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"IO E MORANDI ERAVAMO COME RIVERA E MAZZOLA. TORNIAMO A SFIDARCI AL FESTIVAL COME NEGLI ANNI SESSANTA" – RANIERI A SANREMO RITROVERA’ IL SUO AMICO-NEMICO: “IL PUBBLICO RIVEDRÀ ALL'ARISTON DUE EX RAGAZZINI RIMASTI GIOVANI DENTRO. QUANDO HO SAPUTO CHE ERAVAMO ENTRAMBI IN GARA HO SENTITO GIANNI CHE MI HA DETTO: "ANDIAMO A DIVERTIRCI". LO SPIRITO SARÀ QUESTO, MA SEMPRE CON UNA PAURA FOTTUTA”- E POI GARINEI, STREHLER E IL SOGNO DI UN DUETTO CON MINA- VIDEO

Luca Dondoni per "la Stampa"

 

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A 25 anni dalla sua ultima partecipazione Massimo Ranieri torna al 72° Festival di Sanremo con Lettera di là dal mare con testo e musica di Fabio Ilacqua. La presenza di un grande della musica e del teatro italiano come Ranieri ha scatenato la curiosità del pubblico per molti motivi e tra questi c'è la sfida diretta con l'amico/nemico Gianni Morandi. Una sfida che ha diviso l'Italia per buona parte degli Anni 60.

 

«Assolutamente. Eravamo come Rivera e Mazzola, Adorni e Gimondi, due cantanti amici/nemici che vivevano di una rivalità sana, fatta di canzoni che la gente imparava a memoria e che, l'una per l'altra, potevano vincere Canzonissima o il Festival. Il pubblico rivedrà all'Ariston due ex ragazzini rimasti giovani dentro. Quando ho saputo che eravamo entrambi in gara ho sentito Gianni che mi ha detto: "andiamo a divertirci, sarà una settimana pazzesca". Lo spirito sarà questo, ma sempre con un'ansia spaventosa e una paura fottuta».

 

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La sua è stata una scelta davvero inaspettata e con la sua storia non ha certo bisogno dell'Ariston. Cosa l'ha spinta a gareggiare?

«Quel posto ha un fascino incredibile e il festival l'ho sempre seguito. Anche quando avevo delle recite a teatro tornavo in albergo e mi guardavo le ultime sei, sette canzoni e la grande finale sino alla celebrazione del vincitore. Sanremo per anni è stato molto pericoloso, o almeno così ci dicevano i discografici, potevi bruciare una carriera in pochi minuti. Poi per anni c'è stata l'eliminazione anche se fortunatamente non mi è mai successo ma ora voglio respirare quell'aria, l'emozione che ho vissuto 50 anni fa e oggi sento già dalla mattina quando mi alzo alla sera quando vado a letto».

 

La sera della finale di Sanremo Giovani, ha detto che non vede l'ora di fare ascoltare Lettera di là del mare.

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«Esattamente. Quando l'ho provinata su di me ha avuto lo stesso impatto che ebbe Perdere l'amore. A quei tempi ricordo che stavo recitando per Pietro Garinei e gli dissi che mi avevano proposto un pezzo fantastico per Sanremo. Garinei, con la signorilità che lo contraddistingueva disse: "Se la canzone le piace così tanto vada pure, fermeremo le repliche e aspetterò il suo ritorno". Vinsi».

 

 L'Ariston è un posto magico.

«Il festival è l'Oscar americano e stare lì sopra è il massimo dell'emozione».

 

Nel suo ultimo libro Tutti i sogni ancora in volo si intuisce la sua perenne ricerca di qualcosa, di un traguardo.

«L'arte mi ha insegnato a essere curioso. Non mi stanco mai di guardare avanti e avere il coraggio di scoprire cosa c'è dietro l'angolo. Sono un uomo che cerca di sapere sempre cosa c'è dietro l'angolo anche con tutti i perigli che comporta. La curiosità mi tiene vivo».

 

E lei a 70 anni ha lo stesso entusiasmo degli esordi

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«Le racconto una cosa: da giovanissimo imparai a camminare sul filo e insieme a me c'era un altro ragazzino che faceva il provino sotto il tendone di un circo della famiglia Orfei. Ero un po' imbranato e sentii il maestro dire a sua moglie: "questo è uno che sul filo non ci andrà mai". Da quel momento mi sono allenato 8 ore al giorno e diventai bravissimo. Bisogna vincere le proprie paure anche se non tutte si vincono nella vita e molte rimangono. Tocca combattere, sempre».

 

Dall'alto della sua esperienza come guarda il mondo della musica di oggi?

«I giovani parlano un altro linguaggio rispetto a noi e lo accetti o non lo accetti. Alcuni rapper dicono cose che ai miei tempi si pensavano ma non si aveva il coraggio dire».

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Quali sono stati i momenti più belli e più brutti della sua carriera?

«Belli, la prima vittoria al Cantagiro del '67 e l'aver conosciuto Giorgio Strehler. Un incontro che ancora mi porto dentro dopo 40 anni. Quando lasciai il Piccolo mi disse: "Abbandoni tuo padre" e mi misi a piangere. Ferite? Tante e difficile ricordarne una in particolare ma mi hanno dato forza e coraggio di arrivare dove sono».

 

C'è una grande donna della musica italiana con cui vorrebbe duettare?

«Con Mina sarebbe bellissimo e una scoperta che mi piacerebbe affrontare».

MASSIMO RANIERI QUI E ADESSOGiorgio Strehlerintervento di massimo ranieri foto di bacco (2)MORANDI RANIERI 1