DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Fabio Scuto per “la Repubblica”
Ci sono appelli che non possono essere ignorati, da nessuna parte politica dove le parole pesano come pietre. Come quelle che il presidente emerito di Israele Shimon Peres ha usato per scagliarsi contro l’annunciata proiezione al “Jerusalem Film Festival” del docu-film su Yigal Amir, il giovane estremista che sparò alla schiena al premier Yizhak Rabin, 20 anni fa.
Scena del documentario Beyond the Fear
Quella morte travolse le aspettative di pace, rese sgomento l’intero Paese. Il primo omicidio politico in Israele chiuse la stagione della speranza. Oggi di quel ragazzo, diventato uomo e padre in carcere, nella pellicola “Beyond the Fear” se ne tessono le lodi per quella manciata di estremisti religiosi ebrei per i quali resta un eroe.
Il documentario, girato da registi israeliani, russi e lituani, è stato ritirato dal Festival dopo che il neo-ministro della Cultura Miri Regev – viste le polemiche travolgenti sulla pellicola - ha minacciato il blocco dei finanziamenti statali alla manifestazione. Il film sarà visibile solo in privato.
Una mossa quantomeno tardiva quella del ministro Regev che ha fatto tutta la sua carriera come capo dell’Ufficio censura dell’Idf, visto che il film è stato realizzato con i contributi pubblici. La programmazione del Festival che apre il prossimo 9 luglio sarà rivista.
Nella pellicola “Beyond the Fear” ci sono interviste con i parenti di Amir, che sta scontando l’ergastolo, inclusa la madre Geula Amir e la moglie Larissa.
Sono riprese anche le conversazioni telefoniche tra Amir e il figlio (avuto dalla moglie mentre era in prigione con lo sperma trafugato), dove viene ritratto come un papà che racconta fiabe al suo piccolo. «Sono una delle persone – dice la moglie Larissa - che lo vede come un eroe».
Sull’opportunità di proiettare il film la prima a intervenire è stata la nipote di Rabin, Noah Rotman che ha parlato «di un uso cinico della libertà di espressione». Più netto il giudizio espresso in prima pagina ieri su Yedioth Aaronoth: «Si tratta della glorificazione di un assassino».
Ma sono state ancor più le parole dell’ex presidente Peres a scuotere gli animi. Il film, dice Peres, è «un prodotto di propaganda volto a rivalutare l’immagine dell’assassino». Nei suoi confronti, dice ancora l’anziano leader, «non ci può essere perdono».
Peres è sceso in campo per difendere la memoria dell’amico- rivale con cui condivise il Nobel per la pace e che era al suo fianco il 4 novembre 1995, quando nell’allora Piazza del Municipio e oggi Piazza Rabin a Tel Aviv, echeggiarono quei tre colpi di pistola che colpirono alla schiena le speranze di pace di un intero Paese.
Una stagione che sembra lontana uno spazio infinito rispetto ad oggi. Il nuovo governo israeliano guidato da Netanyahu non ha la ripresa delle trattative tra le sue priorità. Il presidente Abu Mazen si dibatte nelle perenni divergenze del campo palestinese. Ieri ha annunciato lo scioglimento del governo di unità nazionale, che doveva segnare la riconciliazione con Hamas dopo la guerra di Gaza. L’ennesimo fallimento di una leadership stanca e logorata dal tempo.
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