferi nel 1944 perché i genitori recitavano; e sale sul palcoscenico per la prima volta a quattro anni. Il padre è napoletano, la mamma Concetta procidana: così che Peppe a Procida s'è formato e leggende popolari della sua isola ha introdotto nel suo repertorio. Concetta è stata una delle più grandi attrici che in vita mia abbia viste; col figlio formava una coppia straordinaria; e, come tutti i grandi, lo era nel comico quanto nel tragico. Scomparve improvvisamente.
Peppe divenne famoso quando con Roberto De Simone costituì la napoletana Nuova Compagnia di Canto Popolare: essa diede vita a una ricerca «sul campo» che portò alla rinascita di pezzi medioevali e addirittura pre-cristiani: a dimostrazione di quanto ininterrotta sia la catena giungente alla canzone sei- e settecentesca. Si trattava d'antropologia oltre che di arte.
Il capolavoro di De Simone fu La gatta cenerentola , uno spettacolo derivante da una fiaba del Basile ma amplificante questa favola fino a farne un'interpretazione del mondo. Peppe impersonava la vera protagonista, la matrigna di Cenerentola: è una vergogna che non se ne sia mai tirata un'edizione video, l'unica esistente essendo col bravissimo Rino Marcelli: bravissimo, appunto, laddove Peppe è unico.
Non elencherò gli altri suoi successi; ricorderò solo che da anni egli, profondendo anche del suo, allestisce la Cantata dei pastori , Sacra Rappresentazione natalizia dovuta al gesuita Andrea Perrucci, dell'ultimissimo Seicento. Questa è addirittura una summa della religiosità controriformista napoletana con inserti comici che divengono la stessa ratio del testo.
Credo che dal prossimo Natale essa verrà rappresentata al Teatro Sannazaro. Questo è gestito, come ho già scritto, da Lara Sansone, alla quale la grande Luisa Conte era nonna; e io coltivo un sogno: quello che si possa rappresentarvi Il berretto a sonagli di Pirandello. Barra sarebbe un Ciampa ineguagliabile e Lara un'altrettanto brava Beatrice Labella; mentre a Lucio Pierri vorrei vedere affidato il delegato Spanò, a Rosaria Russo il ruolo di Fana; a Gloriana la signora Assunta e Sasà Vanorio, il marito di Lara, vorrei che interpretasse il signorino Fifì: per farlo tornare una volta in palcoscenico.
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