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Paolo Mastrolilli per âLa Stampa'
Un famoso reverendo nero di Harlem, impegnato nella lotta per i diritti civili e l'emancipazione degli afro-americani, assoldato dall'Fbi come informatore clandestino per incastrare i mafiosi di New York. Come spesso accade, la realtà batte la fantasia. Questa infatti non è la sceneggiatura del prossimo film di Spike Lee o Francis Ford Coppola, ma il contenuto di documenti pubblicati dal sito Smoking Gun.
Il protagonista è Al Sharpton, 59 anni, uno dei leader neri più in vista di New York. Un tempo era considerato eccentrico e a volte estremista, ma oggi fa parte dell'establishment a pieno titolo. à dimagrito, si veste con eleganza, conduce un talk show per la televisione «Msnbc», e venerdì terrà la convention annuale della sua organizzazione, il National Action Network, alla presenza del presidente Obama e del sindaco de Blasio.
Non è stato sempre così, però. Negli Anni 80, quando doveva sgomitare per affermarsi, Sharpton era entrato in contatto con gente poco raccomandabile. All'epoca, fra le altre cose, organizzava concerti musicali e sostiene di essersi rivolto all'Fbi perché era stato minacciato dai mafiosi. Altri dicono invece che era rimasto incastrato in un giro di cocaina, e gli agenti lo avevano obbligato a collaborare come unica via d'uscita.
In base a questa versione, il reverendo aveva accettato di offrire informazioni a pagamento, sui criminali che frequentava. A questo scopo indossava anche apparecchi per registrare di nascosto le sue conversazioni, e andava in giro con una valigetta che gli consentiva di farlo in qualunque condizione.
Le fonti di Sharpton, identificato come «Confidential Informant No. 7» dall'Fbi, erano importanti nel mondo della mafia. Tipi come Joseph «Joe Bana» Buonanno, noto killer, che gli aveva rivelato molti segreti dei suoi capi. Sempre grazie ai buoni uffici di Al, l'Fbi aveva installato cimici in due club sociali delle famiglie mafiose, tre auto usate dai boss, dozzine di telefoni e persino il quartier generale del mitico Vincent «Chin» Gigante.
Le informazioni ricavate avevano portato all'arresto di personaggi come Venero «Benny Eggs» Mangano, Dominick «Baldy Dom» Canterino, e lo stesso padrino Gigante, che per anni era sfuggito alla legge girando in vestaglia nel Village, allo scopo di far credere che fosse pazzo. Buonanno invece aveva confermato che aveva partecipato di persona all'eliminazione del boss Eboli.
Sharpton non nega di aver collaborato con l'Fbi, ma solo per difendersi dalle minacce subite: «Se avessi fatto tutto quello che mi si attribuisce, dovrebbero organizzare una parata in mio onore». Il punto, in effetti, è tutto qua: il reverendo frena per difendere la sua reputazione, ma chi potrebbe biasimarlo per aver mandato in galera dei killer mafiosi?
VINCENT GIGANTE AL SHARPTON AL SHARPTON AL SHARPTON AL SHARPTON JOSEPH BONANNO
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