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di KOLLODI per Dagospia
Aldo Grasso è l'esempio più limpido di come un critico deambulante tra i canali televisivi (e non) possa, rubrica dopo rubrica-commento dopo commento, deteriorarsi per la smania di riempire colonnine argute (e non) sul "Corriere della Sera".
Una bulimia irrefrenabile quella del Professore torinista che alla pari del Lulù-Volontè del film di Elio Petri "La classe operaia va in paradiso" ("un pezzo, un culo", scandisce al tornio l'attore protagonista) ogni anno sforna per la premiata ditta di via Solferino oltre ottocento "pezzi".
Un record quello del nostro "pisseur de copie" che, a dispetto del Padreterno, non si riposa neppure la domenica.
L'ultimo ospite indesiderato nel suo "Padiglione Italia" è stato il simpatico furetto berlusconiano, Renatino Brunetta, reo di voler mettere becco sui programmi "faziosi" mandati in onda da mamma Rai.
Ma come si permette Brunetta, è insorto il professor Grasso, di salire in cattedra per bocciare o promuovere i conduttori dei talk show dimenticandosi, quale membro della Commissione di vigilanza Rai, di ritrovarsi nel ruolo infido di controllore e controllato.
Sai poi che cosa nuova nel Paese dei conflitti d'interessi diffusi in cui l'Rcs che paga Grasso vanta qualche primato!
Forse, lo stakanovista di via Solferino con la sua tiratina moralistica non immaginava di accendere una luce nel buio inconfessabile sulla sua attività di "criticone" al di sopra di ogni sospetto. Così da attirarsi qualche zanzara molesta.
Aldo Grasso dimentica, infatti, di essere stato un ex lottizzato Rai, ai tempi del Professori in viale Mazzini (direttore dei programmi radiofonici). E quanto a conflitti d'interesse, prima di buttarsi dal trampolino per i suoi spericolati esercizi di critica, Aldo-Lulù dovrebbe ricordarsi pure che anche lui convive con i suoi gagliardi conflitti interesse.
Già , dedicare un markettone di mezza pagina sul quotidiano di Via Solferino per decantare la bontà della serie tv prodotta e mandata in onda dal "suo" Corriere.tv, non è altro che un tuffo in quel mare melmoso in cui, secondo Grasso, annasperebbe il povero e inesperto Brunetta.
Allora, parafrasando l'ironico stile di Marcello Marchesi, potremmo aggiungere: "Dannata stampa: in media stat virus".
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