DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
1.RAI: RENZI, POLEMICA INCREDIBILE - SE ANNUNCIAVANO SCIOPERO PRIMA DEL VOTO ERO AL 42,8%
(ANSA) - "Una polemica incredibile, se avessero annunciato lo sciopero prima delle elezioni, invece del 40,8% avrei preso il 42,8%. A questo punto, se vogliono aprire una riflessione sulla qualità del servizio pubblico, bene; altrimenti questa polemica lascia il tempo che trova". Così Matteo Renzi al Festival dell'Economia di Trento.
2.RAI: RENZI, CHIESTO CONTRIBUTO INFERIORE A VALORE RAIWAYS
(ANSA) - "Alla Rai non abbiamo chiesto un taglio ai programmi e ai contenuti ma un contributo, come sta facendo tutto il Paese, di 150 milioni, che è meno del valore di Raiways che è di 170. Il problema è che invece di riflettere sulla qualità del servizio pubblico mi pare si sia scelta un'altra strada, con conduttori che fanno domande assumendo le parti dell'azienda". Matteo Renzi, al Festival dell'Economia di Trento, torna ad affondare contro la protesta scoppiata in Rai in seguito al contributo chiesto dalla spending review.
3.RAI: RENZI,VOGLIONO FARE SCIOPERO? POLEMICA UMILIANTE
(ANSA) - Vogliono fare sciopero? lo facciano..poi andiamo a vedere quanto costano le sedi regionali.. E' umiliante questa polemica sullo sciopero, quando nel paese reale tutte le famiglie tirano la cinghia".Lo ha affermato il premier Matteo Renzi parlando della vicenda Rai al festival dell'economia di Trento.
4.RENZI, DIRETTORI TG1 NON ABBIA RIFERIMENTO PARTITO VINCENTE
(ANSA) - "I direttori del Tg1 non abbiano come riferimento il Pd o chi vince le elezioni. La Rai deve essere fatta da professionisti e deve avere una governance. Lo spazio per costruire in tal senso c'è, anche se la partita è lunga". Lo afferma il premier Matteo Renzi al Festival dell'Economia di Trento. "A quelli che vogliono fare carriera in Rai dico 'state lontani da me perché in questi termini non conto niente...'", aggiunge.
5.RAPINA A RAI DISARMATA
Marco Travaglio per “il Fatto Quotidiano”
Immaginiamo per un attimo se B. fosse ancora premier e, per regalare 80 euro a milioni di lavoratori il giorno dopo le elezioni (ma annunciandoli in campagna elettorale), prelevasse forzosamente 150 milioni di euro dalle casse della Rai. Allo sciopero dei sindacati e dei lavoratori si unirebbero immantinente i partiti del centrosinistra, strillando al conflitto d’interessi e all’immonda rapina che regala ossigeno all’altro protagonista del duopolio collusivo: la sempre più boccheggiante Mediaset.
Invece la rapina l’ha firmata Renzi, dunque tutto tace. E non c’è giornale – di destra, di centro e di sinistra – che non irrida alla protesta dei dirigenti e dei lavoratori di Viale Mazzini, che dovrebbero rassegnarsi senza batter ciglio a un brutale prelievo che scassa i conti dell’azienda pubblica e costringe i vertici a licenziare. Intendiamoci: nonostante i timidi sforzi di Tarantola & Gubitosi, due tecnici che hanno approfittato dell’allentarsi della morsa dei partiti per mettere un po’ d’ordine (mai abbastanza), gli sperperi restano enormi e nessuno intende difendere il carrozzone.
Ma gli sprechi non si combattono così. Così si distrugge l’azienda, a tutto vantaggio della concorrenza, che ha un nome e un cognome: Silvio Berlusconi, quello a cui Renzi esternò “profonda sintonia” dopo il “patto del Nazareno” che – in barba a tutte le desegretazioni di carte preistoriche - resta occulto per tutti fuorché per i due firmatari. Chi – giustamente – inorridisce per il pranzo Grillo-Farage potrebbe spendere qualche parola anche sul patto Matteo-Silvio sulle spoglie della Costituzione repubblicana.
Se Renzi volesse ridurre il grasso in eccesso in Viale Mazzini, avrebbe dovuto anzitutto svelare finalmente quali sono i suoi piani per la tv di Stato (dire “fuori i partiti dalla Rai”, ora che tutti i dirigenti messi lì dai partiti sono diventati o stanno diventando renziani, è ridicolo). E poi fissare – in quanto azionista di maggioranza attraverso il Tesoro - obiettivi di risparmio per l’anno prossimo, non per quello in corso.
A inizio 2014 l’azienda aveva presentato il bilancio di previsione, sostanzialmente in pareggio, nonostante la gigantesca evasione del canone (che nel 2014 aumenterà di altri 23 milioni) e il suo mancato adeguamento all’inflazione (perdita secca di altri 22 milioni grazie a Letta jr.), senza contare il taglio dei costi operativi per le partecipate di Stato (che alla Rai costerà altri 50-70 milioni).
Ma a quel punto è arrivato il diktat di Palazzo Chigi (incostituzionale, secondo il lungo parere del giurista Alessandro Pace), che battendo cassa per altri 150 milioni ha tagliato le gambe al cavallo. Nemmeno una parola sulle prospettive dell’azienda e sulla lotta all’evasione del canone (la parola “evasione” era impronunciabile prima delle elezioni e continua a esserlo dopo).
Solo sprezzanti intimazioni a cedere una quota di RaiWay, la società che controlla le torri di trasmissione, e a chiudere qualche sede regionale. La privatizzazione di RaiWay, se imposta in tempi brevi (che poi andranno comunque al 2015, previa quotazione in Borsa), è sinonimo di svendita di un bene pubblico: chi è costretto a dismettere un ramo d’azienda, e in tempi brevi, deve subire il prezzo degli acquirenti, e non viceversa. Quanto alle sedi regionali, sappiamo tutti che - salvo eccezioni - sono ridotte a caravanserragli partitocratici, con notiziari specializzati nella sagra della porchetta e nella fiera del tartufo.
Ma per conoscerne i motivi Renzi dovrebbe rivolgersi ai suoi alleati di partito, di governo e di riforme. E la soluzione non è chiuderle, ma riportarle a un minimo di professionalità ed efficienza. Magari radendo al suolo la legge Gasparri che invece, come l’evasione e il conflitto d’interessi, resta tabù. Se proprio il governo deve tosare il sistema televisivo, potrebbe cominciare facendo pagare le frequenze a Mediaset per quel che valgono, anziché seguitare a regalargliele o quasi. Un giorno, magari quando verrà desegretato il patto del Nazareno, sapremo perché fa così.
6. TAGLI A TG E PALINSESTI, MENO DIRETTE ECCO LA SPENDING REVIEW DI GUBITOSI
Aldo Fontanarosa e Matteo Pucciarelli per “la Repubblica”
Se tutto va bene (cioè male), sono 162 milioni di euro che mancano all’appello. I pensieri del dg della Rai Luigi Gubitosi ruotano attorno a quel numero: il saldo negativo al bilancio del 2014 dell’azienda. I calcoli di viale Mazzini mettono insieme le ripercussioni dei 150 milioni di introiti in meno che arriveranno dalle casse pubbliche, come promesso — e messo in pratica con il decreto Irpef — dal premier.
A cui vanno aggiunte due variabili, anche queste negative: il mancato adeguamento del canone al tasso di inflazione per quest’anno, una misura varata dal precedente governo e che ha comportato circa 25 milioni di euro in meno di entrate; e poi ci sono i nuovi morosi, quelli cioè che pagarono la tassa nel 2013 e che nel 2014 non l’hanno fatto. Teoricamente per loro c’è ancora tempo fino al 31 dicembre per mettersi in regola, ma la sostanza è che mancano altri 25 milioni all’appello.
Le stime sono queste e però Gubitosi sembra intenzionato a raccogliere la sfida. Se per semplice obbedienza o se per orgoglio non si sa. Ma la spending review interna è cominciata: un milione qui, due là, cinque sopra, sei sotto e la speranza è di avvicinarsi alla soglia. Qualche esempio? La troupe di giornalisti e tecnici da mandare ai mondiali in Brasile è stata ridimensionata. Invece di 44 inviati previsti, la scure li ha tagliati e portati a 17.
Invece di otto milioni di spesa per l’evento si scenderà a tre. E sono cinque milioni rosicchiati. Si pensa ad una riorganizzazione delle testate giornalistiche e ad un ridimensionamento dei telegiornali: meno inviati, meno dirette, meno collegamenti. Ancora: lo scioglimento del contratto con Google, che dal 2008 aveva la libertà di pubblicare su YouTube gli estratti delle trasmissioni della tv pubblica: l’accordo fruttava 700mila euro l’anno. Adesso il fai da te, con tutte le clip riportate sul sito della Rai, porterà un guadagno annuo di 1,4 milioni. Sempre se le stime verranno confermate.
C’è poi in ballo la vendita (o svendita, secondo i sindacati) di un pezzo di Rai Way, la società che si occupa delle torri di trasmissione. Operazione non prevista nel piano industriale 2013-2016. Quanto vale l’asset da quotare in Borsa? Il dg ha incontrato dei banchieri nei giorni scorsi e la cifra non l’ha detta, per non incorrere nel reato di aggiottaggio. Ma gli analisti parlano di oltre 500 milioni di euro. Solo che l’eventuale entrata andrebbe nel bilancio del 2015 e quindi il problema dei 162 milioni rimarrebbe lì sul piatto.
Intanto il cda sta vagliando l’ipotesi di fare ricorso contro il taglio deciso dall’esecutivo. Si sta consultando il costituzionalista aretino Enzo Cheli per capire quali e quanti margini ci sono per bloccare il provvedimento. Ma né Gubitosi né il presidente della commissione Vigilanza Rai Roberto Fico sembrano voler scendere su un piano puramente giudiziario. Dove si potrebbe andare a pescare un bel po’ di soldi è nei circa due miliardi in appalti esterni che la Rai spende ogni anno. Solo che con i contratti già firmati l’ipotesi non è fattibile. Serve tempo e soprattutto una riforma sul lungo termine. Ma la politica ha fretta e Gubitosi la rincorrerà come può.
RENZI CHE GUEVARARENZI AL VOTO VESPA FOTOGRAFA RENZI A PORTA A PORTA RENZI E BERLUSCONI PROFONDA SINTONIA GUBITOSI E TARANTOLA jpegENZO CHELI GRILLO RITWITTA IL FOTOMONTAGGIO VECCHIOTTO DI RENZI E BERLUSCONI FUSI INSIEME RAI di viale Mazzini renzi e berlusconi italicum
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