DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Dagotraduzione dell'articolo di Olivier Séguret per "Libération" - http://next.liberation.fr/cinema/2012/11/14/le-mythe-de-rome-nait_860185
Tanto tempo fa, Roma è stata una città di cinema. Fino all'inizio degli anni '80, meritava il soprannome di "Hollywood sul Tevere", che faceva pensare a un'attività cinematografica frenetica, dove si mischiavano industria locale - ancora vivace - e le produzioni americane (o anche francesi) delocalizzate, e ancora numerose, non esistendo ancora la concorrenza dei paesi dell'Est. Ma la città eterna, da quel momento in poi, ha cominciato a cadere in un buco nero: innumerevoli sale hanno chiuso, l'industria del cinema si è in gran parte disintegrata, e fu perfino immaginato di trasformare Cinecittà in un parco a tema...
Roma ha così passato quasi vent'anni all'ombra delle luci del cinema mondiale, con la superba eccezione di Nanni Moretti, che ha continuato a ritrarla nei suoi film e a programmare, nel suo cinema, piccole feste cinefile tanto preziose quanto rare.
Nel 2007, il comune ha reagito con forza creando un nuovo festival internazionale, al quale sono stati assegnati mezzi importanti e soprattutto una bella infrastruttura: il Parco della Musica e il suo auditorium nuovo fiammante, dotato di molte sale. Da questo punto vista, il contrasto con la Mostra di Venezia, l'altro grande festival del paese, le cui infrastrutture fanno pietà , è sorprendente.
PROSECCO.
Eppure, nelle sue prime sei edizioni, il festival di Roma ha faticato a convincere. Troppo provinciale e attento alle star, è stato percepito come il veicolo delle vanità politiche locali e, al di là della sfera romana, non era riuscito ad attirare il gotha cinefilo mondiale. Il suo colpo di fortuna è arrivato con la cacciata dalla Mostra di Venezia del suo prestigioso direttore, Marco Müller, e il suo passaggio armi e bagagli nel campo della capitale.
Questa settima edizione, che dura fino a questo weekend, dà la misura del rinnovamento: la messe di cinema proposto è una delle più diverse e rinvigorenti che ci siano, anche a guardare la nettissima progressione degli accrediti, di professionisti, cinefili e studenti, aumentati del 30% rispetto al 2011.
Roma 2012 mette in mostra un fascio di tendenze di cui possiamo percepire lo spirito nella professione di fede che ha fatto Muller davanti a un bicchiere di prosecco: "L'idea principale era di non somigliare agli altri festival...e per non essere convenzionali, bisogna andare in tutte le direzioni. Il festival di Roma abbraccia una visione del cinema a 360 gradi. La mia ambizione è farne un festival contradditorio e poroso". E' quello che più ci colpisce: una generosità di visione che ci permette di accogliere tutte le famiglie del cinema, tutte le sue forme e le sue sperimentazioni.
Così da far coesistere degli oggetti radicali e appassionanti come "A Walk in the Park", di Amos Poe, e "Lesson of Evil", di Takashi Miike. Il primo, a metà tra un affresco astratto e un documentario, studia la follia di un quarantenne americano disorientato fino alla rovina mentale dalla sua relazione perversa con la madre, degna di Psycho. Il secondo non è meno folle, e racconta con una foga frenetica di un professore giapponese che massacra uno a uno tutti i suoi studenti, in un ribaltamento inedito della figura del serial killer in stile Columbine.
Molto più placida ma non meno conturbante, la produzione portoghese "Centro Histórico" ridona nobiltà a un genere spesso deludente: il film a episodi. Qui sono riuniti, e scusate se è poco, Aki Kaurismaki, Pedro Costa, Victor Erice e Manoel de Oliveira, per un piccolo gioiello collettivo eppur singolare, il cui tema obbligato ruota intorno alla città di Guimaraes, il suo popolo e la sua storia. Lo schivo cineasta Erice ha approfittato dell'occasione per girare un breve e sconvolgente documentario sulla sparizione di una fabbrica tessile del luogo: "Ho 77 anni e non so che cosa sia la felicità ", dichiara una ex impiegata di cui non scorderemo mai gli occhi penetranti...
"UN INFERNO".
Più inatteso nel registro sperimentale, troviamo anche Paul Verhoeven, che ha presentato un film davvero eccitante: "Tricked", breve ed esilarante studio dei costumi nell'Olanda contemporanea. Una "masterclass" di Verhoeven seguiva la produzione del film e ne spiegava il sistema: dopo aver scritto e realizzato lui stesso i primi quattro minuti, ha invitato un gruppo di internauti a partecipare al seguito della sceneggiatura: per ogni capitolo, il regista ha dovuto scegliere tra più di 700 proposte. "Un Inferno", riconosce, ma che ha reso molto: "Tricked" fila con una vitalità estrema e uno humor esplosivo, e le donne, come spesso accade nei suoi film, hanno sia tutto il potere che i ruoli più belli.
L'idea, più volte sostenuta, di un rinnovamento del cinema (giovane) italiano acquista a Roma qualche consistenza grazie ad "Ali ha gli occhi azzurri", di Claudio Giovannesi (versione italiana di un cinema che riflette sull'integrazione e sullo scontro tra culture), e a "il Volto di un'altra" di Pappi Corsicato (satira piacevole, non sempre riuscita, che però può far pensare ad un Almodóvar italiano).
Infine, l'inclassificabile Alexei Fedorchenko ha portato a Roma la nota sessuale senza la quale non si ha un grande festival, con "Celestial Wives", incredibile immersione, panteista e triviale, negli abissi della sessualità della piccola popolazione di un paesino russo.
A qualche giorno dalla fine, Roma può dunque mostrare senza arrossire un bilancio molto positivo. E lasciamo le rive del Tevere fantasticando che un festival del genere, cittadino e cinefilo, amichevole e ambizioso, non farebbe male a Parigi...
marco muller all auditorium di roma marco muller all auditorium di roma muller e giusti giovani e magriPiera Detassis e Teo paolo mereghettiNANNI MORETTI Pappi Corsicato Takashi Miike
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