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DIO SALVI LA REGINA PUNK ROCKER - PATROCINIO REALE ALLE CELEBRAZIONI PER L’ANNIVERSARIO DI “ANARCHY IN THE UK”, IL FIGLIO DI MALCOM MCLAREN SI RIBELLA: “BRUCIO TUTTO, LA BENEDIZIONE DELLA REGINA E’ LA COSA PIU’ SPAVENTOSA CHE ABBIA MAI VISTO. IL PUNK OGGI È CONSIDERATO UN FOTTUTO PEZZO DA MUSEO”

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Carlo Bordone per ''il Fatto Quotidiano''

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Dio salvi la regina, non è un essere umano". Così, nella calda primavera londinese del 1977, i Sex Pistols auguravano buon giubileo all' odiatissima Queen Elizabeth, sulle cui regali labbra il grafico Jamie Reid pensò bene di infilare una spilla da balia. Elisabetta, come le Sheena e le Judy dei Ramones, era una punk rocker? Non esattamente, ma a quanto pare lo è diventata alle soglie dei novant' anni.

 

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Lo dimostra sorprendentemente (o forse no) il patrocinio reale concesso a Punk London, la rassegna che nel corso di quest' anno celebrerà - con concerti, mostre fotografiche, proiezioni, spettacoli vari e sfilate di "punk fashion" - i quarant' anni di quella rivoluzione innescata dal "rrright now!" sibilato da John Lydon (allora Rotten) nell' attacco di Anarchy in the Uk. Una rivoluzione mancata e tradita, secondo Joe Corré, figlio di Malcolm McLaren, manager dei Pistols scomparso nel 2010, e Vivienne Westwood nonché fondatore della griffe Agent Provocateur (nome straordinariamente punk).

 

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Corré ha annunciato che, per protesta contro "l' esproprio istituzionale" della cultura punk, il 26 novembre - ricorrenza dell' uscita, nel 1976, proprio di Anarchy - brucerà in pubblica piazza a Camden svariate memorabilia dell' epoca dal valore (così dice) di 5 milioni di sterline: "La benedizione della Regina al 2016 'Anno del punk' è la cosa più spaventosa che abbia mai visto. Invece che un movimento che ha cambiato lo stato delle cose, il punk è oggi considerato un fottuto pezzo da museo".

 

Buon sangue non mente. Non tanto per la fedeltà agli ideali del '76-77, quanto per la capacità di guadagnarsi le prime pagine dei giornali e per le tattiche di guerriglia pop che papà Malcolm sosteneva, con la sublime fanfaronaggine che lo contraddistingueva, di aver preso a prestito dai Situazionisti francesi.

 

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Per rimanere in tema di Royal Family basterebbe ricordare l' happening fuori da Buckingham Palace, quando nel marzo del '77 i Sex Pistols firmarono per la A&M davanti alle guardie col colbacco, oppure il leggendario jubilee boat trip di pochi mesi dopo con cui la band parodiò genialmente la sfilata reale sul Tamigi.

 

Strategie di manipolazione dei media che nella conformista e grigia Inghilterra di allora risultavano scioccanti e che oggi, tutto sommato, suonano vagamente anacronistiche. Nel caso in cui Corré organizzasse davvero il falò purificatorio che ha annunciato, sarebbe comunque una chiusura di cerchio perfetta dal punto di vista dell' iconografia. Il punk che si immola piuttosto che finire sotto formalina al Barbican o alla Tate Gallery. "No future" sul serio, anche se in questo caso sarebbe più che altro un "no past".

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La sensazione è che ai protagonisti di allora non possa fregare di meno. Primo tra tutti al vecchio Rotten, che ha sciolto, ri-formato e ri-sciolto i Sex Pistols più volte, per sua divertita ammissione sempre per questioni di "sporco lucro". Va bene così, il punk è stato anche questo.

 

Con tutte le sue (volute) contraddizioni, ha comunque rappresentato una delle staffilate contro-culturali più forti del Novecento, e per quanto si voglia ridimensionarne l' impatto è innegabile che l' eco del big bang di quarant' anni fa si sia riverberato nei decenni successivi. Nella musica, nello stile, nella cultura giovanile che nelle sue varie forme si è spesso ispirata a quelle vecchie storie di fine anni Settanta.

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Il peggior torto che si possa fare al punk è ridurlo a un feticcio turistico fatto di slogan, copertine di dischi, luoghi comuni storiografici, idealizzazioni postume e creste da mohicani. Tra i meriti di quella stagione ci sono cose che ancora oggi dovrebbero essere patrimonio condiviso.

 

Ad esempio l' impulso primigenio al do it yourself, la voglia di esprimersi artisticamente (e politicamente) rifuggendo i canali istituzionali e semmai creandone di nuovi. Oppure la curiosità reciproca e la commistione tra (sotto)culture diverse, come testimonia l' attrazione tra il mondo punk dei proletari bianchi e quello degli immigrati nella Londra di allora, strano incontro che diede vita a musiche meticce (rock' n'roll e avanguardia che si univano al reggae e al dub) rivelatesi nel corso degli anni influenti e durature.

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Se le celebrazioni londinesi metteranno in luce e approfondiranno aspetti come questi, allora ben vengano. Benedizione di Elisabetta o meno, e con buona pace di McLaren junior. Come disse una band americana degli anni Ottanta chiamata Minutemen - una delle tante alle quali Pistols, Clash, Buzzcocks, Damned e compagnia avevano cambiato la vita - il punk "è tutto ciò che tu vuoi che sia".

 

L' unica regola è che non ci sono regole. E chissà che in tempi come questi, in cui l' assenza di futuro pende sulle teste dei giovani come e forse di più che nel 1976, qualcuno da qualche parte non se ne inventi uno nuovo.

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