
DAGOREPORT – PD, UN PARTITO FINITO A GAMBE ALL'ARIA: LA LINEA ANTI-EUROPEISTA DI SCHLEIN…
1. VIDEO: LA PROTESTA DEI DIPENDENTI RCS - URLA E FISCHI AL PASSAGGIO DI MARCHETTI, DE BORTOLI E I MANAGER
Dalla pagina Facebook "Rcs Siamo Noi"
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2. RCS CHIUDERÃ 10 PERIODICI SE NON LI VENDE ENTRO GIUGNO
Andrea Greco per "la Repubblica"
Brutte notizie per i periodici Rcs, che se non troveranno compratori entro fine giugno saranno chiusi. A parte l'enigmistica, unica a non produrre perdite. La convention dei dirigenti dell'editore ("2015: Imbarco immediato") ha fatto emergere la decisione, dopo che il cda Rcs non ha ritenuto congrue le due offerte per il blocco di testate su cui si negoziava: i compratori, infatti, avevano chiesto qualche decina di milioni di dote per continuare a pagare i 110 stipendi dei periodici (90 giornalisti).
Il pacchetto include A, Visto, Ok Salute, BravaCasa, Yacht & Sail, Novella 2000, Max, l'Europeo, Astra. L'azienda cercherà singoli compratori "rapidi", ma è un percorso in salita e al contempo a giorni avvierà il confronto sindacale sulle possibili chiusure.
La riunione dei dirigenti è stata contestata dai lavoratori dei periodici, che tra ironie e applausi hanno gridato «vergogna» in coro ai manager. «Una manifestazione corretta e opportuna», ha replicato l'ad Pietro Scott Jovane, con il presidente Angelo Provasoli all'incontro.
La dirigenza ha presentato un nuovo assetto organizzativo, che crea l'unico comparto editoriale "Media Publishing" in cui confluiscono quotidiani e periodici, guidato da Alessandro Bompieri (oggi dg di Quotidiani). Il capo dei periodici Matteo Novello prende la guida della nuova unità Sfera, che accorpa le attività per l'infanzia. Il riassetto, che non riguarda Rcs Libri, prevede poi la creazione di una divisione Operation, con gli stabili, le infrastrutture e la gestione fornitori.
Quarta divisione sarà la pubblicità . Tali mosse, fulcro con i tagli del piano di rilancio, dovrebbero triplicare la marginalità entro il 2015. Ma tra una settimana toccherà alla trimestrale di gruppo a marzo, atteso Mol negativo e una perdita di un centinaio di milioni.
Il vero cruccio del gruppo che edita il Corriere della Sera però continua a essere l'aumento di capitale, obbligatorio per l'erosione dei minimi legali avvenuta lo scorso giugno e ampliatasi con le perdite successive.
La ricapitalizzazione da 400 milioni, al voto assembleare di fine maggio, è a rischio perché un terzo dei presenti potrebbe opporsi; in tal caso l'azienda aprirebbe la procedura concorsuale. Le critiche di tanti soci forti, specie di estrazione industriale come Della Valle, Benetton, Rotelli, Pesenti, Merloni, si concentrano su un riassetto finanziario che privilegia il rimborso di ben 200 milioni ai creditori, e rinegozia il debito futuro (575 milioni) a tassi del 6%.
La situazione è delicata, ma pare che le banche azioniste - Intesa Sanpaolo e Mediobanca in primis - siano disposte a rivedere gli estremi del piano siglato tre settimane fa. «Nessuna notizia», ha detto ieri l'ad di Unicredit Federico Ghizzoni, tra i più freddi sul dossier Rcs. Anche se il tempo scarseggia, tra i creditori la convinzione di non poter ignorare le istanze dei soci industriali cresce. Gli occhi sono puntati sul patron della sanità Giuseppe Rotelli, che con il 16,5% sarà l'ago della bilancia.
3. RCS, IL TEMA DEBITO TORNA SUL TAVOLO
Laura Galvagni per il "Sole 24 Ore"
Non si può far finta di nulla. Non si possono negare le perplessità sollevate da alcuni soci rispetto al contenuto del piano di ristrutturazione di Rcs. Sarebbe questa la convinzione che lentamente starebbe maturando in seno al gruppo editoriale. Certo, i contratti, soprattutto quelli sul debito, sono già stati firmati e le possibilità di manovra sembrano limitate, tuttavia si cercherà di capire se sia possibile aggiustare alcuni dei termini chiave dell'intesa.
In quest'ottica, recentemente sarebbe arrivato da parte di Diego Della Valle, azionista fuori patto ma prima voce dissenziente rispetto ai contenuti del piano, un nuovo messaggio volto a ribadire quanto già detto nelle lettere inviate al board e al collegio sindacale, ossia che il progetto non spartirebbe in maniera equa gli oneri di rilancio tra i diversi stakeholders.
Nel mirino ci sarebbe in particolar modo l'accordo sulla ristrutturazione del debito. Un'intesa, secondo Della Valle, che non rispecchierebbe la situazione in cui versa il gruppo editoriale e che andrebbe a vantaggio esclusivo degli istituti. Più razionale sarebbe, a suo parere, che le banche mettessero in conto una sorta di write-off di parte del l'esposizione e riducessero gli oneri legati al rifinanziamento della fetta restante.
Un pensiero condiviso pure dai Benetton e che troverebbe sponda anche in altri azionisti, ancora dubbiosi sulla possibilità o meno di aderire all'aumento di capitale. Di qui, l'idea di attivare un tavolo di mediazione. D'altra parte, stante così le cose, la ripatrimonializzazione, oltre al no di Della Valle e Benetton, rischia di incassare oltre opposizioni.
à emerso ieri, peraltro, che lo scorso 24 aprile, Ponzano Veneto ha pure limato la partecipazione in Rcs vendendo sul mercato circa uno 0,3% del proprio pacchetto sceso attorno al 4,7%. L'operazione rientrerebbe nella normale gestione di portafoglio e non dovrebbe ripetersi a stretto giro. Sarebbe di fatto servita per "arginare" la futura debolezza del titolo, già scritta nei valori ai quali verrà lanciata l'iniezione di liquidità . Altro tema sensibile in più occasioni stigmatizzato da alcuni azionisti, considerate le condizioni iperdiluitive.
Rispetto alla possibilità che il piano venga modificato, ieri l'amministratore delegato di Rcs, Pietro Scott Jovane, ha risposto così a chi gliene chiedeva conto: «Non so cosa rispondere, lo farò quando sarò in grado». Prima di lui il presidente Angelo Provasoli, dopo essersi detto ottimista, ha preferito «non entrare nello specifico». Mentre Federico Ghizzoni, ceo di UniCredit, una delle banche esposte verso Rcs, si è invece limitato a dire che «non ha notizie in merito».
Detto ciò, il cantiere Rcs sembra essere ancora aperto. Non foss'altro perché il gruppo ha deciso di archiviare l'ipotesi di vendita in blocco dei 10 periodici dichiarati non strategici e fissando al 30 giugno la data ultima oltre la quale, in assenza di acquirenti, cesserà la pubblicazione delle testate. Si tratta di un pacchetto di pubblicazioni anche storiche della Rizzoli che va da Novella 2000 a Max, passando per l'Europeo e Astra, e che impiega circa 110 persone, di cui 90 giornalisti, oltre a una cinquantina di precari.
Su nessuna risulta siano arrivate offerte soddisfacenti. Tra le dieci, solo quelle nell'enigmistica si dovrebbero salvare, perché comunque redditizie. L'ipotesi ha naturalmente scatenato la protesta dei giornalisti che ieri hanno atteso i vertici della società all'uscita del Teatro dell'Elfo dove le prime linee hanno presentato il nuovo assetto organizzativo che prevede la creazione di un unico comparto editoriale denominato Media Publishing, in cui confluiscono le divisioni Quotidiani e Periodici, e che sarà sotto la guida di Alessandro Bompieri (oggi direttore generale della Quotidiani). L'attuale numero uno dei Periodici, Matteo Novello, prende invece la guida della nuova unità Sfera, in cui verranno accorpate le attività nella prima infanzia, presenti anche a livello internazionale.
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