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"The Unknown Known" di Errol Morris
Marco Giusti per Dagospia
E adesso? Fra i critici italiani che cercano impossibili appigli per salvare un film decoroso, come "L'intrepido" di Gianni Amelio, ma dalla pur intrepida presenza poco giustificabile in un concorso internazione, un presidente di giuria che ha troppi amici da scontentare in concorso e, soprattutto, troppi vecchi modelli di cinema bertolucciano da tradire come il Jean-Louis Trintignant de "Il conformista" e troppi nuovi autori piu' moderni da premiare, fra giovani critici e cinefili costretti a vedere un simpatico film per vecchie signore da serate televisive invernali come "Une promise" di Patrice Leconte, polpettone romantico anche ben recitato che traduce in inglese un bel romanzo di Stefan Zweig, stiamo ancora digerendo uno dei migliori e piu' politici film della Mostra che verra' domani dimenticato sui nostri giornali per fare spazio a (queste si') intrepide paginate su "L'intrepido" e alle tette delle Femen da poco sbarcate.
Si tratta di "The Unknown Known", il grande complesso documentario che Errol Morris ha dedicato a Donald Rumsfeld, controverso segretario della difesa americano di ben quattro governi repubblicani e in gran parte responsabile della strategia bellica americana in Irak nel governo Bush e degli scandali di Guantanamo e Abu Ghraib.
Per undici giorni Rumsfeld, dal sorriso sempre aperto e dalla bellissima e accattivante voce da politico di vecchio corso, ha risposto alle domande del preparatissimo Errol Morris, che non e' ne' un Giovanni Minoli di "Mixer" che intervista Craxi ne' un Michele Santoro che intervista Silvio Berlusconi su La7. Anche perche' non e' un giornalista. Morris cerca infatti di fare del cinema, e non a caso il film e' dedicato a un celebre critico da poco scomparso, Roger Ebert, raccontando una pagina di storia importante non solo del suo paese attraverso la voce e gli scritti, degli incredibili promememoria, che Rumsfeld stesso ha messo da parte nella sua lunga e controversa carriera politica.
Ma cerca anche di scalfire dietro la maschera del politico le sue colpe, il noto ignoto o l'ignoto che non e' proprio cosi' come si conosce. Quello che viene fuori, alla fine di questo ritratto di politico troppo astuto per cadere nei tranelli di Morris ma non cosi' innocente per salvarsi dalle proprie responsabilita' se non incolpando alla guerra, dalla sua amministrazione provocata, le cause delle torture e degli orrori di Abu Ghraib (e Falluja?), e' una grande lezione di comunicazione politica che fa impallidire pure le stelle di casa nostra.
I Giorgio Gori, Fausto Brizzi e le Simone Ercoani che suggeriscono idee e frasi ai Renzi e Bersani, per non pensare ai consigliori, tipo Ferrara, che nel tempo ha avuto Berlusconi. Rispetto a qualsiasi attore visto al Festival Donald Rumsfeld sembra godere non di un copione ma di un vero team di esperti sceneggiatori e uomini di spettacolo. Come se le sue frasi, i suoi scioglilingua fossero tutti attentamente studiati e provati. A cominciare da quello del titolo che e' un po' il suo cavallo di battaglia e che sentiamo a piu' riprese nel film, anche come repertorio.
Impaginato come un film di fantascienza, con una precisa e spettacolare musica di Danny Elfman, il film e' meno riuscito di quello che Morris dedico' a Richard McNamara, ma in quel caso il distacco dal momento storico non poteva che aiutare l'operazione. Qui, come gia' molti critici americani hanno notato, i fatti sono troppo recenti per poter godere della stessa visuale.
Ma il film si pone da subito tra I piu' probabili candidati ai premi finali, assieme a "Tom a la ferme", alla "Philomena" non Marturano di Stephen Frears con Judi Dench e forse alle ragazze di Emma Dante. Impossibile appare ogni piazzamento, invece, per "Une promise" di Patrice Lecomte, malgradi le ottime interpretazioni della bella e elegante Rebecca Hall, del giovane Richard Madden, gia' star di "Trono di spade" e dell'Alan Rickman eterno cattivo di tanti kolossal.
La storia mette in scena un triangolo amoroso fra un giovane insegnante, Friedrich, I'll suo datore di lavoro, il ricco ma illuminato proprietario di una acciaieria, Karl Hoffmeister, e la sua giovane moglie, Lotte. Friedrich e Lotte si innamorano e rivelano i loro sentimenti proprio quando Karl ha deciso di mandare il suo giovane segretario in Messico per due anni a scavare manganesio per l'acciaio.
I due quasi-amanti si fanno la promessa che si ameranno quando lui tornera' dal Messico, complice il fatto che Karl e' pure malatissimo di cuore. Ma intanto scoppia la guerra e non si trattera' piu' di aspettare due anni. Si vede, certo, ma perche' portarlo a Venezia? Inoltre l'idea di un regista francese che gira in inglese un classico tedesco non e' meravigliosa. Scordavo. Apparizione stracult di Bedy Moratti, un tempo attrice e celebre fidanzata di Klaus Kinski in "L'intrepido". Urge rivalutazione del film.
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