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Massimiliano Parente per il Giornale
A rose is a rose is a rose, non l'ho mai capita del tutto, perché anche un albero è un albero è un albero, un tavolo è un tavolo e un tavolo, e via dicendo.
Tuttavia leggendo l'Autobiografia di tutti di Gertrude Stein (Nottetempo), si capisce quanto la tautologia sia un modo di pensare dell'intellettuale lesbica più famosa del Novecento. Mondanissima e di sinistra, come tutta la cricca degli avanguardisti di inizio secolo, ma per niente anticapitalista, anzi.
Per esempio: «C'era lo spender denaro e non c'è dubbio che non c'è piacere pari a quello, l'improvviso spender denaro, e lo spendemmo». Il denaro è il denaro è il denaro. E è la differenza tra gli uomini e gli animali.
Nel libro c'è tanto gossip intellettuale, perché il gossip è il gossip è il gossip. Per cui c'è Picasso che critica Cézanne perché è geloso della sua pittura, ma d'altra parte Gertrude è gelosa di Picasso perché ha cominciato a scrivere poesie e dovrebbe limitarsi a dipingere, ciascuno deve restare nel proprio campo. Questione di appartenenza.
«Certe cose ci appartengono e lo scrivere appartiene a me, non c'è dubbio che lo scrivere apparteneva a me. So che lo so che lo scrivere appartiene a me». Se sa che lo sa sarà così, lo scrivere appartiene a lei perché appartiene a Gertrude perché appartiene a Gertrude, non fa una piega.
A volte i ragionamenti di Gertrude sono astrusi, bisogna avere la chiave di lettura giusta, che è sempre la stessa. Prendiamo l'identità: «È tutta questione che l'esterno è l'esterno e l'interno è l'interno. Finché l'esterno non di dà valore diventa interno o meglio se l'esterno ti dà valore allora il tuo interno diventa esterno». L'interno è l'esterno è l'interno è l'esterno, più o meno come una rosa.
Sappiate, tra l'altro, che uno spagnolo è uno spagnolo è uno spagnolo. E gli spagnoli sono ignoranti. Come Salvador Dalì, che «basa tutto sulla propria ignoranza; ricevono una bella ispirazione e è basata oh sì sull'ignoranza, sulla loro ignoranza perché naturalmente un notaio spagnolo non sa niente e non ha avuto modo di imparare».
Che c'entrano i notai? Tutti gli spagnoli sono notai, parola di Gertrude, e «i notai non sono mai liberi». Anche Mirò è spagnolo e come tale è ignorante, «non aveva nulla dietro la sua pittura oltre il centro naturale di ignoranza che ogni spagnolo porta dentro di sé». In compenso Picabia sembra un pittore spagnolo e Picasso un pittore francese ma si confondevano l'un l'altro perché erano alti uguali e portavano le stesse scarpe.
Tranchant e spietatissima con André Breton, che «ammira tutto ciò che può firmare col suo nome e fra cento anni nessuno si ricorderà il suo nome». Max Jacob è quello che scopre tutti, tutti vanno da Jacob per farsi scoprire, mentre Jean Cocteau è bravissimo a riparare lavandini.
A proposito di genio, un genio è un genio è un genio, però «Picasso una volta aveva detto che la famiglia di un genio lo trattava considerazione da genio finché aveva successo e poi se aveva successo allora era come chiunque avesse successo e così non lo trattavano più con considerazione da genio», perché il successo è il successo è il successo. Picasso, è noto, le dedicherà un famoso ritratto, uno dei primi ritratti cubisti.
Si beve molto, litri e litri di vino e champagne e rum, Gertrude beve poco ma li ascolta tutti, e spettegola. Un giorno incontra Charlie Chaplin e lo trova simile a un torero zingaro spagnolo, comunque «gli zingari sono intelligenti, non credo che Charlie Chaplin sia uno zingaro forse no, ma avrebbe potuto esserlo». Uno zingaro è uno zingaro è uno zingaro, e forse è Charlie Chaplin, pensateci quando ne vedete uno frugare nel vostro cassonetto.
Charlie Champlin ballava fuori dai pub
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