DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Estratto dell’articolo di Federico Pontiggia per Il Fatto Quotidiano
Si sta come d’estate sugli schermi i film: appesi. C’è l’imbarazzo, non solo, della scelta per dire dell’audiovisivo qui e ora: sciopero di sceneggiatori e attori in America e ricadute sulla prossima Mostra di Venezia, campagne ministeriali dedicate a film italiani e film italiani che non si vedono e che nessuno vede, nostrane rivendicazioni attoriali (il benedetto contratto collettivo nazionale) e autoriali su calco statunitense, paventata revisione del tax credit e minacciato strappo di vesti, spoil-system al Centro Sperimentale e spauracchio di “Cinecittà agli italiani”, solo non si vedono i due liocorni.
Il cinema non è morto, però benissimo non sta: Indiana Jones e il Quadrante del Destino con il senile Harrison Ford è andato male, l’ultimo Mission: Impossible con il non giovane Tom Cruise si mette in scia, e Oltreoceano la cura Tafazzi prescrive Barbie di Greta Gerwig e Oppenheimer di Christopher Nolan appaiati in sala domani (negli Usa).
Che non è un giorno migliore, ma forse l’ultimo per salvare l’estate cinematografica: riusciranno il paraculissimo Barbie e l’atomico Oppenheimer, accreditati cumulativamente di 260 milioni di dollari nel fine settimana, a risalire la china del box office?
Un Masculin, féminin di Godard per principianti o, se preferite, un Grease sanificato, il primo predica il femminismo Mattel e fa proseliti: sui social, e vedremo da oggi sui nostri schermi. Una gigantesca, proterva operazione di marketing, ammantata dagli “intellettuali” Gerwig e il compagno co-sceneggiatore Noah Baumbach di autodeterminazione femminile e sfottò del patriarcato, che in soccorso del vincitore, il capitalismo delle multinazionali, annovera pure antagonisti entusiasti e anime belle. Insomma, Barbie il pubblico lo vuole, e l’ha, letteralmente imbambolato.
Non stupiamoci che l’affrancamento della protagonista incarnata da Margot Robbie si compia dal ginecologo anziché dallo psicologo: così è se vi pare, lo spettatore non ha altro spazio d’azione, ossia di interpretazione, che bearsi del proprio roseo e plasticoso anticonformismo.
C’è di peggio? Ci si prova.
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