DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
CATERINA MANIACI per Libero Quotidiano
Vicoli stretti e maleodoranti, porte sconnesse dietro le quali si aprono stanze dai soffitti bassi, umide, buie, urla riecheggianti giorno e notte... Donne che si aggirano furtive, o spavalde, uscendo da spelonche che vengono definite «taverne», che si introducono in palazzi cadenti.
Donne che vivono la loro "mala vita", che più spesso ne muoiono. Questa è l' altra faccia, oscura, dello sfolgorante mondo medievale d' Europa: quel mondo che produce capolavori assoluti nelle arti, che edifica le cattedrali, che progetta di costruire le città ideali, che si appassiona alla scienza ed esige il riconoscimento delle libertà comunali. Ma la "mala vita" delle donne che si prostituiscono non si estingue mai, sembra inevitabile. E dunque si deve tentare di arginare, ordinare, disciplinare.
Altra utopia. La "mala vita" è intrinseca alla vita stessa delle comunità, piccole o grandi che siano. Il pensiero comune è diffuso, la realtà appare evidente. Ci sono sempre donne, e molte, che sono disposte a vendere il proprio corpo «pro premio, lucro et questuo». Una vergogna, certo, da condannare e perseguire. Però è anche considerato un male in un certo senso necessario e giustificabile, perché salva da mali peggiori come la corruzione delle vergini e delle donne sposate, quindi la minaccia alla stabilità familiare, così come, anzi soprattutto, «l' abominevole vizio della sodomia».
Nel Trecento si assiste ovunque in Europa al proliferare di postriboli, di prostitute che esercitano il mestiere in luoghi pubblici o di nascosto, ossia nella propria casa o in case altrui. Di fronte al fenomeno i poteri pubblici e la Chiesa assumono appunto una posizione ambivalente, perché infatti pur condannando e perseguendo aspramente tentano di governare il fenomeno ormai sempre più rilevante. Si provvede a fornire le città di veri quartieri riservati al piacere e le "case chiuse" diventare delle fortezze in cui è facile entrare ma molto difficile uscire, per le donne che bussano a quelle porte per trovare una "sistemazione".
RIMEDIO ALLA MISERIA La vita delle donne pubbliche -straniere, non straniere, quasi sempre sopraffatte dai debiti e dalla miseria che non lascia loro scampo - viene così sottoposta a vigilanza e rigide norme. Questo mondo oscuro, che in fondo assomiglia molto a quello che prende vita nelle nostre città contemporanee, viene illustrato in un saggio appena pubblicato dal titolo La mala vita. Le pubbliche donne nel Medioevo, scritto dalla storica Maria Serena Mazzi e pubblicato dalla casa editrice Il Mulino (pp.173 euro 14).
Come si spiega nel saggio, le municipalità adottano leggi ad hoc per regolare la prostituzione, leggi che hanno negli scritti di teologi e nelle predicazioni di frati e sacerdoti una sorta di base teorica di supporto per difendere la creazione di bordelli pubblici. Addirittura trovando un principio di legittimità dell' accettare le elemosine delle prostitute e percepire le decime sui loro guadagni. Nello stesso tempo, a partire dal XVI secolo, la Chiesa comincia un' opera di conversione e soccorso per le donne pubbliche, in alcuni casi anche di prevenzione attraverso il finanziamento di doti alle ragazze povere.
Sebbene la vita di queste donne sia sempre miserevole ci sono delle categorie di "fortunate", comunque da non confondersi con le cortigiane che frequentano i palazzi dei potenti e vengono celebrate da poeti e pittori. A livello certo più inferiore esistono le case bordelli poste sotto la protezione del principe o del signore della città, condotte da gestori oculato, molto attenti al guadagno e quindi allettanti per le donne. Si mangia e si beve bene, grazie a grandi cucine allestite in cui lavorano cuoche al servizio della "casa", che preparano piatti di carne due volte al giorno, con minestre varie, pesce, uova, pane formaggio e frutta. Sono i menu ricavati da documenti dell' epoca, ma riguardano solo case privilegiate.
CAMBIO DI PASSO E oggi? Ciclicamente viene riproposto l' antico uso delle case chiuse, minacciata ai numeri del fenomeno nel nostro Paese. Da 75mila a 200mila la stima delle donne coinvolte, con un giro d' affari sui 90 milioni, alimentato da oltre 3 milioni di clienti. Che cosa ne pensa la Chiesa? La posizione è molto chiara: la prostituzione è una piaga e va combattuta con una lotta senza quartiere. E meno che mai bisogna accettare l' idea di una prostituzione legalizzata.
La Comunità Giovanni XVIII, fondata da Oreste Benzi, è sempre in prima linea in questa battaglia.Anche recentemente don Aldo Bonaiuto, della Comunità ha dichiarato: «Solo la miopia e la malafede possono impedire di comprendere che il meretricio come mestiere finirà con il moltiplicare il fenomeno, compreso quello sommerso».
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