QUANDO I PUGNI ERANO CAZZOTTI - CON JOE FRAZIER SE NE VA UNO DEI SIMBOLI DELL’EPOCA D’ORO DEL PUGILATO - LEGGENDARIE LE SFIDE CON FOREMAN E CON ALÌ, TRECENTO MILIONI DI PERSONE INCOLLATE ALLE TV (“CI POTEVA SCAPPARE IL MORTO”) - “VOLEVA COMBATTERE ANCHE QUELL´ULTIMO ROUND A MANILA NEL ‘75 NELLA RIVINCITA CONTRO ALI, MA DA DUE RIPRESE NON CI VEDEVA PIÙ. IL TRAINER CON DOLCEZZA GLI DISSE: “SIEDITI, RAGAZZO, È FINITA. NESSUNO SI DIMENTICHERÀ MAI QUELLO CHE HAI FATTO OGGI”...

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Emanuela Audisio per "la Repubblica"

«Buonanotte, Joe». La boxe è secca nei colpi e negli addii. Sa fare male con poche parole. Joe Frazier se n´è andato a 67 anni per un tumore al fegato. E con lui tutta un´epoca che mollava jab, sputava sangue, ma non indietreggiava di un centimetro. È stato un campione, un pugile, un colosso. O meglio un carro armato: 110 kg, per 1 metro e 85. Uno di quelli di cui tutti sapevano il nome quando la boxe era lo sport con cui si misurava il mondo. Trecento milioni di persone incollate al video nei suoi match contro Ali. Il primo a sconfiggerlo (ai punti) nel ‘71.

L´unico a fargli sussurrare: «The Greatest is gone». Il più grande non c´è più. Ali tornava sul ring dopo 43 mesi di esilio: Frazier si ruppe il polso destro e gli ruppe la mascella. La cantante Diana Ross si mise a terra a piangere, ma Ali con fierezza disse: «Io non piango e non dovrebbero farlo nemmeno i miei amici». Frazier divenne The Champ. I suoi pugni erano belli perché brutali, avevano la poesia della fame e della verità.

Quando lui picchiava, e sapeva farlo, i campioni dei massimi guadagnavano più del primo inquilino della Casa Bianca. Erano conosciuti e rispettati, il simbolo di come si sta in piedi nella vita. Pestati, ma a testa alta. Il soprannome "Smokin´Joe" glielo aveva dato il suo manager Yank Durham, che prima dei match aveva sempre l´abitudine di dirgli: «Vai là fuori e fai uscire fumo da quei guanti».

Altri dicono perché sul ring era aggressivo come un toro. Stallone nel film "Rocky" l´idea di allenarsi nei macelli la prese proprio da Frazier che ci aveva lavorato a Filadelfia. Nino Benvenuti ricorda: «I suoi incontri con Ali sono stati epici, poteva scapparci il morto. Non ci sono più pugili così, se scali l´Everest non puoi proseguire ma solo tornare indietro, ci sono campioni che sono arrivati al massimo, oltre i quali non si può andare, Frazier è uno di questi».

Tutti hanno cercato di imitarlo: 32 successi (27 prima del limite), 4 sconfitte e 1 pareggio. Il 73% dei suoi incontri vinti per ko, meglio di Ali, fermo al 60%. Ha spiegato George Foreman che lo sconfisse due volte: «Io e Ali eravamo forti ma quando salivamo sul ring con lui, lo rispettavamo. La prima cosa che ricordo è quando mi ha mancato, mi sono spaventato così tanto che l´ho colpito sei volte. E anche quando hanno fermato l´incontro, dando a me il titolo, lui era ancora in piedi».

Voleva combattere anche quell´ultimo round a Manila nel ‘75 nella rivincita contro Ali, ma da due riprese non ci vedeva più. Il suo trainer Eddie Futch con dolcezza gli disse: «Siediti, ragazzo, è finita. Nessuno si dimenticherà mai quello che hai fatto oggi».

 

joe frazier joe frazier JOE FRAZIER GEORGE FOREMAN MOHAMMED ALI jpegJOE FRAZIER CONTRO MOHAMMED ALI FRAZIER VS ALI