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Enrico Mannucci per il "Corriere della Sera"
A gli inizi del Novecento, Capri era già nota come «perla del Mediterraneo», era meta prediletta di soggiorno per inglesi e tedeschi che disputavano, fra loro, il primato per la scoperta di questa o quella meravigliosa grotta e si attestavano nei rispettivi ritrovi: c'era il caffè «Zum Kater Hiddigeigei» dei Morgano e c'era l'albergo più bello, l'Hotel de Londres. A Capri arrivavano i ricchissimi dell'epoca, gli artisti, anche i depravati. E c'era già un rapporto ambiguo fra forestieri e locali. Quello che porterà nei guai, mezzo secolo dopo, un celebre caprese d'adozione, Curzio Malaparte.
Poi c'erano anche intrighi più seri. L'eterogenea frequentazione aveva reso l'isola una specie di Tangeri, nel senso di santuario dello spionaggio internazionale. Uno dei fili faceva capo ad un'altra colonia straniera: quella dei russi, cresciuta attorno ad Aleksej Maksim Gor'kij, scrittore in esilio alquanto dorato. Lì, fra il 1908 e il 1910, capitò in due occasioni il massimo rivoluzionario del secolo, Lenin.
Veniva a trovare - e magari a controllare - quel circolo di fuoriusciti dall'ideologia non proprio ortodossa. Ma forse - nel posto più a sud del pianeta dove si sarebbe mai spinto - ebbe anche modo di allacciare contatti con potenti personaggi tedeschi, industriali e alti gradi militari, quelli che avrebbero aiutato la rivoluzione bolscevica a rovesciare lo zar.
Le due visite dalle parti dei Faraglioni sono ricostruite in Scacco allo zar (Mondadori, pp. 192, 18,50), ben documentato libro di Gennaro Sangiuliano, vicedirettore del Tg1 che aveva già dimostrato il suo fiuto di ricercatore storico con Giuseppe Prezzolini, l'anarchico conservatore. Il soggiorno di Lenin è immortalato da una foto celebre e quasi bucolica. Il rivoluzionario è davanti a una scacchiera all'aria aperta, l'avversario è Alexander Bogdanov, medico, filosofo e marxista in odor di eresia. Intorno, Gor'kij e tre altri esuli russi, sullo sfondo le colline capresi.
Sangiuliano spiega come Lenin non passò il tempo soltanto a rilassarsi. In quei giorni, sull'isola, c'era anche il futuro feldmaresciallo Paul von Hindenburg, ospite dei Krupp. E «lacchè di Hindenburg» verrà poi definito Lenin, quando il legame fra bolscevichi e tedeschi diventerà pubblico. L'intreccio è illustrato anche da rapporti dei servizi segreti scovati negli archivi britannici: probabilmente Capri fu una tappa importante.
Ma, più ancora che per la ricostruzione di questi retroscena, il libro si gode per il racconto dei particolari di vita quotidiana dei bolscevichi in «Piazzetta». Con Lenin che esce da Marina Piccola sul grande gozzo bianco di Gor'kij, e impara dai barcaioli la pesca a mano, fatta avvolgendo il filo attorno al dito indice. Se il pesce abbocca, esclama «Drin, drin». E «professor Drin drin» lo soprannomineranno gli isolani. Nel periodo successivo, non si sbottonerà mai troppo su questa spedizione. Sintetico ed elusivo, rispondeva a chi gli chiedeva impressioni dell'Isola azzurra: «Mare bello, vino buono».
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