DAGOREPORT – IL MIRACOLO DEL GOVERNO MELONI: HA UNITO LA MAGISTRATURA – LE TOGHE SI SONO COMPATTATE…
Antonello Piroso per la Verità
Anna Falchi, 45 anni, solare finlandese naturalizzata italiana, attrice e conduttrice, protagonista di cinque calendari, è come scomparsa dai radar. Lei ribatte: «Lo sai che è la stessa cosa che si dice di te?».
Cioè che ho fatto cinque calendari?
«E dài. Il fatto è che se non ti si vede sulla tv generalista, sei dato professionalmente per morto. Invece io sono viva e vegeta, per questo ho rifiutato mille volte sia L' isola dei famosi sia il Grande Fratello Vip. Come scrivo nel mio blog: sono una professionista nell' arte di arrangiarsi.
Conduco un programma, Sei donna, sul canale digitale Donna&Sposa, e sono a teatro a Napoli con la commedia La banda degli onesti, la trasposizione del film con Totò e Peppino De Filippo. A breve farò una trasmissione di cucina su Telenorba. E da due anni sono inviata di Quelli che il calcio per la Lazio».
Siamo però lontano dai fasti degli anni Novanta: già nel 1995 avevi guadagnato, parole tue, il tuo primo miliardo.
«Vero, ma i soldi non sono mai stata la priorità in quanto tali. Non amo la retorica del "vengo da un' umile famiglia" ma non mi vergogno di dire di aver avuto un' infanzia non facile segnata da problemi economici seri. Mia madre ha cresciuto me e mio fratello Sauro da sola (del padre Benito, che li ha lasciati quando Anna era bambina, non parla, ndr), e mi ha insegnato che ogni lavoro onesto ha la sua dignità. Io a 13 anni facevo già la modella di una pubblicità per porte blindate perché a casa c' era bisogno di soldi. Ma sognavo il cinema. I due mondi si sono incontrati quando Federico Fellini mi ha voluto per lo spot della Banca di Roma con Paolo Villaggio.
A Fellini come eri arrivata?
«Facendo provini su provini. Nel 1989 ero arrivata seconda a Miss Italia, vincendo il titolo di Miss cinema. Ero alta e magra, quindi la moda era una conseguente destinazione naturale. Dalla Romagna sono venuta a Roma, prendendo una camera in una pensione a una stella con il bagno in corridoio e osservando una dieta a basso contenuto calorico (ride, ndr). Fellini mi prese in simpatia, anche se non ero una "tettona"».
Già: il seno te lo sei fatto dopo, pagandolo a rate.
«15 milioni di lire in 10 rate da un milione e mezzo l' una. C' è stato un momento in cui se volevi finire in copertina dovevi avere un' immagine procace. A Fellini però il fatto che all' epoca avessi poco seno non importò, si comportava come uno zio o un nonno affettuoso, mi faceva sedere sulle sue ginocchia...».
Non mi starai per caso denunciando una molestia subita 25 anni fa, e per di più dal regista premio Oscar?
«Ma fammi il piacere. Furono tutti premurosi e nessuno azzardò mai una parola o un gesto fuori posto».
Tu però hai raccontato di essere stata molestata, addirittura «da nomi altisonanti».
«Allora, facciamo chiarezza, e iniziamo con il distinguere tra corteggiamento, molestie, e la vera e propria violenza che può arrivare a quell' atto ripugnante che è lo stupro. A me non è mai capitato, non mi è mai successo di essere sbattuta al muro o comunque "brutalizzata".
Però che ci sia stato chi si è sentito in diritto di allungare le mani, spingendo per arrivare ad altro, cercando di baciarti, lo posso tranquillamente affermare. Sono molestie "ambientali". Nel senso che in ogni ambiente ci sono le persone perbene e i poco di buono. Ogni donna di spettacolo, a meno che non sia un cesso a rotelle, subisce avances. Ma io sono sempre riuscita a imporre il mio "no, grazie, non m' interessa"».
A una decina di attrici con il regista Fausto Brizzi non sarebbe andata altrettanto bene. Lui ha annunciato che si tutelerà. Asia Argento ha twittato: «Querelaci tutte, non ci fai paura!».
«Se il quadro che esce dalle testimonianze fosse confermato, sarebbe gravissimo. Dopo di che, sono garantista: non è lui che deve dimostrare la sua innocenza, sono le accuse che devono essere provate.
Ripeto: se così fosse, non ci sarebbero adeguate parole per commentare. Quanto a Asia Argento, italiano discutibile a parte (per la precisione ha scritto "Querelaci a tutte"), non capisco lei che c' entri. A meno che non voglia ergersi a paladina di tutte le donne che patiscono soprusi nel mondo».
Che ci siano maschi che non si fermano davanti a un «no» è però fuori dubbio.
«Assolutamente. Ma penso anche che ci siano un bel po' di "pecorelle" tutt' altro che smarrite. E sanno benissimo quello che vogliono e a quale tipo di compromessi bisogna scendere. Per fortuna ci sono poi tante donne che quel prezzo non l' hanno voluto pagare, preferendo fare una carriera in verticale anziché in orizzontale.
anna falchi andrea ruggeri (2)
Si fa più fatica, ma vuoi mettere la soddisfazione? E ti dirò di più: io Henry Weinstein l' ho pure conosciuto, con Flavio Briatore al Billionaire in Sardegna quando ero sposata con Stefano Ricucci; anni dopo, nel 2012, quando con la piccola società di produzione di mio fratello, la A-movies production, abbiamo cercato di portare nelle sale americane il film Appartamento ad Atene, protagonista Laura Morante, che avevamo presentato al Palm Springs film festival.
Gli ho mandato un messaggio, mi ha risposto dopo 10 minuti, si è fatto mandare una copia, mi ha detto che non era il tipo di prodotto di cui loro si occupavano e mi ha indirizzato a un' altra casa di distribuzione di un suo amico. Lungi da me l' idea di difenderlo a scatola chiusa, ma con me fu gentile e professionale. Mica come Helmut Newton».
Il celeberrimo fotografo?
«Sì. Ebbi l' occasione di posare per lui quando il mensile Max voleva realizzare un poster a grandezza naturale di una modella da regalare ai lettori. Solo che non se ne fece nulla: lui continuava a ripetermi "I want see the pussy"...».
Cioè «fammela vedere», e non riferendosi alla tua grinta, immagino...
«Io continuavo a rispondergli: "Forget it", scordatelo. Alla mia agenzia venne un colpo: avevo mandato al diavolo Newton».
Da cinque anni hai trovato la stabilità nel rapporto con Andrea Ruggeri, avvocato nipote di Bruno Vespa, nominato nel 2015 responsabile tv di Forza Italia. Con cui però non convivi.
«Le case separate fanno sì che non ci si ritrovi a darsi per scontati. Ma Andrea è l' amore più importante che io abbia vissuto. E poi è molto legato a mia figlia Alyssa di 7 anni».
Avuta con l' imprenditore Denny Montesi, che andò in tv a parlare della fine della vostra storia. Hai avuto relazioni con personaggi pubblici, da Max Biaggi a Stefano Ricucci, non sempre tranquille. Di Fiorello, con cui secondo il Corriere della Sera al Festival di Sanremo del 1995 avresti rumoreggiato in albergo, hai detto: «È una persona molto diversa da come appare».
«Non parlo di lui né di altri del mio passato perché anche gli amori cadono in prescrizione. Comunque sappi che ho ancora il telegramma di scuse che mi mandò Mario Luzzato Fegiz, il giornalista del Corriere in questione, per essersi abbassato a tale livello».
Che tu ti sia fatta viva con Biaggi dopo il suo terribile incidente è tutt' altro che disdicevole. Quanto a Ricucci, pare che una volta, durante una riunione in cui lui stava illustrando agli investitori l' idea di lanciare un' opa (offerta pubblica di acquisto, ndr), tu abbia proposto: «Perché non lanciate una topa?».
«Quando ho saputo della caduta di Max, ho pianto anche perché ne fece una grave quando stavamo insieme sul finire degli anni Novanta, e ho rivissuto quei momenti dolorosi. Certo, gli ho scritto. Quanto alla battuta, la "topa" ero io ovviamente (ride, ndr). Se non altro ho sdrammatizzato l' atmosfera».
La famiglia Agnelli ti aveva in simpatia.
«L' Avvocato mi volle conoscere dopo che - avendo confessato a Enzo Biagi che del Sanremo del 1995 l' unica cosa che ricordava ero io - erano fioccate le illazioni. Così m' invitò a prendere un the e quando mi vide esclamò: "Finalmente incontro la splendida donna con cui sarei addirittura fidanzato". Elegante, cortese, educato. Come la sorella Susanna, che mi mandò un mazzo di fiori con una dedica molto affettuosa pochi giorni dopo l' arresto di Ricucci nel 2006».
Sei una tifosa sfegata della Lazio, alla festa per lo scudetto del 2000 sei rimasta in reggiseno allo stadio. Che effetto ti ha fatto l' idea di alcuni tifosi di mettere, con un fotomontaggio, la maglia della Roma ad Anna Frank?
«Che si è dato troppo rilievo all' iniziativa di un gruppetto, moltiplicandone l' effetto che come sempre provoca il rischio emulazione. Si poteva individuarli e procedere con un "Daspo", il divieto di accedere alle manifestazioni sportive.
Dopo di che, non tutta la tifoseria biancazzurra va identificata con quella frangia. Poi non è mancato il sarcasmo dei social. Mi è arrivata una foto di Claudio Lotito con gli occhi sbarrati e la didascalia: "Scusate regà! Avevo capito Anna Falchi", non Anna Frank».
I supporter della Roma quando sei rimasta in lingerie hanno esposto uno striscione: «Te sei scoperta laziale, ma se vinceva l' Acireale, tu te spogliavi uguale».
«Davvero? Vabbè, se lo sfottò non è volgare né sguaiato ci devi stare, è una cosa che ho imparato da quando vivo a Roma. Ma i maestri sono i tifosi napoletani: quando il Verona andò a giocare al San Paolo, dopo che all' andata i veronesi avevano provocato con "Forza Vesuvio", loro risposero con la scritta "Giulietta è 'na zoccola". Oggi verrebbero accusati di sessismo».
A proposito di doppi sensi, pure tu non scherzi: sul palco dell' Ariston sbottasti con un «Katso merta!».
«Che è un imperativo in finlandese, vuol dire: guarda il mare! È un esercizio rilassante che dovremmo fare tutti più spesso».
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